Ogni volta il cuore va a mille, la respirazione aumenta a dismisura. Anche le gambe sembrano non reggere la tensione, facendomi sentire insicuro, instabile.
Mi avvicino al cancello, verde ancora per poco, con la ruggine che ormai ha preso il sopravvento e tra poco avrà vinto completamente la sua guerra.
Lo spingo. Come da copione cigola, in modo sinistro, manco fossimo in un film del grande Hitch.
Entro e comincio a percorrere il vialetto centrale.
E' la parte vecchia, quella originale, quella antica.
Le lapidi che riposano ai margini del viale sono ben curate, disposte in modo ordinato. Sono quelle in cui riposano coloro i quali se ne sono andati da più tempo. Lo conferma le date, ma soprattutto i nomi, vecchi, di altre epoche, di altre vite.
Si alternano Dina con Egidio, Onorina con Purissima, Rodolfo con Pierina. Un salto nel passato.
Arrivo fino in fondo, dove si apre un varco verso la parte nuova del cimitero, fatta di un'entrata ulteriore davanti a una scalinata sontuosa e inutilmente roboante, un cappella orribile e, finalmente, i lucernari riservati anche ai non residenti.
Percorro gli ultimi metri, sbirciando come ogni volta le tombe a terra che sono sdraiate davanti ai lucernari. Sono sempre le stesse, ormai nomi e fotografie diventate compagne di viaggio.
Raggiungo la parete meridionale e prima di alzare gli occhi a quelle tre lapidi vicine tiro come di consueto un lungo sospiro, come se dovessi cominciare un esercizio fisico molto impegnativo.
Finalmente guardo, rileggo i nomi di quelli che erano la mia famiglia, ormai anni fa.
Le montagne intorno creano uno scenario formidabile, di gran conforto, di protezione.
Guardo le foto, i pensieri si arrotolano su se stessi, mischiando tristezza a ricordi, senso di vuoto ad affetto infinito.
Le foto mi guardano, immobili.
Io abbasso gli occhi, intimidito.
Per la prima volta mi ritrovo a parlare con loro, apro una discussione, mi lascio andare a richieste di aiuto, chiedo notizie, informazioni, rivelazioni.
Mi sento stupido. Poi tutto finisce, come se non fosse mai iniziato.
Lancio un ultimo sguardo, di saluto.
Una solitudine assoluta, dolorosa, irrimediabile mi assale.
E le lacrime cominciano a bagnare il mio viso. Ancora una volta.
lunedì 12 dicembre 2016
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