martedì 29 novembre 2016

Fragilità

Quando si è giovani si pensa, anzi si è certi, di essere eterni. Anche di essere infallibili, depositari della verità. Si crede che il mondo giri intorno a se stessi.
È la forza della gioventù, della spensieratezza, è quell'energia che permette alle giovani generazioni di rivoluzionare il mondo, di fare bei sogni, di innamorarsi, di pianificare la vita, di fare scoperte, scientifiche o semplicemente personali.
Essere giovani è il motore del mondo.

Poi gli anni passano, si cambia, ci si intimorisce, si subiscono lutti di ogni genere, si provano le delusioni, si svegliano i timori, si soffre.

Poi il tempo improvvisamente subisce un'accelerazione improvvisa, si comprime, si consuma in un attimo. Gli anni si susseguono rapidissimi, quasi che il calendario abbia subito una canaglia sforbiciata, come se un regista occulto abbia tolto giorni, forse anche mesi.

E poi viene un giorno in cui ti accorgi che tutto può finire, che non sei eterno, che non sei infallibile, che hai perso quella capacità di rimediare a tutto quello che ti capita, che non hai più la forza di reagire.
È un brusco risveglio, un po' triste, che porta ansia, che ti fa traballare.
Un brusco risveglio, da cui è difficile riprendersi.

lunedì 28 novembre 2016

È ovvio

Sì, è proprio ovvio, chiaro e lampante.
Tutti i movimenti dell'ultimo periodo, tutte le considerazioni, tutte le manovre, tutte le dichiarazioni, fuori e dentro del paese, tendono a un unico obiettivo: un governo di larghe intese, che significa far rientrare la destra becera e inutile negli uffici del comando.
L'errore principale, dopo avere scritto questa pessima riforma costituzionale, del presidente del consiglio è stato quello di aver buttato la consultazione referendaria come sondaggio su di sé, poi sul suo governo.
Ecco, questo è quello che raccoglie.
E quindi oggi, aldilà del sì e del no, il referendum diventa una consultazione politica su cosa si vuole dopo il 4 dicembre.
Io ho altre aspirazioni dal punto di vista politico, intendiamoci.
Ma ormai bisogna essere pragmatici, realisti più del re, aprire gli occhi e punto.

Se vince il no il governo cade e la soluzione è quella delle cosiddette grandi intese. E l'asse politico, già pericolosamente in bilico, si sposta a destra, con il B. che rientra a grandi passi nelle stanze del potere.
Oggi veniamo a sapere che si è fatto controllare all'ospedale e che tutto è andato bene, pronto per il rientro in grande stile. Il Financial Times soffia sul fuoco, l'Europa che vuole a tutti i costi stabilità e quindi numeri per fare le sue cose, Renzi che è sempre più in bilico sui numeri nei parlamenti. Anche Mediaset con le sue peggiori bocche di fuoco si sta muovendo per dare spazio e contribuire alla nuova primavera. Molti giornali nostrani si sono schierati.
È tutto lampante, mai stato così chiaro.

Votare sì, oggi, vuole dire impedire tutto questo, a costo di garantire ossigeno a un governo che non mi piace, che spinge verso un paese sempre più simile, soprattutto nel male, agli Usa.
Meglio garantire la vita a questo esecutivo e poi combatterlo politicamente con tutte le forze, piuttosto che ritornare a vecchi schemi.
E per arginare il 'nuovo' che arriva, cioè fascismo mascherato, populismo a gogò e ignoranza politica e culturale che vorrebbe portare il paese a prima del medioevo, tra streghe, pozioni magiche miracolose e assenza di vaccini per i nostri figli. Puah!

Dopodiché la politica è morta, gli ideali sono seppelliti e i sogni sono svaniti.
E i cocci sono tutti miei.

domenica 27 novembre 2016

Hasta siempre!

Doveva succedere e si aspettava da anni questa notizia.
Tutti curiosi, io in testa: quale sarebbe stata la reazione, una volta arrivata, come l'avremmo presa.

Ecco, Fidel se ne e' andato.
E ora?

Tutti a scatenarsi, sui media, sulle definizioni.
"E' l'ultimo atto del novecento, e' la fine di un epoca".

Ma non e' cosi', purtroppo.
La morte di Fidel e' la morte della speranza, oltre che di un uomo che ha segnato la storia.
Oggi e' definitivamente morto un ideale, una spinta ideologica forte che apriva alle masse un sogno di riscatto e di rivoluzione.
Oggi e' finito un sogno che ha permesso a milioni di persone di pensare un mondo diverso, rispettoso, solidale.
Oggi finisce tutto, perché dopo non c'e' più nulla.

Hasta la victoria, siempre, ma ormai siempre non ha piu' alcun significato.


venerdì 25 novembre 2016

Tutor

In un weekend in cui si prospettano fuochi e fiamme e ricchi premi e cotillons, Andrea farà da tutor (tra tanti) nell'open day della sua scuola. Sono certo che ubriacherà tutti quelli che gli faranno domande sulla scuola.

Lo guardavo l'altro giorno.
È appena uscito da quattro giorni di influenza e, come da copione, sembra aver fatto l'ennesimo balzo in altezza.
Ero seduto in poltrona a leggere quando mi è passato davanti, canticchiando 'Andiamo a comandare', quel tormentone che continua a tormentare.
Io ho alzato gli occhi - ma prima di tutte le sopracciglia in segno di ironico disgusto - e me lo sono trovato davanti, altissimo.
Se, come è normale, gli anni passano, se i figli, come è normale, crescono, è indubbia la difficoltà del loro padre di riuscire a stare al loro passo.
Ormai Andrea sta per entrare nell'adolescenza, sta muovendo i primi passi verso quell'insopportabile approccio alla vita che tutti abbiamo dovuto digerire - e far digerire.
Spesso saccente, spesso arrogante, spesso rissoso, spesso competitivo, spesso triste, spesso in discussione verso se stesso, spesso assente, spesso strafottente.
Ma sempre più spesso un interlocutore di chiacchiere più alte, sempre più spesso sensibile a quello che gli succede intorno, sempre più spesso curioso verso il mondo, fuori e dentro di sé.

