giovedì 29 settembre 2016

My way

Viaggio a Roma.
A parte un incontro, insperato, estremamente affascinante e che sicuramente avrà una sua evoluzione, a metà pomeriggio, in attesa di incontrare mio fratello almeno per un saluto, mi ritrovo a passeggiare per via del Corso. 
Roma è ormai invivibile, è un caos a cielo aperto, ma rimane - se sei capace di guardare 'oltre' - uno dei luoghi della terra più seducenti e affascinanti di questo maledetto mondo.
Mi infilo nelle vie piccole che circondano il mondo della politica.
Il ponentino si è alzato, il sole sta cominciando a sdraiarsi, il cielo fino a poco fa azzurro intenso comincia a colorarsi di giallo, arancio, rosso. Una sensazione - nonostante il casino diffuso e reiterato che mi circonda - di pace comincia a risalire lungo la schiena. Sembra di tornare indietro nel tempo.
Arrivo in una piazzetta, con dei portici.
Un suono in lontananza, vicino a dei tavolini di un bar, pieno di turisti, di gente.
Un uomo, anziano e un po' dimesso imbraccia un violino. Si dimena, si agita per accompagnare il suono delle corde solleticate dall'architetto. Non sembra recitare, è realmente catturato dall'armonia che riesce a sprigionare.
Io tiro dritto, quasi lamentando un'intrusione, o meglio un'interruzione del relax raggiunto. Ma è solo un attimo, mi blocco immediatamente. Il violinista di strada sta suonando My way di Frank Sinatra. 
Una canzone straordinaria, che resiste nonostante l'assenza della voce formidabile del cantante americano.
Mi fermo a sentire. Poi lo lascio.
Ritorno sulla via del corso, risalendolo. Sfilo di fronte a quegli orribili negozietti che affollano la parte più alta della strada. Ragazzi in libera uscita, anziani a braccetto, carrozzelle, promoter che cercano di rifilare l'ennesimo volantino, poliziotti in assetto di guerra...
Poi in lontananza il suono di un sax. Man mano che mi avvicino le note cominciano a distinguersi. Vedo il suonatore. È un uomo gigantesco, con una pancia che potrebbe essere sequestrata come arma impropria, seduto su una di quelle sedie anni '60 fatte di 'corde' di plastica semi elastiche.
Grazie a quei polmoni, pur essendo seduto, il suono è potente, forte, deciso. 
Sta suonando My Way...
Ascolto per un po' anche questa versione, sorridendo sotto i baffi, per la strana coincidenza. 
E subito malignamente penso anche 'ovvio, è pieno di turisti americani, il business è business'. E tiro dritto.
Arrivo finalemente in piazza del popolo. Casino assoluto, tra poco inizierà una manifestazione sindacale. 
La attraverso velocemente, non ho voglia di nulla.
Salgo un po' per raggiungere una posizione elevata e vedere la piazza dall'alto, da Villa Borghese. È uno dei posti più belli del mondo. 
Arrivo alla balconata, guardò giù, faccio una foto, respiro il vento dolce che si infila tra i capelli. Tutto è sublime, quasi onirico.
Mi volto verso la villa. A pochi passi un ragazzo seduto per terra, fuma una sigaretta e impugna una chitarra. E comincia improvvisamente a suonarla. E a cantare.
My way...
Mi fermo ad ascoltare anche quella versione, un po' ritmata e accelerata rispetto alle altre due. Ha voce potente il ragazzo, un'ottima pronuncia, forse non è italiano.
Lo ascolto fino alla fine. Gli butto qualche moneta nella custodia distesa ai suoi piedi ad hoc per le offerte.
Ma non mi trattengo nel domandargli:
- Ma qui a Roma suonate tutti la stessa canzone?
Lui mi guarda, mi sorride, scuote la testa dolcemente. È bellissimo, quasi biondo, fisico atletico, e una dolcezza nel viso quasi femminea. Penso con invidia che farebbe, e farà, girare la testa a metà delle ragazze romane.
Alza gli occhi dalla chitarra e mi sussurra:
- Solo oggi. Solo qui. È perché vogliamo tutti ricordarti la tua nuova 'strada', l'arrivo della tua nuova vita.
Io rimango a bocca aperta. 
Lui se ne va agitando una mano in segno di saluto.
Io scendo, il fratello ormai aspetta. 
Una nuova vita...

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