Sono passati pochi giorni, pochissimi, ma si sa in casi di emergenza è necessario muoversi velocemente, senza perdere tempo. Il male va estirpato sul nascere, sennò addio core, come dicono nella capitale di non si sa che.
Quindi mi organizzo.
Attendo l'imbrunire, soprattutto per aspettare il fresco. Ma anche perché LORO, in quel momento della giornata, escono all'aperto, si mettono in cerca, sono liberi da impegni lavorativi o familiari.
Mi vesto in modo adeguato.
Bermuda comodi con tasche che servono alla bisogna. Maglietta polo fresca. Calze basse e scarpe da corsa perché a volte la velocità significa salvezza.
Esco da casa mia, mi dirigo verso il centro, sono ormai le 19,00 passate.
Cielo ancora azzurro, arietta ristoratrice che aiuta a detergere il sudore, luce da tramonto che si allunga tra le vie creando un'atmosfera che il Fernet Branca ai tempi di Carosello se la sogna.
Posteggio la moto dalle parti di Cairoli, così sono in posizione strategica: a sinistra il Castello con il Parco Sempione alle sue spalle - sicuro terreno di battaglia, a destra via Dante e quindi poco dopo il Duomo e tutto il corso, con relativa Galleria. Sicuramente altri luoghi dove posso trovarli.
Fa ancora caldo, decido di prendermela comoda.
Un gelato aiuta a ingannare questi ultimi minuti: cioccolato e nocciola, niente di più vintage, ma insomma a me piacciono le creme e non reggo i gusti alla frutta, tanto meno quelli inventati da qualche ufficio marketing spigliato e svogliatamente creativo.
Decido prima per la zona del Duomo. Piano piano escono dagli uffici - mica si esce alle sei qui a Milano, che credete? - e quelli che si fiondano a casa se ne vanno, ma molti si riversano per le strade, o per qualche shopping compulsivo oppure per aperitivi, apericena, cena con aperitivo e peggio di tutti, happy hour.
Ho tutto quello che occorre. Lo zaino è pieno. E ho riserve di munizioni infinite, almeno per il mio obiettivo di oggi. Occhialoni stile Sophia Loren in Ieri, oggi e domani, per non farmi riconoscere.
C'è molto caos quindi è difficile individuarli. Proprio come gli alieni che vivono tra di noi e che possiamo riconoscerli solo con qualche banale espediente.
Ecco, ne vedo uno. Lo distingui perché impugna lo smartphone in orizzontale e soprattutto non sembra digitare, scrivere e neanche navigare. Si vede che 'cerca' qualcosa.
Io non ne sono certo e quindi vado con circospezione verso di lui. Poi vedo che si guarda in giro, ricontrolla il display, sembra illuminarsi gli occhi come se avesse trovato qualcosa, fa qualche rapido gesto sul telefono e poi visibilmente esulta.
Allora sono certo, è uno di loro.
Mi avvicino, lo affianco. E' uno di quelli che un tempo avremmo definito yuppies. Vestito grigio, scarpe nere, camicia e cravatta allentata come da copione. Lavora in banca o in qualche Sim o in chissà quale studio di consulenza. Non arriva ai trenta. Ormai mi sembrano tutti miei figli.
Mentre lo affianco vedo che sorride tra sé, ed è visibilmente soddisfatto.
Allora sono certo, sta giocando a Pokemon Go.
Allora tutto diventa rapidissimo.
Giro lo zaino verso di me, lo apro, afferro la mia arma, mi avvicino impugnandola, lo guardo negli occhi, lui si gira, mi vede, non capisce cosa voglia da lui ma lo sguardo comincia a mostrare qualche preoccupazione, io lo fisso strizzando gli occhi con il chiaro intento di infondergli paura, anzi terrore.
Allora lui ha una reazione che non mi aspettavo. Cerca di scappare, il pavido, senza neanche prima capire cosa gli sta succedendo. Tutti firmati da capo a piedi ma senza palle.
Ma siamo sotto i portici di corso Vittorio Emanuele, pieno di colonne e io, svelto come un gatto, lo inchiodo con una mano al primo pilone di marmo, afferrandogli il braccio e impedendogli di fatto qualsiasi movimento.
Mi guarda ormai impaurito. Io lo guardo come faceva Lee Van Cliff negli spaghetti western di Sergio Leone.
E a quel punto scatta l'operazione.
- Complimenti, caro giocatore di Pokemon Go. Oggi hai vinto!
Alzo la mia mano e gli metto tra le braccia il libro pensato per lui. 'Allegro ma non troppo, le leggi fondamentali della stupidità umana, di Carlo M. Cipolla.
- Leggi un po' va, pirla!!!, aggiungo e mi giro e scappo dal luogo del delitto.
Ripeto l'operazione al Parco vicino ai laghetti dove ci sono le paperette e i cigni, questa volta con una giovane ragazza che tra una consulenza di comunicazione e una riunione internazionale si agita, con il suo tailleur firmato, tra gli alberi secolari del parco alla ricerca di qualche inconsistente e surreale essere da cacciare.
Lei mi vede a un certo punto e comincia a scappare (chissà cosa pensa) ma io la raggiungo facilmente e le metto in mano con viva soddisfazione 'Il Postino' di Skarmeta e le urlo in faccia con tutta la veemenza che ho in copro:
- Complimenti, cara giocatrice di Pokemon Go. Oggi hai vinto!
- Leggi un po' va, demente!!!.
Poi scappo, lei fa altrettanto, e voltandomi la vedo correre con il suoi tacco 12 attraverso un prato, sperando che qualche cane dell'alta borghesia meneghina abbia risolto proprio lì i suoi periodici convulsi dolori intestinali.
Basta. Due al giorno levano il medico di torno.
Io di questo mondo non ne posso veramente più.
martedì 19 luglio 2016
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