mercoledì 27 aprile 2011

Insolite novità

Ero emozionato come un bambino.
Come quando ti svegliavi la mattina di Natale e indugiavi nel letto in attesa di fare irruzione in salotto dove Babbo Natale aveva riversato ogni ben di dio. Quella felicità pura, quella voglia di prolungare quegli attimi, quel fiato che si spezzava in gola.
Così mi sentivo, ieri...

Mi sono fatto la doccia la mattina, mi sono vestito elegante come il primo giorno di scuola - mancava solo il farfallino e i calzoni all'inglese. Poi sono andato al lavoro, con il fiatone dell'attesa, ho cercato tutta la giornata di concentrarmi senza successo sulle cose da fare, ho partecipato a riunioni in cui la mia mente era lontana anni luce, ho parlato con persone senza ascoltare un'acca di quello che dicevano, ho telefonato sbagliando regolarmente numero... insomma ho vissuto in apnea per tutto il giorno contando le ore, poi i minuti a quanto doveva accadere in serata.
Non sono riuscito nemmeno a mangiare, con lo stomaco chiuso, serrato, blindato.
E poi finalmente, la sera, con il sole che già si nascondeva arrossato tra i palazzi della città, con gli uccelli che cominciavano a volare radenti alla ricerca degli insetti ormai stanchi della giornata, con il ritmo cittadino che tentava di rallentare contro ogni resistenza, con le strade che piano piano riconquistavano i loro spazi, finalmente, io, dopo sei anni e rotti (da quando è nato Andrea...) sono riuscito ad andare al cinema!
Un'emozione oltre ogni limite.
A partire dall'acquisto del biglietto. Ora si può scegliere le poltrone (fantascienza!), i posti sono numerati (pazzesco!) e non devi entrare con la scimitarra per conquistare la poltrona che vuoi passando sul cadavere dei tuoi simili meno scaltri di te.
Poi gli spazi: ci stanno le gambe!, e poi le poltrone imbottite, una volta solo esclusività dei cinema di altissimo bordo (ricordo il President ora scomparso...).
Insomma per una sera mi sono sentito il 'provinciale' cascato nella grande città, alle prese con tutte le novità che aveva sempre sognato e che non aveva mai visto. Ubriaco di luci e di rumore.

Per la cronaca mi sono sciroppato Habemus papam, del prode Moretti.
Bellissimo film, delicato, struggente, e divertente, che ci sbatte in faccia non tanto il tema del mondo ecclesiastico chiuso al mondo e fuori dal tempo, ma quello dell'inadeguatezza dell'uomo a vivere il suo ruolo, la sua vita, il suo dolore.
Bello andare al cinema. Credo proprio che nei prossimi sei anni ci riproverò.
I figli sono gioie...

giovedì 21 aprile 2011

zzzzz...., bam!, presa!

La bella stagione, si sa, porta calore, asciuga le ossa, non costringe a coprirsi come degli astronauta, facilita gli spostamenti e aiuta anche il buon'umore.
Ma non è tutto oro quel che luccica.
Per esempio la zanzara, ancora di là da venire, è comunque una vera noia, spaventosa noia.
In attesa che l'ennesima non-disinfestazione del comune plani sulla città, ci pensano i miei figli a ad assumersi il ruolo.
Ieri, salendo in montagna per le feste pasquali, i due hanno pensato bene di punzecchiarsi, provocarsi, darsi fastidio in tutti i modi, per quasi tutto il viaggio.
E tale è stato l'immedesimarsi nel ruolo dei fastidiosi insetti volanti, che a un certo punto Bianca, sempre più avanti di tutti noi messi insieme, comincia fisicamente, allungando un braccio da una parte all'altra dell'auto, a 'pungere' il fratello, ormai semi-addormentato e con la palpebra cascante.
Lei zac punge, zac mordicchia, zac sfinisce.
E lui? Sempre più di qua che di là fa finta di non accorgersi, senza darle soddisfazione.
E lei, genio del teatro dell'assurdo che urla allora?
- Ma mamma, con quella voce piagnucolosa che entrambi hanno quando devono recriminare qualcosa, io ho punto Andrea con il mio pungiglione e lui non vuole di grattarsi dove gli fa prurito...
Gli esistenzialisti prima, Ionesco e Beckett dopo sono solo dei dilettanti allo sbaraglio della mente umana e del 'dolore di vivere'.
Per la cronaca Andrea, rappresentante dei materialisti dormienti, ha continuato a dormicchiare senza cedere alle provocazioni.
Una volta in montagna tutto è dimenticato.

