giovedì 30 giugno 2011

Qualche passo verso il futuro

1) Un risultato l'abbiamo comunque ottenuto.
Il mondo va a catafascio e quindi prima o poi potremo/potranno riformarlo, rigenerarlo, farlo rinascere.
Oggi l'aspetto più importante, l'obbiettivo unico da perseguire, il vero mantra da recitare, è che bisogna farsi da parte, lasciare spazio, ringiovanire.
Il paese è completamente bloccato, imploso, autoreferenziato, grazie, o per colpa, della mia generazione e di quelle precedenti, che hanno occupato tutto, hanno disastrato tutto, hanno reso questo paese povero, arroccato e vecchio nel suo dna.

2) Un risultato l'abbiamo ottenuto.
Il mondo va a catafascio, ma se non c'eravamo noi, la mia generazione e quelle precedenti, saremmo ormai alla frutta e già sulla via dell'estinzione. Altro che giovani, bambocci viziati, che quando li coinvolgi in qualche iniziativa, non fanno altro che lamentarsi, piagnucolare e pretendere senza sapere fare nulla...
Il paese si regge ancora sulle sue gambe claudicanti perché Noi non molliamo il colpo, non ci facciamo da parte, manteniamo tutto e tutti.

Ma non ne potete più di questi scontri generazionali che di fatto offrono l'alibi a tutti, proprio tutti, per non guardare in faccia la realtà, e prendere decisioni, spesso durissime da digerire?

Infatti il parere dello straniero che ci guarda dall'alto, la dice lunga.

3) Risultati? Nessuno!
Ma come fate a vivere in queste condizioni di eterno scontro tra le 'due linee'?
Come fate a tirare a campare con uno scontro politico sempre sul limite della rissa?
Come fate a continuare a crescere, e non solo economicamente, con uno scontro generazionale che non ha pari nel mondo conosciuto, che di fatto blocca ogni apertura verso il nuovo?
Come fate ad avere la classe politica più vecchia del mondo (anche la Cina è più giovane...) che infatti non è in grado di comprendere le necessità delle nuove generazioni?
Come fate a vivere, eternamente!, come se doveste scegliere tra Coppi o Bartali, tra Milan o Inter, tra Gianni o Pinotto?
Quand'è che crescete?
Quand'è che vi buttate alle spalle il presente?

martedì 28 giugno 2011

E un giorno, il vuoto...

Ricordo, il mio primo ricordo, il giorno del mio compleanno, nella vecchia casa di Milano. Avrò avuto tre, quattro o cinque anni - a sei ci siamo trasferiti. Io che rido in braccio, sul balcone, mentre guardavamo i canarini nella gabbia, immancabili nella case degli anni cinquanta/sessanta.

Ricordo il primo giorno di scuola, lui con la macchina fotografica che immortala il momento, io che piango disperato perché proprio non ne volevo sapere di entrare nel mondo delle responsabilità.

Ricordo le mattine in cui si alzava prima di tutti noi per qualche viaggio, che si aggirava per la casa in punta di piedi, cercando di non fare rumore.

Ricordo che mi accompagnava a scuola. Si fermava davanti, io gli davo un bacio e scendevo, e lui, tutte le mattine che dio mandava in terra, mi diceva 'mi raccomando'.

Ricordo le litigate furibonde che aveva con mio fratello, in piena tempesta ormonale e di 'contestazione', durante le quali lo odiavo con tutto me stesso.

Ricordo una volta che mi ha difeso in montagna contro quattro cretini più grandi che mi avevano preso di mira. Li ha fatti correre a gambe levate giù per i la scorciatoia dietro casa.

Ricordo i suoi problemi di lavoro a cavallo della 'rivoluzione' tecnologica, che ha fatto entrare in crisi il suo mondo meccanicamente obsoleto.

Ricordo, da piccolo, lui e mia madre che ballano lungo il fiume il valzer e la polca, con la sua mano sulla schiena rivolta verso l'esterno perché non si 'doveva' toccare.

Ricordo le telefonate dagli Usa o dal Brasile o chissà dove, in cui per sentirlo bisognava urlare come scimmie.

Ricordo le domeniche mattina in cui mi portava al mercatino dei francobolli in via Armorari. Io mi stufavo come pochi - non ho mai collezionato nulla!! - ma lui era felice di andarci con me, e quindi mi 'sacrificavo'.

Ricordo una gita al lago sopra la nostra casa in montagna, in cui abbiamo mangiato dei panini al salame che non ho mai dimenticato.

Ricordo le contrapposizioni ideologiche, le discussioni politiche, le visioni del mondo all'opposto, sempre sfociate in litigate sontuose.

Ricordo i musi che mi metteva quando avevamo litigato, facendomi una pressione psicologica per giorni, settimane a volte. Che sofferenza!

Ricordo l'assistenza alla mamma durante la sua malattia, lunga e sfibrante, in cui non ha mai mollato di un passo.

Ricordo la sua inadeguatezza culturale, la necessità di sdrammatizzare tutto, fino al punto di non affrontare spesso la realtà.

Ricordo i miei errori...

Ricordo, sì mi ricordo...

Quell'uomo oggi c'è ancora, ma ormai non esiste più.
Ormai è perso in una mente che vacilla senza direzione.

Un uomo ha il diritto di vivere come vuole. E di morire senza dover necessariamente arrivare al punto di non riconoscersi allo specchio.
E senza che un figlio assista a tutto questo.

lunedì 27 giugno 2011

Fine della pista!