L'altro giorno (come tutti i mercoledì sera), in quel posto dimenticato da dio dove gioca a pallavolo, sono andato a prenderlo.
Io ero tornato dal lavoro a casa alle 20,00, il tempo di salire in casa per cambiarsi dopo l'ennesima acquata presa in moto, prendere le chiavi dell'auto, e uscire subito per essere recuperarlo entro le 20,15.
Arrivo in quella scuola, posteggio, entro in quella struttura che ricorda più un carcere che una scuola, lo vedo finire l'allenamento in palestra da cui, una volta terminato, esce per entrare nello spogliatoio.
Insieme alle mamme degli altri ragazzi (possibile che quasi sempre in queste incombenze di figli io sono sempre l'unico uomo?), attendo che escano cambiati per tornare a casa.
Sono ormai le 20,30. A un certo punto si apre la porta dello spogliatoio, escono tutti e lui, in mezzo al gruppo è, insieme a un altro, il più alto.
Discutono, gesticolano, parlano. Sembra un gruppo di adulti che escono da un locale, o da un posto di lavoro, e che discutono di chissà che cosa.
Mi vede.
Gli si illumina il viso. Si gira verso i suoi compagni salutandoli, e si incammina verso di me velocemente.
Mi raggiunge.
Borbotta un ciao. Io gli metto un braccio sulle spalle e lui ricambia allungando il suo intorno alla mia vita. Prima arrivava a fatica al mio fondo schiena, ora facilmente si appoggia sui miei fianchi.
Mi accorgo fisicamente di questo gesto.
Lo guardo e mi accorgo che ormai la sua testa mi arriva al viso.
Lui mi sorride, dolcissimo.
- Sono diventato alto, vero Papi? mi dice, come se leggesse nei miei pensieri.
Io sto per rispondergli ma lui mi anticipa.
- Ce ne andiamo? mi sussurra, come volesse prendere lui da oggi in poi le decisioni.
Io prendo le chiavi dell'auto e usciamo dal carcere.
Manca molto, moltissimo al passaggio di testimone.
Ma tra poco lui sarà davanti a me.
E io sarò, questo è il mio dovere, comunque sempre al suo fianco.

Lo guardo negli occhi ancora una volta e capisco, una volta di più, il suo amore per me. Ma soprattutto il mio per lui, sempre più forte, esclusivo.


giovedì 24 novembre 2016

Un sì pieno di rabbia

Il titolo viene dall'articolo di oggi di Barca sull'HuffPost, che dichiara il suo sì al referendum.
Ma non è di questo che voglio parlare.
Voglio parlare del mio sì tanto 'sofferto' e della mia rabbia tanto arrabbiata.

Voterò sì, ok.
Fine della diatriba interna, fine del dibattito tutto mio, fine del dissidio ideologico-politico-costituzionale che mi ha ammorbato tanto nell'ultimo periodo.
Perché?
Diciamo che non ci sono particolari novità.
Questa riforma costituzionale è una porcata, è brutta, e ahimè, è pure pericolosa. Ed è scritta da schifo, per quello che comprendo io.
Senza ripetermi, dico solo che di fatto lima il potere di controllo dei cittadini, limita il controllo del potere legislativo su se stesso e aumenta di fatto il potere del presidente del consiglio.
E non ci sono balle, questo è.
Forse riduce un po' i cosiddetti costi della politica, forse velocizza i processi approvazione legislativa, forse aumenta l'efficienza della politica stessa. Ma forse.

La questione, come si diceva quando il dibattito era ricco e fatto da teste pensanti, è solamente politica.
Se vince il No, l'asse politico - è inevitabile in questo paese in cui il 'tradimento' è costituzionale - porta prima o poi a elezioni. Non ne sono sicuro, ma ne sono abbastanza convinto.
E l'aria politica, non solo da noi, è pessima, la gente ha la bava alla bocca, movimenti e partiti in tutto il mondo con taglio populista, fascista e razzista hanno preso piede e se andiamo a votare, nonostante tutto, l'uomo imbecille della strada andrà in massa a votare per questi movimenti, causando un'involuzione culturale, un immobilismo politico e mettendo in posti chiavi persone dall'incapacità manifesta.
La situazione è drammatica, checché se ne dica.
Una paese in mano a incompetenti ragazzotti, a comici dalla dubbia serietà, a sindaci incapaci di muoversi e di affrontare situazioni complesse, una nazione preda di follie complottiste, di antivaccinari di professione e di striscianti teorie contro la medicina e la scienza acquisita: ecco lo scenario che ci si parerà di fronte se andiamo alle elezioni.
Questo governo è un disastro, è una vera e propria accozzaglia di tendenze, di contraddizioni, di impunità, di orientamenti e di 'ideologie' opposte. Ma è il meno peggio che ci possiamo aspettare, in questo momento. O meglio, in questo momento non ci sono alternative. Almeno, io non ne vedo.
Ed è una sorta di argine a tutto quanto ho descritto sopra.
Trump ci insegna che al peggio non c'è limite. Ed è ancora da vedere cosa combinerà.
Quella è comunque la nostra 'fine'. Cerchiamo almeno di rimandare il suo avvento anche da noi il più tardi possibile.

mercoledì 23 novembre 2016

Fine

Fine delle ipocrisie.
Fine delle lamentele.
Fine delle noie.
Fine delle chiacchiere.
Fine delle ansie.
Fine delle attese.
Fine delle analisi.
Fine delle illusioni.
Fine delle disponibilità.
Fine delle emozioni.
Fine delle perdite di tempo.
Fine di ascoltare ignobili fandonie sempre più paradossali.
Fine di essere insultato.
Fine della mancanza di rispetto.
Fine dei sogni.
Fine della disponibilità.
Fine della gentilezza.
Fine di un passato.