martedì 19 aprile 2011

Notare prego...

Il genio, il migliore della classe, il raffinato intellettuale che occupa indegnamente un banco alle scuole primarie invece che una cattedra alla Normale di Pisa, - cioè Andrea, primogenito della sagrada famiglia - bene questo bambino si è beccato, secche secche, due note sul quaderno di matematica per non avere finito le addizioni.
Due, non una..., e nella stessa giornata. Roba da esecuzione capitale.
Perché si distrae, perché fa casini, perché pensa alle figurine, perché sogna a occhi aperti!
La cosa viene scoperta domenica mattina, dopo un sabato fuori città, al momento di fare i compiti del week end. Figurarsi se lui ne fa menzione!
Alle nostre rimostranze, la risposta è stata che 'erano troppe, che si annoiava, che erano tutte uguali, che ormai le sapeva fare, quindi...
In pratica, in linea con il nostro magico momento storico, le regole se le fa da solo, se le traccia, se le segue, e se non ne ha voglia le abbandona.
Mi ricorda qualcuno...
Comunque punizione esemplare. Niente figurine per un tot (io dicevo un mese ma la madre più morbida dice una settimana o poco più), e controllo stretto di quello che fa e soprattutto di quello che dice.
Il problema è che il ragazzo sta imparando a dire le cosiddette 'ballette', piccole bugie con le quali adatta la realtà a suo uso e consumo e con le quali aggira gli ostacoli che gli si parano di fronte.
Senza farne un dramma, la cosa non mi piace, è figlia di una cultura lontana dalla mia, e mi crea disagio.
Per i compiti, a parte la faccia dura di fronte a lui e l'intransigenza conseguente, sotto sotto sorrido. Pensavo di avere creato un mostro tutto perfettino e allineato, ma vedo che anche lui ha le sue sbandate, le sue trasgressioni, che se controllate, lo fanno crescere meglio.
Gli avrei tolto la pelle di dosso però...

lunedì 18 aprile 2011

Materialismo dialettico

Bianca è stata malata per quasi un mese. Devastante, sia dal punto di vista organizzativo, sia da quello ambientale.
Si è ammalata il giorno del compleanno del Bel Paese e - a parte l'interruzione di un paio di giorni -  e torna a scuola oggi. E tutti incrociamo le dita, i piedi, gli occhi anche qualcos'altro a piacere.
L'altro giorno, a casa con lei, le chiedo se vuole venire con me - in un toccata e fuga - in ufficio a recuperare il mio computer. In auto, veloci, senza prendere freddo.
Mi aspetto il solito delirio di 'non voglio, no, non ci vengo', e invece, visto che non ne può più di essere agli arresti domiciliari, urla un 'Sìììììì' a squarciagola che fa ben sperare.
Bene, ci organizziamo.
Maglietta, jeans, golf, giacca, scarpe e si esce.
Lei è splendida nel suo abbigliamento grunge, molto anni '70, molto casual (cioè proprio casuale...).
Nel tragitto ci fermiamo a un semaforo. Di fronte a noi una signora, che attraversando la strada, mostra al mondo intero, orgogliosa, la sua sigaretta.
Mai sia.
Bianca la vede e mi urla nelle orecchio, dal suo trono di viaggio:
- La signora fuma. È vero che non si deve fumare?
- È vero Bianca, rispondo io, noioso padre salutista, di sinistra e consapevole nella sua paternità moderna e solidale.
- Perché?, ribadisce lei
- Perché inquina l'aria, fa male alla persone che le vivono vicino, e la fa ammalare ai polmoni, e non solo.
- Ah, conclude la donna dei miei sogni.
Scatta il verde, io riparto e mi avvicino al mio ufficio.
Ma io so che non è finita lì.
Altro semaforo rosso.
- Papi (da un po' di tempo mi chiama così, e non avete idea di come mi fa innervosire, e quando vuole blandire si spinge addirittura fino al 'Papino', roba da far uscire di senno).
- Dimmi tesoruccio, rispondo digrignando i denti e stringendo il volante come volessi frantumarlo.
- Io non ho mai fumato, neanche da piccola (!). E allora, perché mi ammalo sempre?
A mia figlia, Marx, non fa neanche un plissé.