Sono certo che mi attiro l'odio di molti, ma tant'è. Leggere con cautela, please!
In mezzo a questo delirio che è il cosiddetto dibattito politico - P4, dimissioni di collaboratori di ministri, insulti tra di loro, minacce del ministro di lotta e di governo a bocca storta e non so che altro - finalmente una buona notizia, almeno di dignità culturale.
Vasco Rossi, l'eterno finto ribelle che su tirate di coca in libertà e canzoncine finte rock ci ha campato 30anni, ha dichiarato ai sette venti 'che ora basta, alla mia età non si può più fare il rocker'.
Aldilà del fatto che questi annunci nel mondo dello spettacolo sono continui e per metà falsi come giuda, prendiamolo per buono, e godiamocelo.
Come non sopporto gli ultracinquantenni che vanno in giro come fossero ragazzini alle prime armi, non reggo chi si spaccia per quello che non è per insane leggi di marketing.
Intendiamoci, la longevità nella vita di tutti si riflette anche su questi cantanti che continuano la loro carriera oltre il limite una volta imposto, Rolling Stones docent.
E uno può cantare fino anche allo sfinimento, se lo vuole.
La cosa che non sopporto è fare il finto adolescente a 60anni, senza dignità e senza senso del ridicolo.
Per questo apprendo con estremo gaudio la notizia di Bollicine man.
Che scriva canzoni, che abbia la capacità di reinventarsi, che cambi almeno un po'.
E che la smetta, con il cappellino da rapper, di comparire sui palchi ormai bolso e appesantito cantando canzoncine per le adolescenti.
E così, tra l'altro, evitiamo quattro sere quattro di fila di concerti sempre più noiosi e uguali a se stessi.
Una tenuta in Toscana con buon vino e olio non lo si nega a nessuno, signor Rossi!
Ora mi parlano tutti di tale Silvestri, che almeno ha la sfrontatezza di concludere i suoi concerti con 'Venceremos'.
E oggi, scusate se è poco.

venerdì 24 giugno 2011

Avventura senza paura

Sono al bar a mangiare un panino. Pausa pranzo. Ennesimo rito sfascia budella che si ripete quotidianamente, alla ricerca continua dell'ulcera.
Occhi persi, sapore anonimo, acqua ghiacciata, solitudine completa, nel caos che mi circonda. Cellualre che naviga per ingannare questi minuti.
- Posso? mi sento chiedere alle spalle, da una voce roca, strascicata, seduttiva. Mi viene in mente la Cardinale o la Golino...
Mi giro di scatto tra la curiosità di sapere chi 'osa tanto', e la voglia irritata di rispondere un no secco.
E mi ritrovo davanti una donna alta, fascinosa, un po' anni '70 nell'abbigliamento, con un mazzo di giornali in una mano e un panino nell'altra.
- Scusi, ma è tutto occupato, mi posso sedere? mi chiede con un sorriso Durbans e un accento non proprio italiano, indicando la sedia vuota di fronte a me.
- No prego, si accomodi, rispondo un po' a denti stretti e a occhi spalancati.
Fascino puro, una donna tra i quaranta e i cinquanta, con Repubblica, Financial Times e Espresso in mano, panino mozzarella e pomodoro (almeno sembra), bottiglietta d'acqua naturale e occhiali da sole che le fermano in modo tattico la leonina acconciatura di colore corvino leggermente striato di un grigio discreto. Occhi blu, profondo oceano, mani lunghe, piedi lunghi, gambe lunghe.
Si siede e io, immaginando di ritornare ai miei pensieri, abbasso gli occhi sul mio panino di cartone cercando di trasmettere discrezione e riservatezza.
Ognuno pensa a sé per qualche minuto.
Poi, tutto a un tratto, mi chiede:
- Posso darti del tu? Siamo più o meno, come si dice, co.., coe, insomma della stessa età. Giusto?
- Coetanei, si dice coetanei. E ti ringrazio per la fiducia, perché credo di avere qualche anno in più, le rispondo.
Ci fissiamo. Lei sembra soppesare la mia affermazione, leggendomi l'età tra le rughe intorno agli occhi, tra i crescenti capelli grigi.
- Io ho 42 anni, sono olandese, e vivo in Italia da più di dieci anni. Vivo a Firenze ma sono qui a Milano per lavoro.
- Che meraviglia, Firenze..., rispondo con una punta di invidia. - Di cosa ti occupi?
- Cultura, lavoro con il mio paese d'origine per organizzare corsi, viaggi, visite in Italia e nelle città d'arte. Un lavoro bellissimo, che mi permette di tornare a casa spesso e di vivere l'Italia migliore.
Le guardo le mani. Lunghe e affusolate, gesticolano dolcemente, sono sicure.
Io le racconto rapidamente di me, del mio lavoro, della mia vita, dei miei figli.
Chiacchieriamo fitti fitti, per una mezz'ora, di tutto, del mondo, della vita.
Finiamo i panini. Finiamo l'acqua. Finiamo i caffè.
A un certo punto mi guarda negli occhi.
E mi sussurra:
- Ma dov'eri fino a oggi?
Gulp, credo di arrossire, mando giù, accenno un sorriso ebete.
Lei si alza, si avvicina e mi bacia sulla guancia mormorandomi un "peccato".
E se ne va, salutandomi con la manina.
E non avevo neanche la maglietta con la scritta "Bagnino", giuro...

giovedì 23 giugno 2011

Un vero secchione!!