... e fine dei post dell'ultimo periodo.
Tutto è stato detto, tutto è stato fatto, tranne quello che ancora accadrà.

Ora largo ai figli, largo alla politica, largo alla cultura.
E largo, fuori di qui, all'azione. Per schiacciare tutto, anche le teste se serve.
Da oggi si cambia.
Bellissimo. Sempre più bello.


martedì 22 novembre 2016

Revenge

È proprio vero che che se cambiano i riferimenti, a un certo punto, cambiano anche le passioni, gli interessi, oltre che le sfide.
Oltre a segnalarmi con affettuosa puntualità gli oroscopi, di cui continuo ad avere una sana e assoluta caustica diffidenza, ora mi segnalano anche le serie tv.
Oggi le serie televisive, in genere americane, sono diventate la nuova frontiera dell'eccellenza recitativa, della creatività artistica.
Molte sono horror, insopportabili, molte sono sono sitcom leggere e molto yankees, e quindi inutili, alcune sono veramente affascinanti.
L'ultima segnalazione mi ha portato a Revenge (Vendetta).
È la storia di una giovane donna - bellissima, oltre ogni immaginazione - che ha subito la perdita del padre dopo che era stato accusato, e condannato, per un attentato terroristico.
Tutto falso, frutto di un complotto di un'organizzazione segreta in collaborazione con una famiglia tra le più ricche del mondo conosciuto, con fini economici e soprattutto di potere.
La serie si sviluppa, in un crescendo a volte grottesco, nel racconto di come la giovane bellissima donna si vendica, eliminando e facendoli cadere in disgrazia, tutti i protagonisti della sua vicenda familiare. In un intrecciarsi assoluto di amori, tradimenti, omicidi, incroci, maternità, droga, pistole e cotillons.
È fatta molto bene, ben recitata, con attori che, almeno di viso, già si sono incontrati in altre serie o in veri e propri film.
Lei è un sogno, rafforzato dalla cattiveria e dalla determinazione del suo operato che la rende ancora, se possibile, più affascinante.
Fotografa fino al particolare più stretto quale possa essere il (non)limite della cattiveria, dell'odio, della voglia di far male a qualcuno.
Ognuno, se vuole, si cala nella narrativa come meglio crede, si confronta, fa le sue considerazioni.
Dà da pensare, e molto. E affascina, e molto.
Il male, come direbbe Darth Vader, attira quasi, o forse di più, del bene. 'Luke, figlio mio', cito a memoria 'non sai quanto è potente il lato oscuro'.
Ecco, non so se sono stato sempre dal lato candido della forza, ma ora sono molto attratto da quello più oscuro, più determinato, meno disposto a giustificare e a comprendere.

Il male è parte integrante della vita di noi tutti e, a volte, è la scelta che fa più bene.
Per sé, sicuramente Per gli altri, a questo punto, non importa più.

'Sta attento a chi concedi la tua lealtà. 
Le persone di cui ti fidi la pretendono, i tuoi peggiori nemici la desiderano. 
E le persone a cui tieni di più finiscono sempre per abusarne'

venerdì 18 novembre 2016

Riformattare

Ci sono tre bellissimi comandi che ogni programma (più o meno, almeno quelli più usati...) mette a disposizione di ogni utente.
Il primo è Undo (mela zeta per chi usa Apple). Permette di eliminare le ultime aggiunte, nel caso uno abbia necessità di introdurre dei cambiamenti nel documento. Non ho mai capito bene fino a quando riesce a risalire, ma comunque è una gran comodità, è un modo semplice di 'cambiare' idea.
È facile al computer cambiare idea, almeno fino a quando quello che hai scritto non l'hai condiviso con qualcuno. In quel caso, soprattutto se l'argomento trattato è delicato, tutto diventa più difficile e spiegarsi può accentuare gli imbarazzi.
Non è possibile nella vita reale. Chi dice, parla, condivide informazioni nella vita reale, a voce, non può mai tornare indietro perché 'le parole sono come pietre'.
Tant'è. Ognuno, almeno in età adulta, si assume le proprie responsabilità, di fatti e parole.

Poi c'è n'è un altro, di comando. Il Reset, che di fatto, quando si hanno problemi con il computer, consente di riavviare il computer, che in quel momento mostra qualche problema di funzionamento.
È una soluzione più drastica che aiuta a riportare allo stato semi-iniziale il computer, riavviandolo e, forse, risolvendo quegli inghippi che ogni tanto queste macchine 'intelligenti' ci buttano in faccia.
Nella vita reale non esiste proprio. Se la mattina ti svegli con il mal di schiena non è possibile tornare alla notte prima e dormirci su un'altra volta per svegliarti al mattino agile e scattante come Bolt.

Ma entrambi questi comandi, di fatto, sono solo dei patetici paliativi che permettono di risolvere o i tuoi errori o qualche magagna tecnica.

Ce n'è un'altro, più drastico, più dirompente, più invasivo, più assoluto, di comando.
È riformattare il disco. In questo modo spiani tutto, il passato e il presente, cancelli tutto quello che hai fatto con il tuo computer: documenti, software, foto, immagini video, note, app e chi più ne ha più ne mette.
È l'unico comando che nella vita reale invece si può fare.
In un mondo 0.0 si chiamava 'colpo di spugna'.