venerdì 15 aprile 2011

Designer, nostro profeta

Ieri, per necessità professionale, ho fatto un salto al Fuori Salone, l'area della città dedicata agli eventi, alle iniziative, alle performance e non so a che cos'altro.
Espletate le necessità di lavoro, era l'ora di cena, mi sono detto: 'perchê non fai un bel giro, eh?'.
E siccome sono scemo mi sono pure risposto, 'che ideona, perchê no?'.
Bene, eccomi così al centro della multitudine umana che come un mare in tempesta prendeva a crescere minuto dopo minuto. Uno tzunami.
Migliaia di persone, giovani per lo più, alla ricerca di cose da vedere, di emozioni, o semplicemente di una serata all'aperto.
A parte che è ritornato un freddo cane, la domanda ferale, assoluta, secca che è fiorita alle mie labbra è stata: ma per essere nel design è assolutamente, totalmente, irrimediabilmente, mondialmente obbligatorio essere vestiti da pirla?
Qualcuno mi risponda, così riprendo a dormire il sonno dei giusti. O almeno il sonno.

mercoledì 13 aprile 2011

Rido a crepapelle

In questo clima surreale che stiamo vivendo, di dittatura strisciante, di processi che non si fanno, di leggi che urlano vendetta, di meschinità impositive, di schifezze abnormi, di urticanti visi, di straordinarie furfanterie, di frottole incredibili, di fronte a un clima come questo, dove bisognerebbe indignarsi, urlare, spaccare tutto, ribellarsi, impegnarsi per scambiare le cose, organizzarsi, per lo meno irretirsi, l'unica cosa che mi spunta sulla bocca è una risata, una roboante, isterica, irriverente, immancabile risata.
Non si può non ridere, disperatamente, di uno che dice che paga le donne per fare in modo che non vengano pagate.
Non si può non ridere di un uomo che aizza la folla sotto un tribunale dicendo che vuole giustizia e delegittimando chi la giustizia la persegue per lavoro e per missione.
Non si può non ridere, a crepapelle!, di un gruppo parlamentare che si autodefinisce 'I responsabili' e che improvvisamente, ma chissà perché?, salta da una parte all'altra del Parlamento.
Non si può non ridere di ville, campi da golf, villaggi vacanze, defiscalizzazioni formidabili, quando a cento metri la gente, disperata, muore annegata.
Non si può non ridere di uomini tappi che si mettono i tacchi, di uomini calvi che si incollano i capelli.
Non si può non ridere delle 'serate eleganti ed esclusive', del ruolo dell'Italia a livello internazionale, delle barzellette di fonte ai sindaci e agli studenti.
Non si può non ridere della compattezza della maggioranza, tutti in fila, come bravi scolaretti.
Bisogna ridere, con la pancia in mano, come faceva il gatto Felix.

Ridi, ridi che la mamma ha fatto i gnocchi...

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...