Verifica parlamentare?
Riforma fiscale?
La P4?
Wimbledon?
Tutte cretinate.
Ieri è stata la giornata più importante degli ultimi anni, è stato il d-day. Da ieri il mondo non è più lo stesso.
Il 22 giugno è stato il giorno della pagella di fine anno di Andrea. La prima.
Tutto il resto è banalità, inutilità, marginalità.
E come è andata?

ore 17,30.
Ritrovo davanti a scuola con mia moglie. Il primo scrutinio richiede solennità e totale partecipazione familiare. Eravamo anche un po' eleganti, come due genitori venuti giù da chissà quale valle. Si respirava tensione, attesa.

ore 17,35.
Siamo davanti alle scale. Ci scambiamo occhiate di intesa, il 'traffico' di genitori in uscita con pagelle in mano è intensissimo. Chi ride, chi ride meno, chi si domanda, chi è visibilmente contrariato. E io penso: "Ma allora è una cosa seria...".

ore 17,40.
Siamo in fila al secondo piano, davanti all'aula adibita alla distribuzione dei verdetti divini. Dentro due banchi, due maestre ciascuno, due prime a confronto. Caldo pazzesco. E io mi domando: "Ma quando danno le pagelle a Calcutta, fa così caldo?".

ore 17,45.
Nella fila di fianco alla nostra sento una mamma confidare alla vicina "sono nervosissima...". E io mi chiedo: "Ma perché sono sempre l'unico uomo?".

ore 17,50.
Entriamo. Di fronte la maestra 'principale' e quella di matematica. Cercano la pagella. La sfilano dal contenitore di plastica. La aprono, La girano. Ci guardano. Si guardano. E io mi scervello: "Ma ti dài una mossa?".

ore 17,51.
Ed esordisce con un "che dire?". E io mi rispondo: "Come che dire, mio figlio che dire? Tutto c'è da dire, mio figlio è il mondo, e sul mondo ci sono da dire un mondo di cose!".

ore 17,52.
"Andrea è bravissimo, molto attento, sempre a farsi domande, partecipa, è socievole, chiede, parla...insomma tutto bene, molto bene!". E ci mostra una pagella di tutti DIECI. E io mi chiedo: "Tutti tutti? TUTTI!".

Pagella di Andrea del primo anno dell'era Pisapia
ore 17,52 e qualche secondo
E io penso "tutti dieci, mica paglia!, bravo Pilù!".

ore 17,55.
Finiti i convenevoli, ce ne usciamo con il papello in mano con tanto di bolla ministeriale (non devo pensare quale ministro 'gestisce' mio figlio...). Io sono tronfio, sprizzo orgoglio da tutti i pori, viaggio sopra il mondo di qualche metro...

ore 18,00.
Arriviamo a casa. Arriva anche Andrea dalla scuola estiva. Gli vado incontro, lo abbraccio, lo bacio, lo spupazzo... Gioia infinita vederlo. E gli sussurro all'orecchio: "Complimenti, le maestre hanno detto che sei un asino patentato!" Lui mi guarda e mi sorride ironicamente e mi sbatte in faccia un "ma papà, che dici? Tutti dieci!!", e se ne va a giocare. E io mi domando: "Ma sai che sei proprio una carogna?".

ore 18,05.
La vita ricomincia, con una certezza però. I figli crescono e l'amore per loro cresce di pari passo.
E io mi chiedo...

martedì 21 giugno 2011

Maturità performanti

Quasi tutti i milioni di lettori quotidiani di queste note, sia qui che oltre oceano, sanno perfettamente che i miei figli sono piccoli.
La meno a tutti. Mi lamento, mi straccio le vesti, racconto. Esorcizzo...
Quindi gli esami di maturità, almeno questo!, non sono un problema che mi tocca personalmente. Ma siccome sono un padre di sinistra, sinistramente democratico, e decisamente più a sinistra della sinistra, mi faccio carico dei destini del mondo affrontando e preoccupandomi di tutto, di tutti, e anche di più.
Quindi oggi iniziano, se non ho capito male, gli esami di maturità.
Io li ho fatti nel 1977. C'era il muro, Berlusconi forse costruiva già le case, almeno con il Lego, c'era la guerra fredda, anche quelle calde, proprio come oggi. Il mondo era migliore, di gran lungo, e almeno esistevano le pulsioni ideali che riuscivano a rendere accettabile la vita di molti.
Ma tant'è.

Gli esami di maturità. Un passaggio epocale, un evento che segna, un tappa fondamentale nella crescita, sia formativa, ma soprattutto di vita. Uno snodo, insomma.
Credo che si sia scritto di tutto sull'argomento, affrontando le diverse sfaccettature della stessa medaglia, analizzando le componenti psicologiche, le preparazioni specifiche, le materie, le tecnicalità... tutto!!
Ma finalmente il buio un po' stantio in cui versa il dibattito stagionale sui media intorno a questa prova, è stato frantumato da un lampo di genio, da un'analisi e da conclusioni sicuramente originali che, credo, cambieranno strategia e l'impostazione degli esaminandi quasi maturi dei prossimi cinquant'anni. Per queste sono sensibile, perché i miei figli, che saranno maggiorenni tra dodici/quindici anni rientrano sicuramente nel 'campione'.
Di cosa parlo?
Ma come, che domande fate... Parlo naturalmente del post che La Stampa oggi pubblica in un blog.
Il quesito, che segnerà il futuro del mondo scolastico di tutti i mondi conosciuti e non, parte da questa domanda biblica: il sesso fa bene prima degli esami di maturità?
Quando, come tutte le mattine, sfogliando i siti per una panoramica informativa mi è cascato l'occhio su questo quesito, ammetto, sono rimasto basito. Come mai non ci avevo mai pensato prima?
Poi ho riconosciuto i miei limiti di natura antropologica, psicologica, e anche formativa.
Mi sono detto:
- Che ne vuoi sapere tu di scuola, di psicologia adolescenziale, di svolte formative e soprattutto di sesso?
Soprattutto l'ultima parte della domanda mi ha confermato che non ne sapevo veramente nulla e quindi ho affrontato il tema con la massima serietà.
E leggendo, ho scoperto, che gli esami di maturità sono uno stress per il giovane che li affronta, che ognuno di questi giovani possono decidere di fare sesso o no prima degli esami, che la tensione pre-esame può fare dei veri tonfi nelle prestazioni e quindi 'fate attenzione', che insomma chi ha voglia di fare sesso prima degli esami lo faccia, chi non ne ha voglia. non lo faccia, e chi è da solo decida se chiudersi in se stesso oppure in bagno.
Veramente illuminante.
Io che ero preoccupato per la crescita dei miei figli, per la loro evoluzione scolastica, per le scelte relative, di fronte a questi suggerimenti dotti e soprattutto innovativi, ho tirato un gran sospiro di sollievo e vedo il futuro davanti, socialismo o no, decisamente più sereno.

