martedì 12 giugno 2018

Un mondo che se ne va

E siamo giunti alla sera precedente degli esami di Andrea, terza media.
E non mi par vero.
Ora è più alto di sua madre, adolescente fino al midollo, un po' impegnato, un po' scemo, pieno di sé e consapevole però della sua scarsa esperienza di vita.

E stasera, io e lui da soli, guascone e strafottente - e perfettamente conscio delle sue forze e intelligenza - mi ha liquidato prima di andare a letto con un secco e adulto 'A domani', lasciandomi un po' male perché volevo un po' parlare con lui.
Ma poi, una mezz'ora dopo, mi ricompare davanti e interrompe la mia pizzosissima e impegnativa lettura dell'ennesimo libro di letteratura islandese, stralunato, con gli occhi pesti di chi si è appena svegliato e, bofonchiando agitato, mi butta lì:
- Ma poi, lo zaino per domani l'hai preparato?
- Io? gli domando spiazzato. - Io non ho fatto niente.

Oggi, dovete sapere, alla consegna dell'ultima pagella delle medie, la professoressa coordinatrice ha scritto sulla lavagna alcune indicazioni su cosa portare nella sessione di tre giorni degli scritti. Per domani, il tema, sono solo richieste due penne - nere!!! - e il dizionario.
E Andrea ha deciso che il dizionario vero e proprio non lo porterà - Le parole o le sai o non le sai, cosa mi serve il dizionario? -, ma opterà per quello dei contrari e dei sinonimi.
Ci siamo messi alla ricerca del tomo, l'abbiamo trovato, ho recuperato non so come veramente due penne nere, gli ho trovato uno zaino e ho completato l'opera.
Lui era già tornato a letto, con gli occhi chiusi, ma non dormiva.
Mi sono avvicinato, mi sono seduto sul letto, e come quando era piccolo e non voleva dormire, gli ho accarezzato la testa e il viso e nel giro di qualche secondo, proprio come allora, ha preso sonno. Non prima di uno sguardo di risentimento verso un gesto ormai da dimenticare.
E allora sono rimasto lì, immobile come allora, per non svegliarlo alzandomi, fino a quando il respiro regolare mi ha avvertito che il sonno era ormai giunto.
L'ho guardato, mio figlio.
Il viso bello e determinato, le lunghe braccia attorno al corpo di certo non da gladiatore, le lunghissime gambe pronte a spiccare un'altro salto verso la vita.
Quasi quattordici anni e, come si dice obbligatoriamente in ogni famiglia italiana degli ultimi cento anni, 'mi sembra ieri quando ancora...' non camminava, quando era sulle mie spalle, quando succhiava latte e ingurgitava pappine stomachevoli, quando lo lanciavo alla velocità della luce sull'altalena facendogli il solletico sui fianchi.
Mi sembra ieri, ma non lo è più. E nulla è più come ieri.

Ora la vita è tutta sua, il futuro nelle sue mani.
L'anno prossimo sarà al liceo scientifico migliore di Milano (e tra i migliori d'Italia), sarà la prima vera uscita dal guscio familiare, sarà un impegno forte e senza tregua, sarà un altro mondo, altre comunità, altre sfide, altre gioie.
Spero di poter vivere tutto questo, con lui.
Spero di non perdermi nulla.

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