Uno una mattina si sveglia, si alza, fa colazione, si lava pure i denti perché cerca di essere attento anche all'igiene, doccia perché puzzare è una delle infamie dei giorni nostri, si veste - anche con attenzione, attento agli accostamenti di colore, mica un cialtrone qualunque, dà un bacio ai figli portandoli a scuola ed esce di casa.
È una giornata uggiosa, che ai più mette tristezza, freddo alle ossa e voglia di divano e coperte.
Ma al nostro protagonista questo tempo piace, e molto, e gli infonde voglia di fare, schiarisce la mente, caricandolo come una bomba a orologeria.
E infatti si sente pieno di progetti, di voglia di fare, di rivoluzionare tutto, grazie anche una rarissima e ben augurante - e forse non così casuale, notte piena di sonno ristoratore.
Si convince finalmente che a questo punto le cose devono cambiare. È un po' di tempo che ci pensa, che accarezza l'idea, che vuole ruggire, che vuole riprendersi quello che è stato suo. Una velata voglia anche di vendetta si fa largo, ma come si sa la vendetta è un piatto da consumare freddo e ora, pensa, non è il momento. C'è altro da fare. Orami ha imparato a vendicarsi, dopo anni, e quindi conosce anche il timing perfetto della vendetta.
E allora accede all'hard disk che ha in testa e prima di avviare qualsiasi 'programma' e mettersi a lavorare visualizza il comando 'Riformattare il disco', lo lancia e alla domanda 'Vuoi veramente (ma sei pazzo?) riformattare il disco?', clicca sul bottone sì.
Ora tutto è di nuovo da scrivere. Con nuovi programmi, nuove app, nuove note...

E il weekend diventa così campale per i convinti 'riformattatori', che se non si è capito, non sono i banali e insipidi rottamatori, tanto di moda in questi tempi. Un altro weekend all'insegna delle novità, delle emozioni forti, di qualsiasi tipo.
Colpo di spugna, totale e anche un po' violento.
Tremate gente, tremate, pensa.
Chi non ha gli attributi si scansi, chi ha mentito svanisca, chi ha voluto del male si nasconda.
E quell'uomo è sempre più leggero, e spera che non arrivi una ventata di vento troppo forte...

mercoledì 16 novembre 2016

Non rassegnarti mai!

Caro Andrea,
sei sempre stato bravissimo a scuola.
È vero alle elementari, con il senno di poi, tutto era più semplice. Ma forse no.
Con te è sempre sembrato tutto facile e quindi anche l'impegno e l'intelligenza che tu ci hai messo, passavano quasi inosservate, automatiche.
Ora che sei alle medie tutto è decisamente più difficile, il livello dell'impegno è cresciuto, compiti tutti i giorni, verifiche in continuazione, interrogazioni.
Rispetto ai miei tempi, le medie oggi sono meno difficili dal punto di vista ambientale e delle gerarchie, ma da quello dell'impegno scolastico le tue giornate sono molto più piene di quelle di allora.
Ma non per questo le tue performance sono cambiate, sei sempre uno dei migliori, sempre.

L'altro giorno sei tornato a casa con un richiamo, una sorta di nota di serie B. Per la prima volta. Per una stupidata in cui un tuo compagno un po' scemo ti ha coinvolto.
La professoressa, che ho incontrato qualche giorno dopo, mi ha avvertito che il richiamo doveva fartelo anche se ha capito le dinamiche e sa chi ha sbagliato.
Ma mi ha anche detto che tu eri terrorizzato, che le hai detto 'ma cosa dico a casa?', come se in casa regnasse un ambiente terrificante di ricatti e punizioni e continue vessazioni.
Questo mi ha fatto molto male perché abbiamo sempre cercato di parlare con te, di venirti incontro, di capire gli eventuali disagi, di affiancarti nella soluzione dei problemi. Ma forse con scarsa efficacia.
Ma va bene così, miglioreremo, nonostante le difficoltà continue.
L'aspetto più delicato, direi fondamentale, è che tu ti sei abbattuto, hai quasi messo in discussione tutto il tuo percorso scolastico, hai drammatizzato un episodio oltre ogni accettabile ragione.
Lo stesso è capitato un mese fa quando, a differenza dei soliti dieci e nove, hai portato a casa un sette in matematica, frutto di qualche errore di troppo.
Eri disperato, quasi volessi mollare tutto.

Ecco, mollare. Rassegnarsi.
Mai figlio mio, mai.
La vita è fatta anche di esami e verifiche, di giudizi, di scontri, di battaglie.
Prove continue che mettono a dura prova il cuore e la testa di ognuno di noi.
Spesso, queste prove, sono frutto dei nostri errori, di nostre distrazioni, di azzardi, di valutazioni sbagliate. Altre volte, come nel tuo caso del richiamo, non c'entriamo proprio nulla, siamo solo 'vittime' della stupidità altrui.
Ma in entrambi i casi, figlio mio, noi non possiamo mai abbandonarci alla rassegnazione.
Se credi in quello che fai e cadi in ginocchio per qualche motivo, devi tirarti su, devi rialzarti, acciaccato, ferito e stordito, ma devi il prima possibile dimostrare quello che sei e quello che vali.
E tu vali tanto, tantissimo.
Non ti rassegnare mai alle sconfitte, non ti rassegnare mai alle cadute, non ti rassegnare mai agli abbandoni. Ti puoi ritirare perché al momento è la cosa giusta da fare, ma poi ritorni all'attacco, dopo che ti sei riorganizzato e hai definito la tua strategia.
Se credi in quello che fai e quello che vuoi, lotta fino a riottenere quello che hai perso.
Sempre, fino alla fine. Se non ce la fai, avrai sempre il conforto di averci provato e riprovato, fino in fondo. E anche se sconfitto, potrai dormire il sonno dei giusti.