lunedì 20 giugno 2011

Pontida sì, Pontida no, Pontida un c....

Il teatrino continua.
La Lega di lotta e di governo continua nella sua opera di stampella a questo governo, senza alcuna strategia e tirando a campare in pieno stile 'romano' e 'centralista'.
Ma l'ha anche detto (o meglio bofonchiato, io non capisco niente quando parla) Bossi ieri davanti al suo popolo (molto scarno, bastava osservare attentamente le scarse panoramiche che il regista faceva): 'se andiamo alle urne oggi vince la sinistra', quindi rimaniamo qui, attaccati alle cadreghe, perché poi il vecchio porcello svanisce e noi rimaniamo qui ad asciugare gli scogli (Bersani docet).
Quindi, cara Padania, qui restiamo, e poi vediamo.
E io sono contento, davvero.
Il Pdl è allo sbando totale, un'arena dove tutti lottano contro tutti. Ogni militante sta pianificando in segreto la propria exit strategy per quando tutto crollerà e per mettersi il sedere al caldo da  qualche altra parte. Forse gli assegni non bastano più, e tantomeno le ragazzine e le collanine.
Quindi tutti sono i blocchi di partenza, in attesa del fuggifuggi.
La Lega è ormai un'inutile carrozzone, anacronistico - con le corna di polistirolo sulle crape pelate - che cerca in ogni momento un guizzo che la faccia ritornare al sole. Non sono più nulla, annaspano nei loro piccoli comuni tra razzismo e becere amministrazioni, continuano a sperperare soldi pubblici aggiungendo inutili cartelli in dialetto sotto i nomi veri delle città e dei paesi, oppure colorando di verde le strisce pedonali, oppure, peggio di tutti, creando monumenti e simboli di parte con i soldi di tutti.

Avevano una maggioranza oltre il lecito, avevano dalla loro tutti i poteri forti piegati a pecora di fronte ai palazzi romani. Avevano tutto, anche il consenso del paese.
Eppure sono riusciti a sperperare tutto, a portare il paese alla bancarotta e alla povertà diffusa. Sono riusciti, ma come potevano fare d'altro?, a non fare nulla, tranne che la guerra alla magistratura.

Un fallimento, totale, su tutti i fronti.
Uno schifo, direbbe mio figlio.

Ieri Bossi aveva una possibilità di tirarsi fuori, di riscattare, almeno un po', l'immagine presunta della Lega. Ha perso la sua ultima occasione.

Ora gli rimane solo il baratro, che presto si aprirà sotto i suoi piedi.
E tutto verrà inghiottito, e tutto, speriamo il più presto possibile, dimenticato.

venerdì 17 giugno 2011

Femmina, tu si na malafemmina...

- Ma lasciami stare....
Questa è la frase preferita da mia figlia quando la interpello, la chiamo, cerco di avvicinarmi a lei.
Spesso è dura da digerire. A volte mi volto e me ne vado, quasi offeso. A Volte le sorrido e la lascio stare davvero. A volte la aggredisco sentendomi stupido.
Poi quando non ci sono, mi riferiscono fonti ben informate, continua a cercarmi, a chiedere dove sono, "dov'è il mio papino" e sdolcinature di questo tipo.
Allora, alla veneranda età di 53 anni, uno un po' le donne, il genere femminile, dovrebbe conoscerlo.
Andrea e Bianca sul carrello verso il sole del socialismo
Un pianeta, quello femminile, che ogni giorno ha la capacità di meravigliarci per le sue delicatezze, per la sua forza, per il suo coraggio, per la sua bellezza.
Ma ci colpisce, nel vero senso della parola!, anche per la sua follia e per l'incostanza.
E tutto questo sta bene, cioè nulla di nuovo sotto il sole.
Ma ogni volta rimango stupito dell'imprevedibilità, dall'originalità, dalla dissonanza completa dallo status quo. Sono sempre stato affascinato da chi si stacca dal gruppo, da chi esce dal coro, dai rivoluzionari veri e non presunti. Le donne sono, per definizione, rivoluzionarie.
Ho sempre cercato nella mia vita di costruirmi un'esistenza "mia", con il minimo di compromessi possibili, cercando di affrontare le mie contraddizioni nel modo più onesto possibile.
Le donne, a volte, nella loro onestà trasparente, hanno la capacità di essere e non essere, di vivere e di spegnersi, di tirare e di spingere, di mangiare e digiunare, di amare e di odiare, tutto in contemporanea.
È questo il loro vero multitasking. Fare tutto e il suo opposto, in diretta, senza alzare un sopracciglio.
E io amo le donne proprio per questa capacità decisiva, energica.
E mia figlia, prossima donna dai capelli rossi che spaccherà il mondo, è una delle degne rappresentanti di questo genere.
Per questo, aldilà del sangue, la amo sopra me stesso.

