giovedì 24 novembre 2011

Monolocale arredato

- Sono stanco, completamente sfinito, sussurra l'uomo con la barba.
Mesi e mesi di tensione, brutte nuove, lutti, difficoltà...
Mesi di grandi affanni.
- E allora? Chi credi di incantare?, gli risponde la signora che tutto sa.
Le donne, si sa, sono sempre più avanti, decise, determinate. Le donne sono multitasking, è noto. Noi no.
- Caspita, meno male che ci sei tu che aiuti il mondo quando è in difficoltà, risponde ironico.
- Non è quello... E' che siete sempre a lamentarvi, continuamente a piangervi addosso. Ormai siete dei piccoli uomini, ma soprattutto siete degli 'zero' maschi. E a noi tocca fare tutto, ma proprio tutto.
Le mancavano la bava alla bocca, le vene ingrossate sul collo e la mascella tirata, ed era il ritratto puntuale di uno di quei lottatori paradossali che qualche grottesco canale televisivo continuava a trasmettere.
Si gratta la barba. Scuote le spalle. Si guarda intorno.
La sensazione è quella di essersi messo nei guai.
Alla semplice richiesta, non esplicita, di un po' di solidarietà; al tentativo, forse un po' infantile, di appoggiarsi a una spalla amica per farsi coccolare; la risposta della controparte è stata durissima, violenta, e forse, chi lo sa?, dettata più che altro dall'esasperazione.
Ora fare marcia indietro è dura, durissima.
Cerca di prenderla sotto braccio.
Lei si divincola, violentemente.
- Ma perché stiamo litigando, se mi è lecito? domanda l'uomo dai mille difetti.
- Non è un litigio, è un punto di non ritorno.
- Non pensavo essere in un film di Bergman, allunga velenoso il barbuto. - Non pensavo stasera di dovermi preparare al duello finale, conclude.
Ora pare spiazzata.
Non avendo la barba, riversa tutto il suo nervosismo sui suoi lunghi capelli neri, arrotolandoseli tra pollice e indice.
Si guardano, negli occhi, fissi.
Lui le prende le mani, le bacia, avvicina il viso al suo, la abbraccia dai fianchi, tirandola a sé, dolcemente.
Lei si flette, non oppone resistenza.
I loro respiri aumentano di ritmo.
Le mani cominciano a cercarsi.

Poi tutto diventa grigio, le figure sbiadiscono, i suoni scompaiono e l'uomo con la barba, lentamente, apre gli occhi, ansimando.
- Un sogno, un maledetto e stupido sogno, si ritrova a mormorare.
E allora, ancora più lentamente, butta a terra i piedi, trovando il gelo del pavimento.
Si sfrega il viso, si stropiccia gli occhi.
Fuori è notte. Una notte calda e umida d'estate.
Si avvicina alla finestra.
E con un gesto consueto, abituale, automatico, impugna le sbarre della finestra, appoggia le guance sulle mani sudate e, fissando la luna piena di mezza estate, ricomincia a contare, con esasperante lentezza, gli anni alla sua liberazione.
- Uno, due, tre, quattro...

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