Tuo padre ormai comincia ad avere qualche acciacco di troppo, gli anni passano e si sente un po' stanco.
Ma non per questo lascia perdere tutto e tutti.
Io quello che voglio, quello che desidero, quello che ho perso, proverò tutti i giorni a sognarlo, ad averlo, a riottenerlo.
Fino alla fine. Come devi fare tu.
C'è tanto là fuori da conquistare e da riconquistare, credimi.
Noi siamo brave persone, ricordalo sempre. Noi siamo forti. E non ci facciamo sconfiggere alle prime schermaglie.
Un bacio
Papi

martedì 15 novembre 2016

Guarda che luna

Io non sono meteoropatico. Ammesso che esistano, i meteoropatici.
Adoro il il brutto tempo, il grigiore tipico di questa città.
Adoro la nebbia, che purtroppo non c'è più, amo il freddo.
L'unica cosa che mi disturba è il caldo tossico e umido, ma è una questione di temperatura, di pelle chiara che rifiuta il sole.
Ma c'è un ma.
Da un po' di tempo, di fronte alle mie credenze granitiche, compare all'orizzonte sempre un 'ma', un distinguo, un'apertura forte e determinata a qualche cambiamento.
È una bella sensazione non avere più certezze, non pensare di avere in tasca la soluzione a tutto.
È bellissimo sentirsi più fragili, più in continuo dissidio con se stessi.

Ieri c'era la superluna, almeno così dicono. Una persona cara mi ha anche mandato una foto ieri sera, per farmela notare, dalle sue latitudini, lontane da qui. Non mi è sembrata particolarmente grande rispetto al solito, ma era come sempre, bellissima.
Ecco, la luna, quella vera, quella che vedi e che quasi, nelle serate più nitide, sembra si possa toccare.
E ieri sera la mente è corsa a chi della luna ha fatto un credo, una musa per le proprie riflessioni o deliri. Mi sono venuti anche in mente quei personaggi mitici che soprattutto nei romanzi dell'ottocento - Londra, vicoli bui, nebbia, tagliagole a ogni angolo della città... - nelle giornate di plenilunio, si tramutavano in lupi mannari e terrorizzavano giovani donne, chissà perché, sempre in giro da sole e di notte.
La luna su di me invece infonde una sensazione di pace, d'affetto profondo verso un mondo che sembra in quegli attimi, idilliaco.
E in questo periodo, dove tutto cambia, dove la mia vita sta attraversando momenti di grande trasformazioni e di cambiamenti, per fortuna positivi, la luna aiuta ad affrontare le nuove sfide con animo sereno e ricco di forza.
Bella la luna piena, grande o piccola che si vuole. Si potesse avere tutti i giorni...


sabato 12 novembre 2016

Un sì per dire no?

L'elezione di Trump ha smosso molte acque. Nel mondo e nel nostro piccolo borgo italiano.
Ma soprattutto nella mia testa.
Al contrario dei molti penso che avrà un effetto molto forte tra chi è ancora indeciso su che posizione avere nel prossimo referendum, portandoli a votare sì.
Almeno tra quelli più di sinistra, quelli più intransigenti, quelli che fino a lunedì scorso erano per il no assoluto e senza dubbi.

Pensare che questo referendum sia 'solo' un referendum è ipocrita.
È anche una presa di posizione, una 'garanzia' che la destra, populista o meno, rialzi la testa e di fatto ri/occupi il potere.
Renzi non va bene, il Pd non va bene, essere di sinistra è un'altra cosa, sia dal punto di vista della strategia economica sia da quello sociale e dei diritti civili.
Ma è l'unica diga, oggi, contro la deriva fascista e ignorante che abbiamo visto negli Usa, che vedremo probabilmente in Francia, che vediamo in tutto l'est europeo e che annusiamo in molte altre parti del mondo.
Far vincere il No impedisce sicuramente l'attuazione di una pessima riforma costituzionale, ma porta automaticamente alla caduta del governo e probabilmente a nuove elezioni.
Elezioni che porterebbero a una quasi certa vittoria del blocco conservatore, razzista, populista e soprattutto ignorante.
Forse è meglio saper fare qualche passo indietro, aspettare, vigilare che l'accordo sulla legge elettorale siglato giorni fa venga rispettato e confidare, da dentro il partito, di cambiare le cose.
Non se sono completamente convinto, ma penso che in questo momento sia meglio garantire una continuità, sebbene non perfetta, e attendere che questa buriana passi.

Ma manca ancora tempo al quattro dicembre. E io, ormai, ho imparato a cambiare idea.
Non sono ancora abituato a questo 'nuovo me stesso', ma sono certo che la decisione che prenderò quel giorno sarà quella giusta. Anche se diversa.

giovedì 10 novembre 2016

Alla ricerca del proprio Dna

Leggo le reazioni alle elezioni di Trump.
Io lo ripeto da tempo, per votare ormai, in tutto il mondo, serve un test di ammissione che vagli cultura, sensibilità, capacità di analisi e conoscenza dei fatti.
Ma è una battaglia persa e quindi passiamo oltre.

Trump ha vinto, senza se e senza ma, e dobbiamo tutti farcene una ragione.
L'aspetto importante, fondamentale, è quello di capire il perché ha vinto e soprattutto, male antico della sinistra di ogni latitudini, non sottovalutare quanto è successo.
Veniamo da decenni in cui la sinistra democratica ha assunto il ruolo un po' spocchioso di denigratrice assoluta dell'avversario, di sottovalutazione di quanto le succede intorno, di arroccamento salottiero verso il mondo che la circonda.
Una posizione che in particolare in Italia abbiamo visto più volte.
Prima la Lega.
Poi il nano.
Poi i Cinque stelle.
Poi a livello internazionale una sfilza di nomi lunghissima, tra cui la Le Pen, Putin, prima Reagan poi i Bush, poi l'Ungheria, poi ancora la Brexit e tutto il suo codazzo, poi la Spagna, per finire, tralasciandone molti, oggi con l'uomo dai capelli più finti al mondo.

Ecco sarebbe bene imparare, prima o poi, e non solo a post.
Imparare a conoscere prima, perché il nemico, se lo conosci, sai combatterlo. Un po' come recitava, un tempo, quello spot sull'Aids.

È un po' come con le persone.
Se sai chi hai di fronte, se cerchi di comprenderlo e conoscerlo, sai sconfiggerlo, se è tuo nemico.
Sai riconoscere, per esempio, che è falso, che racconta solo balle, che ti tradirà appena ti volti, che fa finta di amarti, che vuole il tuo male.
È importante saper riconoscere il nemico, perché il nemico, per definizione, si atteggia, si maschera, ti blandisce. È inutile corteggiarlo, va solo sconfitto.

