mercoledì 30 novembre 2011

Oddio, la Carrà!

A parte il fatto che Alessia Manfredi non mi fila per nulla su Repubblica in questo articolo - me la lego al dito, non compro più Repubblica fino a quando il nano smette di tingersi i capelli di plastica! - io continuo lo stesso a scrivere, tra l'altro, di quello che fanno i miei figli e di cosa, di rimando, riesco a combinare come figura paterna.
E per poi un giorno avere un diario di viaggio.

La novità di questo ultimo scorcio di mese di novembre è che Bianca balla. E come una forsennata.
Ogni volta che parte una musica, di qualsiasi tipo, con preferenza per quella musica leggera insulsa e odiosa - Pausini? qualcuno di XFactor? il Festivalbar se esiste ancora...) a lei parte la gambetta.
Fosse solo quello...
Si lancia in balli sfrenati con senso del tempo straordinario, creando coreografie e scene che neanche Don Lurio di sabato sera riusciva a inventare.
Io mi ritrovo, labbro a penzoloni e viso ebete, a guardarla esterrefatto, tra l'ammirato e quello che si pone mille domande. Le veline/ballerine in confronto sono delle dilettanti allo sbaraglio.
Ma chi glielo ha insegnato?
Ma dove ha imparato?
Ma perché pensavo di avere la possibilità di controllare tutto e invece non è così?
Ma cosa mi devo aspettare?
Ma sono scemo io?
E' drammatico, oltre che incredibile, per me vedere mia figlia alle prese con la sua crescita, e quindi, con la sua 'contaminazione' sociale, che avanza indipendentemente dalle mie volontà e dai miei orientamenti politici e culturali.
In questo, lo confesso, Bianca mi spaventa.
Se Andrea ha un suo carattere e un suo rigore più lineare, Bianca ha il senso della ribellione nel sangue e una voglia di vivere, sembra, più sfrenata.
Uno più 'omologato' e intellettuale; l'altra più 'trasgressiva' e ribelle.
Insomma, uno scriverà i testi di riferimento per la prossima rivoluzione; l'altra sarà a capo delle truppe.
Uniti nella lotta!
E chissà io dove sarò.

martedì 29 novembre 2011

Gli ultimi giorni

La vita a volte è curiosa.
La morte ancora di più.
In questi due giorni infatti si è accanita, un po' per natura un po' per casualità un po' per scelta, perseguendo l'obbiettivo chiaro e determinato di rendere il mondo più oscuro e povero.
Prima Ken Russell, visionario e 'folle' regista dai film turbolenti e provocatori.
Poi Saverio Tutino, voce gloriosa della rivoluzione cubana, dopo aver fatto il partigiano ed essere stato giornalista di premiate testate tra le quali svettano l'Unità e La Repubblica.
Di Tutino, se posso suggerire un libro al di sopra di tutti, consiglio l'Ottobre Cubano, una delle più lucide e affidabili analisi della rivoluzione cubana. È un vecchio libro, Einaudi.
E pi la notizia di questa mattina, terribile, tremenda, durissima da mandare giù.
Lucio Magri, spina nel fianco della sinistra tradizionale, co-fondatore de Il Manifesto, esperienza editoriale straordinaria da oltre 40 anni, esponente della sinistra, al tempo definita extra-parlamentare, uno dei padri di una stagione meravigliosa e ricchissima, ha deciso - in Svizzera, dove è consentito - di finire i suoi giorni tramite un suicidio assistito.
La notizia è un pugno allo stomaco.
L'origine di tutto ciò la sua depressione sempre più devastante, a seguito della morte della moglie.
La delicatezza del tema impone solo rispetto e silenzio.
Le analisi - anche di un'esperienza politica rivelatasi poi fallimentare - arriveranno.
L'aspetto curioso, anche se imperdonabilmente personalistico, è che ho iniziato a leggere il suo libro sulla sua storia politica - Il sarto di Ulm - proprio ieri sera...
Il mondo oggi si è risvegliato più povero e più triste.

venerdì 25 novembre 2011

I comunisti mangiano i bambini!

