martedì 30 giugno 2015

Lunghe mani rinascimentali

Conoscevo un uomo che aveva peccato. Non in senso biblico, ma aveva commesso colpe, aveva sbagliato.
Vi racconto la sua storia.

Quell'uomo aveva abusato della sua libertà, aveva tentato di essere felice, aveva cercato in tutti modi, nella sua povera vita, di fare ciò che voleva.
Amava la natura, amava il bel vivere, la serenità, fare progetti.
Ma era vietato, per la legislazione vigente. La vita dei cittadini era decisa per legge, preordinata a seconda dell'origine, dei test Dna fatti alla nascita e delle necessità della comunità.
Per un po' le autorità, magnanime!, l'avevano tollerato, avevano voltato la faccia dall'altra parte in attesa che tutto si acquietasse senza bisogno di intervenire.
Spesso capitava proprio così. Bastava aspettare un po' e la pressione sociale, la cerchia familiare accompagnavano lentamente il soggetto deviato verso un reintegro sociale e una sorta di ravvedimento tempestivo.
In fondo le autorità erano attente, non volevano troppo calcare la mano.

Tra i reati che la polizia segreta perseguiva con maggiore diligenza e ossessione era la ricerca della bellezza, in tutte le sue forme. E il nostro uomo era ormai recidivo.
Il nostro uomo aveva ormai l'abitudine, quasi quotidiana, di introdursi di soppiatto nel museo - ormai chiuso al pubblico e bollato come luogo di perdizione e di deviazione sociale, in attesa di demolizione - per sedersi di fronte a quel ritratto di donna rinascimentale che da sempre lo affascinava e che lo faceva sognare. Si era innamorato dello sguardo perso all'orizzonte, di quell'aria placida e serena, e delle sue lunghe e affusolate mani, che riposavano unite in grembo. Recuperata una sedia, abbandonata nel museo, si accomodava di fronte, e si perdeva estasiato tra i capelli e gli occhi del ritratto, fantasticando di accarezzare quelle mani, sussurrando parole d'amore. A volte si ritrovava ad accarezzare il ritratto, con delicatezza, attento a non rovinare la pittura.

Ma la polizia segreta a un certo punto disse basta. L'uomo cominciava a diventare un disturbo per la comunità, e alcuni cittadini, tra i più allineati e delatori, avevano non troppo sommessamente denunciato questo comportamento, preoccupati delle conseguenze e dei loro figli. Stava diventando un vero problema per l'intera comunità.
Non andava bene. Era necessario intervenire.

Una notte, nel massimo della discrezione, l'uomo venne arrestato. E, visto che la giustizia era il fiore all'occhiello dello stato, venne processato immediatamente, quasi senza possibilità di difesa.
Lui cercò di ribellarsi durante il processo, accampando scuse, suggerendo motivazioni, lanciando accuse. A un certo punto, in ginocchio, implorò che non gli togliessero quel quadro, che era ormai tutta la sua vita.
Ma non servì a nulla. E poi la legge non aveva possibilità di interpretazione, era chiara ed elementare. E c'era la certezza della pena. Altroché.

Il processo finì, il giudice si alzò dal suo scranno dorato, impugnò il suo scettro luminescente, essenziale per imporre il nuovo destino agli uomini deviati, lo alzò in modo imperioso, lo diresse verso l'imputato e con voce tonante condannò l'uomo alla più tremenda delle pene.
- L'imputato è condannato all'ergastolo, e verrà internato nel carcere della città, nel raggio dei deviati e degli asociali. Ma non è finita. Tutti i giorni della sua vita sarà trasportato al museo e verrà incatenato seduto nella sala dove è ospitato quel quadro, fino all'imbrunire. Non si potrà alzare, avvicinarsi, toccarlo. Potrà solo guardare il nulla del retro del quadro. Sarà sotto stretto controllo e sorvegliato da due guardie alle sue spalle, che si daranno il cambio ogni quattro ore. Fino a che la morte lo faccia ritornare polvere.
E concluse. - Questo serva di lezione a tutti i cittadini che sognano ancora che il proprio destino e la propria felicità passino attraverso la ricerca della bellezza e che rincorrano i propri sogni.
E se ne uscì, con fare autorevole e pomposo, certo di aver fatto il suo dovere.

Il condannato rimase accasciato.
Lo videro per l'ultima volta mentre veniva portato via di peso dal tribunale.
Di lui non se ne seppe più nulla.

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