giovedì 16 giugno 2011

Democrazia liberale

Quando ero piccolo c'era il Partito Liberale. Segretario per una vita era Giovanni Malagodi, trombone dalla nota costante, che riusciva a ogni tornata elettorale, a raccogliere quel due o tre per cento che contribuivano a costituire quello che per anni è stato il pentapartito.
A volte era determinante, a volte meno, ma ha comunque permesso alla Dc e gli altri suoi alleati, di tenere in vita la prima repubblica forse oltre il lecito (politico).
Poi sono stati travolti, scomparsi, entrati in quella roba che si chiamava Forza Italia, e oggi, con un insulto alle singole parole, in Popolo della Libertà.
Ma questo 'glorioso' passato, oggi viene ogni tanto tirato in ballo dai cialtroni fascisti trogloditi al governo, cercando di nobilitare bassezze di ogni tipo.
Ma tant'è, sappiamo come siamo messi, ma soprattutto lo sa il mondo intero, che ci deride, ci butta fuori dalle sale di regia e ci emargina in ogni modo.
La cosa che mi sconvolge, attingendo alla cronaca quotidiana sempre più stomachevole, sono i comportamenti dei singoli, dei peones, dei portaborse senza arte né parte. Che, per farsi belli verso il capo di plastica, oppure per avere qualche momento di gloria mediatica, riescono a superare il loro mentore riuscendo, ma è possibile?, a essere anche più sgradevoli.
I liberali, caro lettore, sono questi.

1) Ministro di mezza altezza.
Ieri Brunetta, al tentativo di un gruppo di precari di rivolgergli qualche domanda (non di lapidarlo!), lui ha risposto con un bel "Siete l'Italia peggiore" e se ne è andato, voltando le spalle, fottendosi abilmente del suo ruolo pubblico di 'servitore dello stato'. Eleganza, sensibilità, capacità tattica, spirito di servizio...tutti concetti che i liberali, a quanto pare, ritengono superflui. A chi si è lamentato del suo operato, ha ribadito, che ridirebbe tutto, senza alcun pentimento.

2) Portatore d'acqua, o di borsa o di qualcos'altro.
Ieri Stracquadanio, parlamentare Pdl, commentando i risultati elettorali recenti, ha detto, più meno che hanno perso le elezioni perché "quelli di sinistra non hanno un c...o da fare tutto il giorno e quindi stanno su internet". In più oggi ha rincarato la dose chiedendo, al mondo intero, che i dipendenti pubblici "debbano essere puniti se frequentano il web". È ovvio che è ora inizierà la campagna contro internet, mondo senza controllo, per fare in modo che la democrazia diretta abbia un bavaglio legislativo degno dei paesi più totalitari. Ne vedremo delle belle, anche perché questi la Rete non la conoscono e ne hanno una paura folle.

Conclusione?
Niente di nuovo sotto il sole.
Ormai questi signori sono (in ordine di come mi vengono in mente):
- nervosissimi, perché vedono che la pacchia è ormai finita.
- divulgatori di parole chiave e slogan con ben altri intenti
- irrispettosi nei confronti di chiunque non sia sul libro paga
- incapaci e ci stanno portando alla rovina
- ignoranti come bestie
- pericolosissimi, proprio come una belva ferita
- io no so cosa significhi essere liberale, ma sono certo che non è questa roba qui
- razzisti come sempre
- e, scusate se qualcuno si offende, fascisti, di nome e di fatto.

Ma una risata li seppellirà tutti e poi, serissimi, ricostruiremo il paese, come sempre è stato.

lunedì 13 giugno 2011

Referendum, mon amour

È l'alba di un nuovo mondo
Solo un rapido e breve commento a caldo di questo quorum che sembra essere raggiunto, e le proiezioni danno i Sì oltre il 90 per cento.
Sento in giro, da molti, l'apprezzamento delle vittorie amministrative e dei referendum nazionali.
E chi non è contento?
Ma molti accompagnano le esultanze con un commento che a me crea fastidio, irritazione cutanea e anche un po' di attacchi del Ballo di San Vito.
- Questo voto non è essere di destra o sinistra. Questa è gente che se ne deve andare e basta!!
Bene tutti d'accordo sulla seconda parte della frase. Ma la prima irrita, e di brutto.

Perché essere di sinistra vuole dire votare Sì a questi referendum - anche se uno non se ne accorge.
Perché essere di sinistra vuol dire essere dalla parte di tutti e non solo di alcuni.
Perché essere di sinistra vuol dire essere contro il nucleare.
Perché essere di sinistra vuol dire difendere l'acqua, l'aria, il territorio, le montagne e il mare.
Perché essere di sinistra vuol dire essere tutti uguali davanti alla legge.
Perché essere di sinistra vuol dire rispettare le donne.
Perché essere di sinistra vuol dire rispettare gli altri.
Perché essere di sinistra vuol dire pagare le tasse e rispettare il bene comune.
Perché essere di sinistra vuol dire volere questo paese unito, nonostante tutto.
Perché essere di sinistra vuol dire salute pubblica, scuola pubblica, servizi pubblici.
Perché essere di sinistra vuol dire dare occasioni ai più giovani, senza farseli scappare.
Perché essere di sinistra vuol dire non essere questi cialtroni, fascisti, incompetenti senza congiuntivi che ci hanno portato in pochi anni allo sbando, alla crisi, all'inefficienza, alla corruzione più bieca, alla compravendita di parlamentari, al bunga bunga, alla mafia dilagante, ai tagli alla cultura, alla scuola pubblica allo sfascio...

