Aldilà di una più riflessiva e approfondita riflessione sulla democrazia - quella che conosciamo noi, mi sale alle dita la necessità di fare un piccolo, piccolissimo!, ragionamento sul referendum - in quanto strumento di consultazione, approvazione o abrogazione - di una qualsiasi iniziativa o legge.
La riflessione mi viene automatica oggi dopo questo weekend dove il popolo de noantri è stato chiamato a esprimersi in diversi paesi, in attesa della madre dei referendum che si accinge a partorire il suo scaraffone all'inizio di dicembre.
Ungheria. Non entro nel merito del quesito e della schifosissima operazione di quel'oscuro ungherese che è a capo del paese oggi. E del quesito, sporco e inaccettabile.
Ma leggo ieri sera che il risultato scontato (oltre il 95% di no alle norme europee in tema di migrazione) non è valido perché non si è raggiunto il quorum. Poco sopra il 40% la partecipazione.
Colombia. Poi stamattina leggo di nuovo che il referendum che doveva approvare l'accordo con le Farc non è passato. L'accordo mette la parola fine a 50anni e più di guerra civile che ha fruttato nulla tranne che centinaia di migliaia di morti.
La Svizzera vive di referendum. Ne ha appena tenuto uno in cui si limita in modo sostanziale l'assunzione di lavoratori stranieri a favore di quelli locali. Poi voglio vedere chi gli fa il pane e chi asfalta le strade...ma tant'è.
Senza parlare della Brexit...
Ecco.
La consultazione del 'popolo', una demagogia abilmente diffusa per sottoporre al popolo stesso temi di natura specifica che dovrebbero essere, a mio parere, esclusivi della politica, delle sue dinamiche, e di chi ha a disposizione strumenti approfonditi.
Il 'popolo' non può essere consultato su qualsiasi cosa, non ha la capacità ed è, facilmente, manovrabile.
Non è un caso che proliferano consultazioni popolari su temi chiaramente populisti, promossi dalle parti più retrive e conservatrici dei quattro angoli del paese, in cui i promotori fanno leva su paure, ignoranze e ristrettezze mentali.
Il nostro del 4 dicembre è borderline. Richiede dimestichezza di valutazione, conoscenze della costituzione che nessuno ha, sensibilità politica, elementi di base sulle dinamiche parlamentari e capacità di giudizio. Invece la gente andrà a votare, grazie a quel vago tentativo di 'ridurre i costi della kasta', quando invece l'obbiettivo è ridurre gli strumenti di controllo del parlamento e tracciare chiaramente la strada verso un premierato forte e quindi uno stato presidenziale.
O si fa un esame di abilitazione prima di votare o è inutile consultare il 'popolo'. Che sa tutte le formazioni del calcio e conosce a memoria l'ultima canzone del rapper nostrano, e nulla più...
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