Il bello della paternità, tra l'altro, è la costante imprevedibilità.
Ogni giorno, ogni settimana ti capitano cose che non non riesci lontanamente a comprendere.
Da qualche tempo Andrea è in totale venerazione verso suo padre.
Mi cerca, mi parla, mi domanda, di abbraccia, mi sollecita, mi chiede, vuole giocare con me, vuole confrontarsi, vuole vivere con me.
La sensazione è bellissima, ancorché spiazzante.
Crescere con i propri figli è bellissimo, perché ogni giorno ti si aprono nuove sfide, nuovi obbiettivi.
Il clou di questo processo di avvicinamento, ha visto l'altra sera un momento importante.
Dopo un accerchiamento durato qualche giorno, finalmente ha preso coraggio e mi ha chiesto:
- Papone (da un po' mi chiamano così, sempre meglio dell'inflanzionato Papi...), stasera dormiamo insieme?
E dormiamo insieme.
Lui era agitatissimo, manco dovessimo partire per la Papuasia.
A letto alle 9,30, o quasi.
E una volta a letto tutto è scattato.
Complicità, risate di gusto, prese in giro reciproche, richieste inconsulte, pettegolezzi su madre e sorella, chiacchiere in libertà su Guerre Stellari, su Jedi, sulla forza e su Luke Skywalker (la passione del momento).
E poi discorsi di 'filosofia', temi religiosi, la montagna, lo sci...
Una serata che ci ha avvicinati ancora di più.
A un certo punto - erano quasi le undici! - intimo con paterna autorità che è ora di dormire.
Io cerco di leggere qualcosa visto che il sonno è lontano da venire.
- Papà, se tu leggi io con quella luce non riesco a dormire, mi suggerisce con un sorriso ironico che fa trasparire quanto poco crede in quello che dice.
Appoggia la testa sul cuscino fissandomi.
E allora io, proprio come facevo quando era piccolo, gli passo una mano sul viso, gli copro gli occhi per pochi secondi, e lui, proprio come allora, crolla in una sonno istantaneo, profondo.
E allora lo guardo, bello come il sole, con quel sorriso stampato sulla faccia, mentre viaggia con la mente nel suo sogno, spero, di felicità.
Spengo la luce, felice.
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