Andatevene, l'Italia s'è desta. E speriamo rimanga sveglia!

domenica 12 giugno 2011

Referendum, a prova di famiglia

I dati a mezzogiorno sono incoraggianti, ma io non canterei vittoria.
Un po' per scaramanzia, ma soprattutto perché conosco i miei connazionali, ammalati di pigrizia, voglia di fuggire e affascinati dal'essere contro, a tutti i costi.
Quindi si è vinto alle amministrative? Già sta strisciando la voglia di fargliela pagare a quelli lì che dicono di essere diversi.
Comunque domani vedremo.
La sensazione, almeno stamattina al mio seggio, qui a Milano, è che continui a fischiare quel vento che spazza via tutto. Molta gente ai seggi - prima ho accompagnato mio padre alle 8,30 e verso le nove e mezzo ho votato io - in orari non di certo affollati in genere, vista la giornata festiva. E molta voglia di votare, in genere.
Bello. Questa strana sensazione che la città sia cambiata, che ci sia un po' di consapevolezza del bene comune, che siano tornate attenzione e solidarietà, continua a resistere.
E la gente si sorride un po' di più.
Comunque, queste tornate elettorali, mi hanno letteralmente stremato.
Per tutte e tre gli appuntamenti, ho portato mio padre a votare, cercando di evitare incidenti, e soprattutto errori.
Mio padre non ha bisogno di essere convinto di nulla, ma ormai l'errore, la svista è dietro l'angolo.
Quindi al primo turno, con quella scheda maledetta a forma di lenzuolo coperta di simboli, candidati e non so che altro, spero sia riuscito a destreggiarsi per raggiungere colui il quale, dopo il ballottaggio, è diventato sindaco.
Il ballottaggio è stato più facile, naturalmente.
Ma la vera sfida erano i referendum, che qui a Milano - maledizione!!! - sono nove. Ma vi pare?
Va bene la democrazia diretta, va bene il parere del cittadino, va bene il coinvolgimento delle masse, ma i quesiti cittadini da una parte fanno sorridere e dall'altra urlano anche vendetta, in una città ormai dove le persone anziane la fanno da padrone.
Volete più alberi? Volete meno inquinamento? Volete la luna? Volete soldi gratis, cibo e sesso a volontà? Poco ci mancava. Comunque vedremo, sono consultivi, quindi stabiliscono orientamenti e fruttano suggerimenti.
Tornando a bomba.
Fare capire a mio padre i quesiti, già è stata un'impresa. Fargli capire che devi dire sì per dire no, un'altra scalata a mani nude. Ma gestire nove schede da solo no, quello no.
Allora, in accordo con il presidente del seggio, l'ho accompagnato alla cabina, gliene ho passata una alla volta da fuori e lui, puntigliosamente, totalmente preso dalla parte, le ha votate, le ha chiuse una a una e me le ha passate fuori. Io accumulavo e poi, alla fine - saranno passati almeno cinque minuti, interminabile! - è uscito con l'ultima, le ha prese tutte e le ha consegnate al presidente.
Niente di che, tutto bene, e tutto finito. Ma ho sudate le classiche sette camicie.
Dopo un'oretta torno al seggio, con la famiglia, e quindi anche con gli Squali.
Cosa avevo fatto con il nonno la mattina,  l'ho raccontato prima ad Andrea .
Lui mi guardava e ascoltava con grande attenzione. È molto impressionato dal fatto che il nonno non è più come prima, dalla vecchiaia, dalla sua tristezza quando è accompagnata da difficoltà forti.
Al seggio, mentre vado a votare alla cabina, armato della mia divina commedia di schede, mi si avvicina e mi sussurra:
- Papà, visto che tu hai accompagnato il nonno, vuoi che io accompagni te?
Prima ho votato perché anche questo appuntamento è fondamentale per la storia di questo paese e per la tutela della democrazia.
Poi ho cercato di scegliere tra eliminare fisicamente mio figlio, suicidarmi per sopraggiunti limiti d'età oppure sorridergli e abbracciarlo.
Ho scelto l'ultimo, per ora.
Alla prossima scadenza elettorale però a votare ci vado solo, giuro!

giovedì 9 giugno 2011

Cervelli sopraffini

Come molti padri - pensate solo al capofamiglia di casa Ginzburg raccontato in 'Lessico famigliare" -, anche il mio ci ha cresciuti condendo la vita quotidiana con detti e frasi originali e di suo puro conio.
Ormai superati i 90, e con drammatici problemi ormai di demenza senile, non ci delizia più con queste massime strabilianti. Tornano alla mente quelle super-datate, quelle doc, quelle migliori.
E vista la cronaca di questi giorni, quella che mi viene subito alla mente è quella - tombale! - relativa ai giocatori di calcio.
Guardando qualche partita, e assistendo a qualche errore banale di un giocatore qualsiasi, mio padre chiosava, quasi sempre!, con un "per forza, se fossero intelligenti, non farebbero i calciatori".
Erano gli anni 60/inizi 70, quando i giocatori di calcio erano sì famosi ma non guadagnavano miliardi come oggi. Infatti oggi, i veri scemi siamo noi, ma questo è un altro discorso.
È anche vero che sentire parlare i giocatori, o qualsiasi protagonista dell'ambiente del calcio, cascano le braccia, viene il latte alle ginocchia e lo sconforto diventa sovrano.
Piazzale Loreto oggi
Proprio per questo, visto quello che guadagnano, potrebbero stare zitti.
Un esempio, in questi giorni turbolenti per il mondo del calcio, è una dichiarazione da parte di un portiere, a quanto pare famoso, che di fronte al terremoto che si è palesato  sullo sport nazionale, ha dichiarato "siamo come a piazzale Loreto", dicendo che non si possono fare processi sommari, macchina del fango e blablabla.
Bella no? Ma che vuol dire?
Che in Piazzale Loreto si è consumata un'ingiustizia? Che il pelatone aveva diritto a un processo 'canonico', dopo che la storia, tutti i morti della guerra, i perseguitati politici, di razza ebrea, gli oppositori tutti, il popolo italiano intero, lo avevano condannato a morte insieme alla sua cricca?
O forse, viste le opinioni politiche del genio che ha parlato, significa non solo ingiustizia è stata commessa, ma che anzi andava salvato, protetto e riciclato?
Ci fosse qualcuno che gli avesse risposto qualcosa, anche solo una pernacchia.
Mio padre aveva ragione, molta. Se fossero intelligenti non farebbero i calciatori...

