domenica 6 settembre 2015

Da scriverci un libro/2

Mi domando, un giorno, che fine abbia fatto il mio vecchio amico scaricato brutalmente dalla sua donna e alle prese con la sua crisi post abbandono.
Avremo quasi sessant'anni, avremo ormai la scorza dura, ma soprattutto sapremo recitare straordinariamente mascherando anche quello che non deve essere nascosto, ma comunque sempre di carne siamo, e la sofferenza ti logora dentro, inesorabile e ti porta alla pazzia.
Lo chiamo, giusto per fare il gesto dell'amico che si preoccupa, anche se la funzione del confidente non l'ho mai sentita troppo mia.
- Allora? Come va?, gli butto lì senza neanche un ciao, così come se ci fossimo sentiti pochi minuti prima.
- Da dio!, mi risponde senza esitazioni, come se fosse veramente la verità vera.
Allora prendo un bel respiro, conto fino a dieci, mi gratto il naso, mi accendo una sigaretta anche se non fumo e poi finalmente cerco di controbattere con qualcosa di sensato.
Ma vengo anticipato da lui, che mi urla addosso:
- Mi hai telefonato per fare il gioco del silenzio? Va bene parlo io, visto che so che non mi credi, che pensi che sia solo una posa frutto di una qualsiasi droga lecita o illecita, che in fondo sono sull'orlo del suicidio e che il mondo sta crollando intorno a me. Ma ti assicuro che non è così.
- Ma io veramente..., cerco di intervenire ma vengo zittito subito.
- No guarda lascia parlare me che è meglio.
E comincia un intervento che mi lascia senza fiato.
- Io non vedo che lei, non penso che a lei. Ogni cosa che faccio, tutti i giorni, non fa che portare la mia mente e il mio cuore a lei, non riesco a staccare un attimo della mia giornata senza che lei entri prepotentemente nella mia quotidianità.
E continua.
- Numeri? vedo solo il numero della sua casa.
Luoghi? Sento solo il nome della via in cui vive, la città dove vive, le sue origini, i luoghi dove è andata in vacanza. Sento solo il suo nome pronunciato. Ogni volta che leggo, che guardo la tv, mi compaiono davanti attrici uguali a lei, ogni libro che leggo sembra che ne abbia già parlato con lei, ogni notizia, ogni episodio sembra di averlo vissuto con lei. E' una vera e propria tortura fisica. Non mangio, non dormo, lavoro male, odio tutto e tutti, non sopporto nulla, sono nervosissimo e tutti quelli che mi sono vicini mi chiedono in continuazione cosa diavolo sta succedendo.

Non oso parlare, perché dentro di me se va bene così chissà quando andrà male, madonna santa! Quanto mai ho telefonato, potevo starmene sulle mie e avrei evitato la filippica pseudo-depressa dell'innamorato abbandonato.

E lui riprende.
-Lo so cosa pensi, che sto diventando matto, ma non è così.
E' che, nonostante la premessa, il mondo va avanti, io vado avanti e cerco di tenere duro.

Comincio a capire.
- E cioè?, dico velocissimo per non essere interrotto.
- E cioè ho un piano. Vuoi saperlo? E te lo dico anche se non lo vuoi sentire.
Io annuisco al telefono come se mi vedesse (la prossima volta uso Facetime).
- Ora me la godo. Ieri sera a una festa è successo di tutto ed è stato meraviglioso. Ho incontrato una donna straordinariamente affascinante, che voleva conoscermi da tempo, e appena mi ha visto si è sciolta per me. Mi ha puntato, mi ha corteggiato, mi ha conquistato, mi ha sedotto e mi ha abbandonato proprio come si fa in questi casi. E' stato fantastico da tutti i punti di vista e ho almeno riconquistato un po' di amor proprio e di rispetto per me stesso.
Un po' di invidia scorre nelle mie vene.
- Ora forse la rivedrò, magari alla prossima occasione festaiola, magari no. Ma non importa.
- E il piano? gli chiedo.
- Te lo racconto di persona. Ci vediamo in settimana per una birra sui Navigli?
- Ok, ti chiamo io domani per fissare, replico.

Chissà che diavolo di idea gli sono venute. Non vedo l'ora di saperle.


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