In questo periodo stralunato, in questi mesi di apnea da una vita normale e 'consapevole', la certezza è che i figli continuano a crescere.
Andrea ha spiccato un balzo in altezza notevole, gli sono venute delle lunghe gambe secche, mentre i capelli hanno fatto da contraltare opposto, allungandosi a dismisura e rivelando, non ci sono santi, un bambino bellissimo.
I lineamenti si sono fatti più dolci, gli occhi più profondi che mostrano uno sguardo attento e vigile.
Un figo, insomma.
E poi c'è la sorella, la signora Bianca dai capelli rossi e dalla voce squillante.
Bellissima bambina, che ha conquistato spazio in altezza, confermando la durezza e la determinazione del suo carattere. Ed è chiaro che uso degli eufemismi.
Da settimane, è indubbio, manifesta un malessere che ancora non si riesce a comprendere.
Ormai è quasi impossibile indossarle scarpe, di qualsiasi tipo, foggia, colore, dimensione, struttura, suola, estetica.
Il risultato è sempre lo stesso.
- Sono troppo largheeeeee!!!
Allora le stringi, fino a crearle un embolo, una strozzatura alle vene, fino a portarla all'infarto. Fino a quando le tue dita mostrano segni di torture, ferite da taglio, sangue a flutti.
E poi investi tutti i tuoi guadagni degli ultimi anni nell'acquisto di nuove scarpe, stivali, scarponcini, con tacchi...
Ma non serve. Sono sempre troppo larghe.
E quindi la situazione degenera.
Tutto questo succede, regolarmente, ogni mattina, quando le porte della scuola cominciano a cigolare nel loro solenne atto di chiusura.
Ma visto che la cosa diventa, dopo un po', noiosa anche per chi si lamenta e urla, la nostra attrice protagonista ha pensato di aggiungere qualche variante alla sceneggiatura originale.
- Non voglio andare a scuolaaaaaaa!, ora ci delizia.
Quindi ogni padre e madre moderni, consapevoli e attenti a ogni minima variazione che cosa fanno?
Cominciano a preoccuparsi, e te pareva.
E quindi si chiedono, si domandano, cercano di capire.
A scuola tutto bene, ci dicono. Con le eventuali compagne di giochi, tutto a meraviglia.
Insomma 'fuori' casa tutto ok.
Il problema, allora, è 'dentro'.
Richiesta di attenzione? Banale.
Mancanza d'affetto? Non credo proprio.
Suo fratello la vessa? Ma se è il suo schiavo...
I genitori la legano, la picchiano, la torturano e se la cucinano al barbecue? Non mi sembra proprio.
La risposta è una sola: boh!
Visto che mi occupo di comunicazione, terrò tutti informati sulle evoluzioni clinico-psico-intestinali di questa terribile vicenda.

giovedì 24 novembre 2011

Monolocale arredato

- Sono stanco, completamente sfinito, sussurra l'uomo con la barba.
Mesi e mesi di tensione, brutte nuove, lutti, difficoltà...
Mesi di grandi affanni.
- E allora? Chi credi di incantare?, gli risponde la signora che tutto sa.
Le donne, si sa, sono sempre più avanti, decise, determinate. Le donne sono multitasking, è noto. Noi no.
- Caspita, meno male che ci sei tu che aiuti il mondo quando è in difficoltà, risponde ironico.
- Non è quello... E' che siete sempre a lamentarvi, continuamente a piangervi addosso. Ormai siete dei piccoli uomini, ma soprattutto siete degli 'zero' maschi. E a noi tocca fare tutto, ma proprio tutto.
Le mancavano la bava alla bocca, le vene ingrossate sul collo e la mascella tirata, ed era il ritratto puntuale di uno di quei lottatori paradossali che qualche grottesco canale televisivo continuava a trasmettere.
Si gratta la barba. Scuote le spalle. Si guarda intorno.
La sensazione è quella di essersi messo nei guai.
Alla semplice richiesta, non esplicita, di un po' di solidarietà; al tentativo, forse un po' infantile, di appoggiarsi a una spalla amica per farsi coccolare; la risposta della controparte è stata durissima, violenta, e forse, chi lo sa?, dettata più che altro dall'esasperazione.
Ora fare marcia indietro è dura, durissima.
Cerca di prenderla sotto braccio.
Lei si divincola, violentemente.
- Ma perché stiamo litigando, se mi è lecito? domanda l'uomo dai mille difetti.
- Non è un litigio, è un punto di non ritorno.
- Non pensavo essere in un film di Bergman, allunga velenoso il barbuto. - Non pensavo stasera di dovermi preparare al duello finale, conclude.
Ora pare spiazzata.
Non avendo la barba, riversa tutto il suo nervosismo sui suoi lunghi capelli neri, arrotolandoseli tra pollice e indice.
Si guardano, negli occhi, fissi.
Lui le prende le mani, le bacia, avvicina il viso al suo, la abbraccia dai fianchi, tirandola a sé, dolcemente.
Lei si flette, non oppone resistenza.
I loro respiri aumentano di ritmo.
Le mani cominciano a cercarsi.