martedì 7 giugno 2011

Un referendum al giorno...

Sapete quel è la vera verità vera?
È finita l'ubriacatura, la facile seduzione, il rimbecillimento da liberalismo diffuso, da capitalismo selvaggio, da privato è bello senza se e senza ma.
Tutte quelle balle che ci raccontavano sull'efficienza del privato, sul demone che era insito nel pubblico; tutte quelle stra-balle che ci infilavano a forza nelle orecchie sul fatto che il mercato è un organismo 'vivente' e che quindi sa auto-regolarsi e riformarsi; tutte quelle cretinate folli che ci presentavano il mondo migliore quello in cui l'individualismo era la spinta propulsiva per una società fatta solo di meriti e di riconoscimenti e di zero solidarietà, bene, tutto questo ormai si sta sgretolando.
Oggi la sbronza sta passando, lasciando macerie, società disgregate, palesi discriminazioni, poche tutele, inutili battaglie e falsi ideali.
In tutto il mondo, ma in particolare da noi, area test, da oltre vent'anni, per il peggiore esperimento politico-economico che la storia moderna abbia mai conosciuto.

Un caudillo con i tacchi finti, che grazie alla sua incapacità politica, all'allucinante amore per se stesso, ai suoi problemi con la giustizia, e alla sua presunzione sconfinata, ci ha portato non solo alla deriva economica, ma ha di fatto sotterrato un paese che aveva nel suo Dna, oltre a problemi giganteschi, temi come i diritti, le tutele, la solidarietà, la convivenza.
Oggi siamo un paese fermo a vent'anni fa e più povero, con un disallineamento tra le classi spaventoso, con una forbice tra nord e sud mai così aperta, bistrattato e preso in giro in tutti i consessi internazionali, con un livello di disoccupazione spaventoso, con un giovane su tre che non trova il primo impiego, e con un tasso di litigiosità, di rissa, di odio immensi, mentre l'innovazione, la spinta alle nuove tecnologie e alle loro sperimentazioni arrancano ancora.

Bene di fronte a questo sfacelo, finalmente, il paese si sta risvegliando. E non solo per le elezioni ultime venute.
Lo respiri nell'aria, nel dibattito forte su crescita sostenibile e rispetto delle regole.
Finalmente molti si domandano se questo è il mondo migliore che si può pretendere, se la qualità della vita di ognuno è a livelli accettabili, se il dio denaro deve essere il timone di ogni scelta.
I referendum sono parte di questo risveglio.
Non so come andranno, se si raggiungerà il quorum, se vinceranno i Sì.
So solo che il clima è cambiato, che molti hanno voltato le spalle all'ignoranza e alla becera fame di successo, che la gente - l'unica che conta - ha ricominciato a considerare il bene comune come valore, la salute un obbiettivo da raggiungere, e che la legge è uguale per tutti.
Basta che andate in giro, che ascoltate le persone parlare, che annusate l'aria.
Il paese - purtroppo - non è diventato di sinistra. Ma ha ricominciato a ragionare lontano dalle chiappe delle veline e più vicina alle necessità comuni.
Andate a votare! E possibilmente votate Sì in ogni scehda (anche in quelle dei referendum 'milanesi').