Se la sinistra, in ogni angolo del mondo, ricomincia a ragionare non può che vincere.
Ricominciamo da oggi.


mercoledì 9 novembre 2016

Einstein docet

Cari figli miei,
leggete qui:

"La logica vi porterà da A a B.
L'immaginazione vi porterà dappertutto".

Ecco, qui dentro c'è tutto.
In questa citazione di Albert Einstein, mica pizza e fichi, c'è tutto quello che serve.

Io sono sempre stato pragmatico, pervaso da un sano realismo e con l'innata capacità di non farsi mai travolgere dalle emozioni. Aldilà della mia voglia di romanticismo e di sogno.

Ma ormai da un po' di tempo a sta parte ho compreso che il mio equilibrio tra sogno e mente, tra realismo ed emozione, tra pancia e cuore, ha bisogno di qualche aggiustamento.
La logica, la mente, il realismo devono stare al centro, perché sennò non si può andare avanti in un mondo che, e lo dico con un eufemismo, bada al sodo.
Ma non è tutto. Anzi, a volte è poco.
A volte il cuore deve prendere il sopravvento, la voglia di sognare deve essere più forte del pericolo delle conseguenze. Anche se l'odore di disastro, anche se la puzza di un probabile fallimento è insopportabile.
Bisogna saper vivere, non ci si può sedere tutti i giorni a tavolino per decidere se sia meglio mettersi in gioco oppure stare al riparo.
Io lo sto imparando sulla mia pelle. Con ustioni di diversa gradazione, con ferite difficili da chiudere.
Molti invece manco si pongono il problema. Molti si nascondono, dietro a se stessi oppure dietro ad altri. Ingannando se stessi e chi li circonda.
Perché? Perché non sanno cosa significhi veramente vivere.

Osate figli miei, non fermatevi di fronte a nulla se la cosa vi convince.
Così potrete dire che avete vissuto e non solo galleggiato in comode acque, per paura.
Un abbraccio dal vostro papà.

lunedì 7 novembre 2016

Manca, sempre

All'inizio dell'anno mi hanno regalato quei calendari che puoi comporre tu con tue foto.
È una bellissima carrellata di fotografie di famiglia, cadenzate a seconda delle ricorrenze e delle scadenze.
Una bellissima 'storia' di famiglia, che celebra compleanni, anniversari, episodi particolari.
E via quindi con le foto dei figli nei mesi in cui compiono gli anni, anniversari di matrimonio, ricorrenze dei nipoti, dei fratelli, delle mogli e delle cognate.
Ogni mese, girando il foglio, ti ritrovi inaspettate immagini, che ti terranno compagnia per per tutto il periodo, in attesa di quello dopo.
Ormai siamo a novembre e quindi siamo alla fine.
Questo mese è importante per due motivi più uno.
Il mio compleanno, domani, ma soprattutto quello di mia madre, ieri. E oggi l'anniversario della Rivoluzione d'Ottobre, ma questa è un'altra cosa.
Quindi la pagina di novembre è iconograficamente corredata, esattamente al 50%, da una mia foto in cui pontifico, tutto preso nella parte, in una qualche festa all'aperto di recente svolgimento.
L'altra metà c'è una foto di mia madre.
È una foto presa a Chiesa, nella nostra casa di montagna. Scattata probabilmente nell'ultima estate in cui le 'mie' montagne hanno avuto l'onore di ospitarla. Se ne sarebbe andata il maggio dell'anno dopo, alle cinque del mattino del 2 maggio 2001.
La foto la ritrae seduta su una sedia, sul balcone della casa. È una foto in bianco e nero, non so perché, in cui lei mostra una dei suoi tipici sorrisi discreti, appena accennati. Mostra tutti i segni della malattia che poi l'ha portata al suo ultimo viaggio.
Mia madre aveva, come me tra l'altro, un viso definito, con una bocca disegnata all'ingiù. Quindi il sorriso era difficilmente percettibile.
Era bellissima, soprattutto in giovane età, con un viso dolce, uno sguardo penetrante, gli occhi un po' incavati.
La fotografia scelta non le fa giustizia e segna un momento, purtroppo, doloroso.

Sono ormai quindi anni che non c'è più.
La mente è strana.
I ricordi nei primi anni sono sembrati lentamente svanire, il dolore della mancanza ha preso con violenza tutto il palcoscenico, facendo dimenticare tutto o quasi.
Poi con gli anni anche quello è sembrato abbandonarmi, lasciando spazio a un sostanziale vuoto.
Poi, qualche mese fa, sono ricomparsi i ricordi, anche quelli più difficili, quelli più relegati, per difesa, negli angoli più nascosti.
E lei ha ricominciato essere una presenza costante, un'interlocutrice nei momenti più difficili, una sorta di alter ego a cui rivolgersi quando ce n'era bisogno.
Ora che la vedo, e la vedrò per tutto il mese di novembre, da giorni, mi rivolgo a lei con la mente per interrogarla, per chiederle consiglio, per farmi indicare la strada. Oggi più faticosa che mai.
Lei era autorevole, era chiara nelle sue indicazioni, aveva soprattutto il dono della sintesi, emanava sentenze più che consigli. E anche quelle erano centellinate.
La rivedo ancora, con chiarezza quasi maniacale, seduta al tavolo della cucina, intenta a fare le tre cose che più le piacevano nella vita: tazzina del caffè appena bevuto, posacenere d'ordinanza, sigaretta accesa tra le dita, libro aperto sul tavolo, intenta a leggere senza se e senza ma.
Non ricordo mia madre leggere sul divano o in poltrona, sempre al tavolo. E poi, a fine giornata, a letto prima di addormentarsi.
Ricevere in regalo un libro era, per lei,  uno dei momenti di massima gioia. Quando lo apriva, appena ricevuto, chiedeva cos'era, chi era l'autore se non lo conosceva già, si informava sulla storia, sul perché di quella scelta. Era una sorta di esame, che lei usava per entrare nell'animo giusto prima di affrontare la prima pagina.
E poi alla fine ci teneva a commentarlo, a dire se le era piaciuto o meno. Con dei commenti lapidari, secchi, che non lasciavano adito a ulteriori osservazioni.
- Proprio bello questo. E quindi era perfetto.
- In questo ci sono un po' di parolacce..., commentava con fastidio.
- Lei è proprio una scema, ma come si fa? parlando della protagonista.
- Questo è scritto benissimo!
Era curiosa, era profonda, era sensibile. Non era superficiale, non aveva grande preparazione culturale e scolastica, ma sapeva contestualizzare anche le narrazioni più sofisticate.
So a chi dedicare il mio libro, se mai vedrà la pubblicazione.

