Ricordo, il mio primo ricordo, il giorno del mio compleanno, nella vecchia casa di Milano. Avrò avuto tre, quattro o cinque anni - a sei ci siamo trasferiti. Io che rido in braccio, sul balcone, mentre guardavamo i canarini nella gabbia, immancabili nella case degli anni cinquanta/sessanta.
Ricordo il primo giorno di scuola, lui con la macchina fotografica che immortala il momento, io che piango disperato perché proprio non ne volevo sapere di entrare nel mondo delle responsabilità.
Ricordo le mattine in cui si alzava prima di tutti noi per qualche viaggio, che si aggirava per la casa in punta di piedi, cercando di non fare rumore.
Ricordo che mi accompagnava a scuola. Si fermava davanti, io gli davo un bacio e scendevo, e lui, tutte le mattine che dio mandava in terra, mi diceva 'mi raccomando'.
Ricordo le litigate furibonde che aveva con mio fratello, in piena tempesta ormonale e di 'contestazione', durante le quali lo odiavo con tutto me stesso.
Ricordo una volta che mi ha difeso in montagna contro quattro cretini più grandi che mi avevano preso di mira. Li ha fatti correre a gambe levate giù per i la scorciatoia dietro casa.
Ricordo i suoi problemi di lavoro a cavallo della 'rivoluzione' tecnologica, che ha fatto entrare in crisi il suo mondo meccanicamente obsoleto.
Ricordo, da piccolo, lui e mia madre che ballano lungo il fiume il valzer e la polca, con la sua mano sulla schiena rivolta verso l'esterno perché non si 'doveva' toccare.
Ricordo le telefonate dagli Usa o dal Brasile o chissà dove, in cui per sentirlo bisognava urlare come scimmie.
Ricordo le domeniche mattina in cui mi portava al mercatino dei francobolli in via Armorari. Io mi stufavo come pochi - non ho mai collezionato nulla!! - ma lui era felice di andarci con me, e quindi mi 'sacrificavo'.
Ricordo una gita al lago sopra la nostra casa in montagna, in cui abbiamo mangiato dei panini al salame che non ho mai dimenticato.
Ricordo le contrapposizioni ideologiche, le discussioni politiche, le visioni del mondo all'opposto, sempre sfociate in litigate sontuose.
Ricordo i musi che mi metteva quando avevamo litigato, facendomi una pressione psicologica per giorni, settimane a volte. Che sofferenza!
Ricordo l'assistenza alla mamma durante la sua malattia, lunga e sfibrante, in cui non ha mai mollato di un passo.
Ricordo la sua inadeguatezza culturale, la necessità di sdrammatizzare tutto, fino al punto di non affrontare spesso la realtà.
Ricordo i miei errori...
Ricordo, sì mi ricordo...
Quell'uomo oggi c'è ancora, ma ormai non esiste più.
Ormai è perso in una mente che vacilla senza direzione.
Un uomo ha il diritto di vivere come vuole. E di morire senza dover necessariamente arrivare al punto di non riconoscersi allo specchio.
E senza che un figlio assista a tutto questo.
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