giovedì 2 giugno 2011

Distacchi celestiali

Ora sono io che lo cerco.
In fondo, aldilà delle schermaglie di natura 'episcopale', quell'uomo, quella voce infondevano un senso di serenità e di pace che mai nessuno era riuscito a trasmettermi.
La giornata di festa permette di non avere fretta, di aggirarsi per la città liberata con un sorriso sulla bocca, incrociando gli sguardi, assaporando l'arancione che ancora spennella la città.
- Allora sei contento? sento bisbigliare alle mie spalle.
Eccolo, penso, e allungo le braccia per abbracciarlo.
È inconsistente tra le mie braccia, sembra svanire sotto le mie mani, ma ricambia l'affetto.
- E sono contento sì! Ho provato emozioni, sensazioni e speranze, che da anni non provavo. L'altra sera, in piazza, ritrovarsi a decine di migliaia, uniti, sorridenti e pieni di voglia di cambiare, è stato formidabile. Ora, naturalmente, viene il difficile.
- Ne sono contento anch'io.
Ci guardiamo negli per occhi per qualche secondo.
- E tu, invece, come stai? mi domanda, curioso.
Le lacrime spingono per uscire, abbasso gli occhi, cerco contegno.
- Tutto è ormai molto difficile in questo mondo. Ogni giorno è una sfida alle proprie incapacità e debolezze, mentre in contemporanea lotti contro l'egoismo, la stupidità, l'intolleranza e le pochezze altrui. E contro la vecchiaia, propria, e dei tuoi parenti prossimi, che lentamente ci lasciano soli, sperduti. E poi la crisi economica, il governo, i giornali...
Mentre mi 'denudo' di fronte a quest'uomo venuto da lontano, mi meraviglio della mia disponibilità ad aprirmi, a raccontarmi.
- E sappi che è la prima volta che parlo con qualcuno così, senza barriere, senza armi, senza protezione, spiego al mio interlocutore.
- E perché proprio con me?, mi sfida.
- Non lo so. Il bisogno ogni cinquant'anni di tirare il fiato, forse. Oppure, semplicemente, è la prima volta che qualcuno mi ascolta, o che sembra farlo. E mentre dico questo, mi accorgo di sfiorare un po' il dramma, o peggio il melodramma, e quindi corro, in affanno, a rettificare subito.
- Non è forse la prima volta, ma sicuramente con te io riesco ad aprire cuore e mente con maggiore facilità. E detta così sembra più un'analisi scientifica, un report professionale, che limitano i 'danni' di un'esasperata apertura verso il prossimo che decisamente non mi confà.
- Allora ho vinto, e in poche mosse tra l'altro, mi accarezza con la voce.
- Vinto? chiedo io.
- Non avevo altro scopo, non avevamo altro obbiettivo. Sgretolare la tua crosta di ghiaccio; intaccare la tua presunta sicurezza; abbassare le tue barriere; sciogliere la tua granitica consapevolezza di essere nel giusto.
- Ma io sono nel giusto, sempre, o quasi..., ribatto con un sorriso ironico stampato sulle labbra.
- Forse è così. Anzi sicuramente. Ma l'importante, mi dice con sfrontata decisione, è comunque ascoltare, confrontarsi, dispiacersi, e a volte, annientarsi di fronte agli altri.
- Annientarsi? ma tu sei fuori, ragazzo mio, mandandolo a quel paese con un braccio.
- Il mondo ha bisogno di te, caro piccolo uomo. E tu di lui. Aiutalo e lui ti verrà incontro. Sparisci e lui ti verrà a cercare. Racconta di te e lui ti aprirà il suo cuore.
Trangugio, in evidente imbarazzo e alle prese con uno tzunami di emozioni.
Mi abbraccia. Ora è più forte.
- Questa è l'ultima volta che ci vediamo. Abbi cura di te.
Se ne va.
E io rimango a lungo con il braccio alzato a salutarlo, anche quando scompare definitivamente dalla mia vista.

mercoledì 1 giugno 2011

Milano s'è persa

Avevano ragione. Avevano ragione i leghisti, i fascistoni con le croci celtiche, i destri di ogni sembianza e stazza.
Con Pisapia tutto crollerà, zingari a ogni angolo delle strade, inefficienza diffusa, disastri ambientali, puzza, cani randagi e scarafaggi in tutte le case.
Ed è proprio quello che sta succedendo.

1) Stamattina, e sembra per tutto il ponte, acqua a catinelle. Probabili allagamenti, fiumi che si ingrosseranno, disastri ambientali di ogni tipo.
2) Stamattina, alla scuola di Andrea, prima volta da settembre, niente vigile che fa attraversare bambini e famiglie. Una tragedia, vista anche l'acqua.
3) Stamattina, venendo in ufficio, sotto l'acqua torrenziale, in moto, fila mai vista sull'asse ovest/centro.
Un milanese doc guarda,
commosso, i luoghi dove un tempo
sorgeva la sua fiorente città
4) Stamattina, dopo giorni, settimane di caldo torrido, di cieli azzurri, di leggere striature di nuvole, di uccelli canterini e di bambini vocianti nei parchi cittadini, crollo tombale delle temperature. Tra l'altro sotto l'acqua, se non si fosse ancora capito.
5) Stamattina, arrivo in ufficio, e tutti sono incazzati neri. Non si può rivolgere la parola a nessuno, tutti ti guardano male, trovare uno disponibile è impossibile. E sono tutti bagnati, per la pioggia.
6) Stamattina, arrivo in ufficio, sotto l'acqua, e mi giunge notizia che devo pure lavorare, a differenza degli ultimi cinque anni.
7) Stamattina, entrando in ufficio, sotto l'acqua, mi viene incontro il solito disperato che chiede la carità con un patetico cartello in mano. Prima non c'erano? Sì, ma ora hanno più arroganza, gli occhi brillano, pretendono, non sono più dimessi. Tra l'altro, sotto l'acqua che viene, è pure tutto bagnato, puzzolente, disgustoso a vedere. Prima era più cool.
8) Stamattina leggo che l'Expo, fino a oggi gestito, organizzato, pianificato in modo straordinario e in avanzatissimo stato dei lavori, è improvvisamente tornato in alto mare, grazie agli interventi scellerati, sotto la pioggia battente, della nuova giunta. Infatti il 90% dello spazio espositivo, prima delibera della nuova giunta che ancora non c'è - ma si sa, i comunisti sono capaci di tutto - è stato riservato, GRATIS, a Cina, Cuba, Vietnam e Nepal.
9) Stamattina...

Insomma, il sindaco rosso, l'inviato del Kgb, il mangiatore di bambini, quello che metterà le mani in tasca ai cittadini, quello che raderà al suolo le chiese per costruire moschee e campi per i nomadi, nonché aree protette per permettere a chiunque, soprattutto ai minori, di bucarsi, sta già facendo i suoi primi danni.

Forse è meglio fare un passo indietro, appena possibile.
Milano ha bisogno d'altro.
Così non si può andare avanti...

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...