Mi manca, molto. Mi mancano molto i confronti con lei sui temi più grandi, cosmici. Mi mancano molto quelle discussioni 'letterarie', quei confronti che erano pure disquisizioni intellettuali.
Mi manca molto la sua ironia sottile, il suo approccio alla vita pragmatico ma mai didascalico.
Mi mancano le sue telefonate, arrivate sempre nei momenti più disparati, che centellinava per non disturbare ma che quando arrivavano erano perché non ne poteva più di non sentirmi.
Mi mancano le sue carezze - rarissime! - arrivate sempre però nel momento giusto.
Mi mancano le sue spinte ad andare avanti, nonostante tutto.
I miei figli non l'hanno mai conosciuta, e di questo non me ne farò mai una ragione.

venerdì 4 novembre 2016

Non è sufficiente essere brave persone

Andrea mi torna a casa un giorno visibilmente contrariato.
Lo vedo che è rabbuiato, inverso, come diceva mia madre.
- Che succede? gli chiedo pensando a qualche problema a scuola.
- Un mio compagno mi tratta male. E io non gli ho fatto niente. Perché?
Me lo dice guardandomi negli occhi, in attesa di risposte.
E un padre che si rispetti, su temi di questo tipo, le risposte deve sempre darle. Magari sbagliate, magari imprecise, magari un po' edulcorate, spesso spero giuste, ma devi sempre mantenere il tuo ruolo non solo di educatore, ma soprattutto di punto di riferimento forte, deciso e indiscusso.
Almeno fino a quando i tuoi figli, ormai cresciuti, avranno tutti gli strumenti per fare valutazioni in totale autonomia, forti della loro maturazione e dell'acquisizione di sufficienti esperienze.
Tenendo sempre in conto che devi orientare, devi indicare, e mai regalare certezze assolute, che tra l'altro, aldilà del teatrino della vita quotidiana, non hai mai.

- Amore mio, gli rispondo, chi ti circonda, chi frequenti, la tua comunità che ti accoglie, e a volte ti respinge, è piena di uomini e di donne, diversi. Alti e bassi, biondi e bruni - per te c'è anche la rossa, tua sorella - svegli e tonti, amici o nemici.
Il mondo, l'ho appreso ahimè da un po', semplificando, io lo divido in due.
Il primo è quello delle brave persone.
Sono le persone sincere, magari piene di difetti, ma che hanno educazione e soprattutto rispetto per il prossimo. Anche tra i giovani ragazzi come te.
Sono quelle persone che giocano a carte scoperte, che si comportano in maniera corretta e che, sempre tenendo presenti i limiti della natura umana - non dimenticartelo mai, non siamo macchine, siamo essere imperfetti, ognuno con i propri problemi, ognuno con le proprie pochezze - sono oneste, con se stessi e soprattutto con gli altri.
Caro Andrea, più cresci e aumenta la tua presenza nel mondo e più capirai che non è tutto bianco e nero, che le zone grigie prendono gran parte della tavolozza della vita e quindi ogni schematismo, come forse sto facendo io, risulta imperfetto. Ma dallo schema, forse un po' rigido, che ti sto proponendo, con l'esperienza, saprai trovare le giuste mediazioni.
Sempre tenendo presente che non imparerai mai a capire tutto e tutti. Proprio perché non siamo robot o costruiti con i mattoncini Lego che tu ami tanto.
Queste persone ti sono vicine. Ma non fare mai l'errore di darle per scontate. Devi conquistarle tutti i giorni, devi farle sentire amate e rispettate ogni ora della tua vita. Devi coltivarle con cura e amore come fosse una rosa rossa nel tuo giardino.
Se non lo fai corri il rischio un giorno di voltarti e non vederle più.
Anche tuo padre, che tu vedi grande e grosso e 'perfetto', ha fatto l'errore di sottovalutare l'affetto degli altri, di darlo per scontato. Anch'io un giorno mi sono girato e mi sono accorto di camminare ormai solo. E ho pagato, e ne pago tutt'ora le conseguenze. Perché di questi errori paghi pegno per sempre.
Essere brave persone, a volte, non è sufficiente.

