Non sopporto questo continuo saltellare, senza mai prendere una posizione chiara, inconfutabile.
Di cosa diavolo parlo?
Di questa notizia, comparsa ieri sul Repubblica, e che mi martella nella testa da ore. Una notizia, o presunta tale, da farmi imbestialire.
Siamo in una società capitalistica dove il profitto è l'unico obbiettivo, l'unica religione? Sì.
Siamo in un mondo che ha sconfitto - e se ne vanta! - qualsiasi alternativa di sviluppo? Sì.
Siamo in un periodo storico dove, si dice, le ideologie sono state sconfitte? Sì.
Bene, allora tacere, lavorare e pedalare.
L'Ikea che ruolo ha nella società odierna, capitalistica, basata sul profitto, senza ideologie, con il dio danaro davanti agli occhi di tutti, belli e brutti?
Ca va sans dire, mon amis, vendere mobili, piatti, lampade e una serie di cose inutili che non comprereste mai. Oltre che polpettine bruciacchiate con composta di mirtilli e salmone affumicato a fiumi.
Questo fa l'iKea. In tutto il mondo.
Quindi se uno va all'Ikea, che ci va a fare?
Intrattenere rapporti sadomaso con qualche escort raccolta nella provincia milanese?
Discutere di marxismo e leninismo con i dipendenti del grande magazzino?
Sfidare Roger Federer a tennis nel salone dei divani?
No, ci va perché, a scelta:
- è un giovane virgulto che sta mettendo su casa con un budget non allargabile
- è una giovane mamma in attesa che deve allestire la cameretta per l'erede
- è un anziano che deve cambiare i mobili del salotto ormai consunti
- sono io, per esempio, che devo completare una libreria monca
Ecco, quindi uno, visto che fa la scelta masochistica di infilarsi in quel girone infernale, quando va all'Ikea va per acquistare.
Mi spiegate voi, nobili lettori di queste inutili note, il perché di questo articolo, in cui si accusa il marchio svedese di creare 'un labirinto che obbliga all'acquisto', quando il magazzino esiste proprio per fare acquistare?
Oggi l'informazione è obbligata, ridondante, insulsa, inutile, e quindi impone a chi scrive e pubblica di riempire, riempire, riempire...
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