mercoledì 6 ottobre 2021

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città.
Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido, forte e sferzante.
Chi: un uomo, sulla sessantina, alto, vestito scuro elegante e cappotto, con un cappello a tese strette, classico.

L'uomo sta per attraversare la piazza, riservata ai soli pedoni.
Muovendosi a lunghe falcate, sembra puntare la grande statua risorgimentale che troneggia al centro. 
Ma è solo un modo di ripararsi dal vento, è riuscito a imboccare quel corridoio che, grazie alla statua, garantisce un po' di protezione.
Avanza un po' curvo in avanti, con una mano in tasca del cappotto e con l'altra sul cappello, per impedirgli di fuggire. 
Le sue scarpe nere di foggia inglese rimbombano veloci e pesanti nel silenzio della piazza, per l'ora completamente deserta.
E' quasi arrivato alla statua, con il fiatone.

Si ferma dietro alla statua, per riprendere fiato, si sistema il cappello in testa, si alza il bavero del cappotto.
Sembra quasi che si stia preparando alla traversata del ghiacciaio del Bernina e invece deve solo superare l'altra metà della piazza. Là in fondo c'è la galleria, accogliente, che gli dà riparo e soprattutto lo metterà definitivamente al riparo dal vento furioso.
'Manca un ultimo sforzo', mormora tra sé e sé. E pensare che - continua - 'a me il vento piace infinitamente, figurarsi il freddo, ancora di più. Ma oggi non è giornata, bisogna solo difendersi'.
Con una mano che stringe il colletto del cappotto e l'altra in tasca per tenere chiusa il più possibile la parte inferiore, decide finalmente di uscire allo scoperto, di sfidare la natura, di lottare contro le avversità del pianeta.
Fa un gran respiro e via. Appena esce dal corridoio viene investito prima di tutto dal gelo, che gli taglia la faccia, improvviso.
Immediatamente segue il vento, violento, senza una direzione precisa, che gli sbatacchia il cappotto e che lo costringe ancora una volta a incurvarsi, ad avanzare come un toro imbizzarrito.
E' che in questo modo, con il vento che arriva da ogni direzione, con le mani impegnate a coprirsi, dimentica per qualche istante il cappello.
Che all'inizio sembra dare un qualche avvertimento al padrone, traballando un po', muovendosi in senso circolare. Poi sembra voler segnalare il pericolo crescente sollevandosi un poco.
Poi, quasi avesse terminato le forze, si vede lanciato violentemente in un volo senza controllo.

L'uomo si accorge del disastro, si volta verso il cappello che ormai volteggia a pochi metri dal marmo che ricopre tutta la piazza. Ha un attimo di esitazione, quasi stesse valutando se mettersi a rincorrere il cappello oppure abbandonare al suo destino il suo prezioso accessorio.
Ma poi l'orgoglio ha la meglio!
Libera le mani e con uno scatto olimpico comincia a seguire l'oggetto volante ben identificato, conscio di non essere più in grande forma e soprattutto consapevole del debito di fiato che quasi subito lo assale.
Nonostante ciò si avvicina al cappello, grazie a un'improvvisa tregua delle folate.
E' lì, ormai, a pochi centimetri, allunga la mano e...
E niente, il vento si accorge che sta per essere beffato, e quel giorno è in gran forma, vuole osare, spazzare e fare anche qualche scherzo. E così fa un gran respiro anche lui e sbuffa con forza sul cappello allontanandolo ancora dal suo padrone.
L'uomo si rialza, deluso più che arrabbiato, e cerca di seguire con lo sguardo il volteggiare del copricapo. Che infatti svolazza, tocca per terra, si rialza, come se fosse colpa sua.
Ma il cappello è innocente, lui vorrebbe tornare tranquillo e sereno sul capo dell'uomo. Con lui si è sempre trovato bene, l'ha sempre rispettato, si è sempre occupato di lui, protetto. Si era affezionato a quell'uomo.

Il vero farabutto è il vento che ridendo e scherzando, in un sol colpo, si sta prendendo gioco sia dell'uomo sia del cappello, vittime innocenti.
Il cappello ancora vola e l'uomo ancora lo rincorre.
E quando riesce ad avvicinarsi un poco, il volo riprende vigore e la storia si ripete. 
A un certo punto, il vento decide di dare il colpo di grazia e fa volare il cappello fino all'inizio di una stretta via ai lati della piazza. 
L'uomo si carica sulle spalle le gambe e comincia a correre ancora più velocemente. A un certo punto la strada svolta e li perdiamo entrambi di vista.
Per qualche secondo sentiamo ancora i tacchi dell'uomo echeggiare, nella sua vana rincorsa.
Poi silenzio, assoluto.

In città, qualcuno segnala che, nelle giornate più ventose, si incontra spesso un uomo ben vestito con scarpe di foggia inglese che, trafelato e in affanno, rincorre un cappello che ostinatamente gli sfugge.
All'infinito, senza rassegnarsi, ma consapevole che non lo raggiungerà mai.




 

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