giovedì 27 gennaio 2011

Noi e la memoria

La mia generazione è cresciuta nella contrapposizione delle ideologie, nel boom economico, nell'Italia papista, bacchettona ma solidale, ospitale.
A scuola, quello che è accaduto nel ventennio famoso, della guerra e della lotta partigiana si parlava poco; quasi sempre non si arrivava in tempo a concludere il programma. Forse c'era un disegno, forse era solo cialtroneria degli insegnanti, forse...
Ma anche di fronte a questa manchevolezza della scuola, aldilà della sensibilità dei singoli, la storia più recente veniva raccontata dai genitori, dai parenti, dai libri e, sembra incredibile oggi!, dalla televisione.
Molti i film che si trasmettevano sulla resistenza, sulla guerra, sull'occupazione nazista. Monicelli, Rossellini, De Sica, e tanti altri.
Ma la tv ha avuto un ruolo straordinario nella diffusione della sensibilità rispetto a quel periodo trasmettendo quelli che al tempo venivano definiti 'documentari di guerra'.
E in questa giornata della memoria, proprio uno di quei documentari, anche oggi presenti nei palinsesti delle varie tv riveduti e corretti, con lo scopo chiaro e sconcio di fare del becero revisionismo storico - ne ho visto uno recentemente su Rete4 in cui si parlava persino della resistenza norvegese, ma non di quella nostrana... - uno di quei racconti per immagini oggi mi torna alla mente con forza.

Credo fosse uno di quei filmati girati dai sovietici in un campo nell'est Europa. O forse di un operatore alleato. Non importa.
Sono quelle riprese fatte proprio nel momento in cui, scappati i tedeschi, si aprivano i campi, e i superstiti conquistavano la libertà, come fantasmi, con gli occhi sbarrati dalla meraviglia, dalla sorpresa. Alcuni pregano, altri piangono, altri si inginocchiano davanti ai loro liberatori. Scene strazianti, di dolore infinito, anche nella gioia del momento.
E a un certo punto compaiono un gruppo di bambini.
Piccoli esseri spauriti, sguardi ormai inermi, fissi, nelle loro uniformi del terrore. Occhi neri, sbarrati, occhi che hanno visto morte, torture inenarrabili, violenze indicibili, quanto di più orribile l'uomo abbia inventato.
E, forse a un comando dell'operatore, improvvisamente, con gli occhi fissi alle telecamere, contemporaneamente tutti si scoprono gli avambracci, per mostrare la cosa che, oltre al futuro e alla libertà, aveva tolto loro anche la dignità: il numero marchiato a fuoco sulla pelle, quel maledetto numero che tramutava, di fatto, gli uomini in elenchi, in cavie da esperimento, in non-esseri umani.

Ecco, dimenticare tutto ciò significa uccidere tutti i superstiti, significa negare la loro esistenza, oltre che cancellare il sacrificio di milioni di martiri.
Dobbiamo ricordare, dobbiamo raccontare ai nostri figli, dobbiamo tenere in vita la fiaccola della conoscenza e della storia.

Oggi è il loro giorno.
Oggi noi siamo nulla rispetto a loro.
Oggi pensiamo solo a loro.

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