Poi tutto diventa grigio, le figure sbiadiscono, i suoni scompaiono e l'uomo con la barba, lentamente, apre gli occhi, ansimando.
- Un sogno, un maledetto e stupido sogno, si ritrova a mormorare.
E allora, ancora più lentamente, butta a terra i piedi, trovando il gelo del pavimento.
Si sfrega il viso, si stropiccia gli occhi.
Fuori è notte. Una notte calda e umida d'estate.
Si avvicina alla finestra.
E con un gesto consueto, abituale, automatico, impugna le sbarre della finestra, appoggia le guance sulle mani sudate e, fissando la luna piena di mezza estate, ricomincia a contare, con esasperante lentezza, gli anni alla sua liberazione.
- Uno, due, tre, quattro...

giovedì 17 novembre 2011

Bene, e ora?

Da oggi abbiamo il nuovo governo.
Tecnico.
Senza politici.
E ora?
Ora lacrime e sangue, o forse no.
Ora sacrifici, e questo sì.
E poi riorganizzazione dello stato.
Piani di crescita e sviluppo.
Detassazioni e ritassazioni.
Redistribuzione del reddito.
Equità sociale.
Investimenti in cultura e sui giovani.
Tagli ai costi della politica.
Insomma, il paradiso.
L'importante è crederci. E crediamoci.

Il problema è a monte ( di Monti...).
Come si fa, ammesso che quello sia veramente fuori dai giochi, a 'guarire' da diciassette anni di dissesto
dello stato
della giustizia
della cultura
della scuola
della coesione sociale
del rispetto tra gli uomini
del lavoro
delle imprese
della società tutta?
Quanti altri diciassette anni serviranno?
Troppe domande, zero risposte...

lunedì 14 novembre 2011

Un uomo solo al comando, di nulla

Uno crede di avere tutti gli strumenti, con l'età, per essere in grado di superare tutto, ma proprio tutto - sì con qualche disagio e tristezza - senza colpo ferire.
E invece la scorza presunta, l'immagine che vuoi dare, la parte che hai scelto di interpretare, di fronte alla morte, crolla. Crolla tutto.
Crolla tutto, in particolare perché la morte di mio padre ha coinciso con il fatto che ormai non ho più genitori.
È sostanziale. Il problema, se così lo vogliamo chiamare, non è che sia orfano. La parola orfano viene usata, nell'immaginario letterario soprattutto nel secolo scorso, per essere accompagnata a bambini soli e persi nel mondo, con tutti i risvolti drammatici e strappalacrime dei migliori/peggiori romanzi d'appendice.
Un adulto non è orfano. Quando definitivamente la natura fa il suo corso, un giorno ti ritrovi semplicemente e violentemente solo.
Ti ritrovi senza punti di riferimenti storici, senza i loro ricordi, senza i loro racconti. Ti ritrovi con una casa piena di vite vissute ormai muta, polverosa, abbandonata, vuota.
La morte di un genitore ti costringe a fare i conti con il tuo passato. E rimane in vita la speranza di spiegare, di capire, di continuare a sperare.
Ma la morte di 'tutti' i genitori è, scusate il gioco macabro di parole, tombale.
Non puoi capire più nulla, non puoi dire più nulla, non puoi raccontare più nulla.
A chi?

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...