Mi fermo un attimo. Per osservare la sua prima reazione. Il discorso che sto facendo è tosto, e forse anche troppo adulto per la sua età. Ma Andrea, in questi dodici anni, mi ha sorpreso più volte per sensibilità e per capacità di comprensione anche di temi decisamente complessi come questo.
Vedo che mi ascolta e che sta registrando, da bambino intelligente quale è, le informazioni e che le sta valutando, senza alcun ombra di passività.
E infatti dice subito una cosa intelligente.
- Beh queste persone, le brave persone come le definisci tu, sono quelle con cui io sto meglio, con cui gioco, con cui condivido la mia vita tutti i giorni. Gli amici, insomma.
Beata candida sintesi. I miei figli sono straordinari. Lo dico sempre e ne sono convinto di più ogni giorno.
Annuisco.
- E il secondo qual è? mi domanda curiosissimo.
- Il secondo è quello più difficile, contorto, problematico.
È quel mondo popolato dalle persone, non obbligatoriamente cattive, ma che non sono capaci di avere rapporti con il prossimo in modo trasparente, navigano nel torbido, hanno sempre un retropensiero negativo, fanno sempre dei calcoli, sono quelle persone che vivono per un loro tornaconto e a volte vivono anche per fare del male.
Sono le persone che un giorno ti accorgi che non si donano, e se lo fanno è solo perché in quel momento gli conviene. Sono le persone che, magari dopo anni, ti accorgi che ti hanno preso in giro, che ti hanno raccontato molto spesso e volentieri tante bugie.
Forse il tuo compagno è una di queste, non vuole avere con te rapporti - magari gli stai antipatico, non si può piacere a tutti! - o magari semplicemente finge da una parte per poi scagliarsi contro di te ogni volta che ne sente il bisogno.
L'importante è essere onesti con se stessi. L'importante è essere onesti con gli altri, senza false aspettative e senza pensare che tutti siano cattivi.

Caro figlio mio, la vita è complicata, molto difficile, ma proprio per questo è il più formidabile dono che ci è stato fatto.
Vivere è una straordinaria opportunità, sta a noi coglierla nel migliori dei modi.
Ma una cosa voglio aggiungere, concludendo questa filippica a volte un po' triste.
Noi non vogliano fare del male a nessuno.
Io ho fatto del male, ne sono certo. Te lo voglio dire, per onestà e chiarezza con te. Ma mai con l'obiettivo di farlo, mai pianificandolo a tavolino. E a volte, nella vita, non hai la possibilità di rimediare, non c'è il tempo oppure arrivi tardi.
Noi siamo brave persone e chi non lo capisce si fotta.
- Sai papà che quando hai voglia è bellissimo parlare con te? mi butta lì.
Io lo abbraccio, anche per non fargli vedere gli occhi che si riempiono di lacrime.
Lacrime di gioia per lui e per la sua vita tutta ancora da disegnare. E che sarà, ne sono certo, bellissima e spero serena.
Lacrime per me per tutti gli errori commessi. E per il tempo che non ho avuto per rimediare.
Perché si sa, si perdonano gli errori e le cattiverie degli altri. Le proprie mai.

- Ci guardiamo un film? mi chiede improvvisamente.
- Sì, uno di fantascienza, che ci porti lontano da tutto e da tutti, gli rispondo io.




mercoledì 2 novembre 2016

Gentilezza

Al mercoledì accompagno come ogni giorno Andrea a scuola.
È una bella scuola, recentemente ristrutturata, efficiente.
Per la mia conoscenza, e per le premesse nefaste sulla scuola media, Andrea è stato molto fortunato.
Ha professori validi, appassionati, presenti e sempre impegnati nel rendere la formazione dei giovani virgulti al passo con i programmi e soprattutto al passo con i tempi.
In particolare il professore di italiano è un formidabile punto di riferimento, è un faro nella notte e una persona estremamente preparata e sensibile.
Sono molto contento, anche perché Bianca, alla fine della sua fatica primaria, verrà iscritta - a meno che non intervengano variazioni forti che si stanno sempre di più profilando - proprio in questa scuola e al 99% cadrà nella stessa sezione e quindi con gli stessi professori.
Ma questa è solo una premessa a quanto accaduto oggi.

Ogni mattina devo attraversare una strada che è delimitata, per i pedoni, da quelle sorte di tornelli fissi che guidano il pedone. I tornelli impediscono di fatto di passare uno alla volta.
Stamattina sto per attraversare con Andrea al seguito e dall'altra parte arriva una persona anziana, molto anziana, o forse neppure troppo ma sicuramente con una forte difficoltà motoria.
Aveva un sacchetto in mano, pieno forse di una recente spesa al vicino supermercato.
Io lo vedo che si avvicina e quindi mi fermo perché passi per primo, anche perché lui è proprio in mezzo alla strada, pressato da autisti già innervositi da quell'attesa inaspettata. Fermo anche Andrea, che come sempre cammina senza vedere nulla di quanto gli succede intorno.
- Prego, gli dico, sorridendogli, invitandolo a passare per primo.
Lui mi guarda e alza una mano in segno di gratitudine.
Mi sfila davanti, ma a un certo punto si ferma e mi guarda.
- Grazie, ripete. E continua: - È cosa rara ricevere una gentilezza oggi.
È un uomo dai 70anni in sù, dall'accento del centro Italia, sicuramente istruito e con buona capacità di linguaggio.
Rinnovo il mio sorriso, tanto raro, a quanto mi dicono.
- Oggi la vita mi ha mandato un angelo custode a proteggermi. Non è cosa di tutti i giorni. Per questo la ringrazio e le auguro buona giornata.
Mi allunga una mano in segno di saluto.
Io ricambio il saluto, una stretta decisa la sua, piena di vita, a dispetto dall'apparenza.
Si gira e se ne va.
Io rimango un po' lì, molto sorpreso e imbambolato.
E mi ritrovo a pensare che basta poco per essere aperti al mondo, essere gentili con il prossimo, soprattutto se non è nel pieno delle sue forze e dei suoi anni. E ricevere subito un 'premio'.
- Papà, vieni? mi risveglia Andrea che nel frattempo mi aveva superato e aspettava dall'altra parte della strada sempre più innervosito.
Lo raggiungo e mi ritrovo a sorridere tra me e me, concludendo che nonostante il ponte crollato tragicamente che mi ha impedito di passare qualche giorno in montagna con i miei figli, nonostante l'influenza carogna che mi ha tenuto a letto per tre giorni su quattro, la settimana è iniziata nel migliore dei modi e che il mondo è splendido e ricco di meravigliose sorprese.
Basta poco, anzi pochissimo.
Il resto sono solo chiacchiere al vento. Inutili.



Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...