venerdì 2 dicembre 2016

Softly, as I leave you

L'altra sera, sulla poltrona, mentre leggo, solo a casa.
Un silenzio surreale, una pace quasi stralunata.
Il libro sulle ginocchia, gli occhiali inforcati, alle prese con un libro che parla di vecchiaia, di tempo che passa, di vite che cambiano.
Un libro triste, che ti sbatte in faccia i percorsi, gli anni, gli errori e le gioie.
In sottofondo, come poco spesso mi capita, una musica. Una playlist su Spotify di Frank Sinatra.
Adoro Sinatra. Ha il potere di trasportarti nel passato senza trascinarti nella nostalgia (canaglia).
Crea un'atmosfera di eleganza, di esclusività, di limpidezza che nessun altro è in grado di costruire.
Ti fa sognare, ti fa volare via, ti fa tornare indietro, ti abbraccia, con quella voce limpida, cristallina, senza mai un cedimento.
Una sensazione straordinaria.
Si alternano le pagine triste del libro con le hits più famose del cantante americano.
Poi, a un certo punto, come ci fosse un regista, uno sceneggiatore, un compositore e un tecnico del suono lì intorno a me, le pagine del libro parlano di abbandono, di persone che si amavano e che non si amano più, di braccia che fino a quel momento hanno avvicinato e che ora, improvvisamente, cercano solo di allontanarsi. Raccontano di parole d'amore sussurrate che ora raccontano solo indifferenza e lontananza.
E dall'impianto stereo improvvisamente si scatenano le dolci note di una canzone di Sinatra che non avevo mai sentito. Una canzone che parla di dolce abbandono, forse di un amore finito, di lacrime.
Mi blocco. La canzone è degli inizi '60, lenta, in una sorta di crescente armonia, breve.
La cerco sulla rete.
Scopro che è una cover (una volta tanto) di una canzone italiana cantata da Mina, credo proprio nel 1960.
"Softly as I leave you", questo il titolo. In italiano "Piano".
Chiudo il libro e chiudo gli occhi. Piano piano...


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