Dopo un bellissimo week end sulle piste da sci, con Andrea ormai scatenato e Bianca sempre più trepidante per lo sci e i suoi segreti, si ritorna, in auto, sotto la pioggia.
I due Squali se la dormono beati loro, e la stanchezza comincia a farsi largo anche su di me.
Meglio accendere la radio, almeno ci si tiene svegli.
Da una parte le partite di calcio, un sonnifero letale, dall'altra musica orripilante stile anni '80, o forse '90, o forse techno, o forse jungle (esiste?) o molto più probabilmente musica schifezza usa e getta, cioè quella di oggi.
Casco su RadioTre, la preferita da chi si sta estinguendo, e la trasmissione è 'La musica della vita', o qualcosa del genere. È l'evoluzione della storica 'I luoghi della vita', trasmissione della domenica pomeriggio che aveva un ospite, famoso per carriera politica, intellettuale o chi per essa, in cui l'ospite stesso, attraverso i 'suoi' luoghi, si raccontava e raccontava. Era bellissima, morbida, seria, ma pur sempre briosa e mai noiosa. La differenza naturalmente la faceva il personaggio in questione. In genere si passavano quasi due ore veramente piacevoli, interessanti, divertenti, e soprattutto ricche.
'La musica della vita' segue lo stesso canovaccio. E far da guida non sono più i luoghi ma la musica, che scandisce in genere la vita di tutti noi.
Ieri l'ospite era il filosofo Gianni Vattimo. Ho acceso la radio nel momento in cui Vittorio De Sica cantava, dal lontano 1932, la sua 'Parlami d'amore, Mariù', colonna sonora del film 'Gli uomini, che mascalzoni!'.
La canzone risveglia antichi ricordi, immagini familiari, precisi momenti, e quindi apre la strada a una dolce nostalgia e a una meno facile malinconia.
E il commento alla canzone, in genere alla musica, di Vattimo fotografa con freddo realismo una sensazione che vivo da un po'.
Man mano che il tempo passa, che si invecchia; man mano che ci si allontana dal tempo in cui era tutto bianco o tutto nero; man mano che l'adolescenza e la giovinezza sono ormai piacevoli lontani ricordi; non solo cambiano i 'gusti' musicali (o meglio rimangono ancorati ai tempi più spensierati), ma soprattutto si recuperano melodie e tipi di musica che un tempo erano rifiutati, anche con violenza.
Lui diceva che ora, senza avere una preparazione specifica, ama la musica lirica. E sentire 'Parlami d'amore, Mariù' oggi è un'altra cosa che sentirla nel passato.
Io ho le mie vere e proprie 'radicalizzazioni' musicali. La musica per me si è fermata alla prima metà degli anni settanta, esprimendo dopo poco o nulla.
Ma oggi ascolto molta musica classica, un tempo impensabile!, amo anche la musica da film, orchestrale, arrangiata.
Il corpo cambia, come la mente, i gusti evolvono, fanno salti mortali (chi avrebbe mai pensato che un giorno mi sarebbe piaciuta la mostrada, un tempo odiata con tutto il cuore?).
Anche i piedi si allungano con il tempo.
L'importante, prima del decadimento totale, è raggiungere un po' di saggezza e conservare uno sguardo vigile.
Comunque 'Parlami d'amore, Mariù', è un vero capolavoro della musica contemporanea.
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