Il tema è complesso, molto.
'Solo' poco più di trent'anni fa ero in piazza a urlare 'Al...Al...Al Fatah, Al Fatah vincerà!', e 'Palestina libera'.
Oggi siamo ancora qui, con la convinzione che i palestinesi abbiano il diritto di avere una terra autonoma, indipendente e sicura.
Oggi siamo ancora qui a ritenere che Israele, come allora, abbia diritto a una terra autonoma, indipendente e sicura. Ma anche che debba concludere il suo arrogante dominio sui palestinesi, fatto di sorprusi e di dilagante razzismo.
Ma con una ma, che ci allontana da quel tempo.
Mi ha fatto molto riflettere - è proprio vero che a volte una semplice frase è molto più efficace di ore di discussioni approfondite e mirabolanti - quello che ho sentito da un amico di lunga data di origine ebrea a proposito dei fatti di questi ultimi giorni.
Uno di sinistra, ipercritico nei confronti del governo israeliano e che quindi non ha un atteggiamento oscurantista o peggio ancora sionista nei confronti di quanto accade in quelle terre.
Alle mie ennesime rimostranze mi ha gentilmente ribadito:
- Ma sai Paolo, oggi i palestinesi non sono più quelli di allora. E tantomeno la loro causa.
Mi sono bloccato e improvvisamente mi sono reso conto che aveva ragione, e da vendere.
Da lotta di popolo - con la variabile inaccettabile del terrorismo verso innocenti -, quello che assistiamo da tempo è una guerra dei signori della guerra con il fine di perpetuare lo status quo e mantenere l'area nel perenne caos con fini commerciali e di posizione.
Oggi assistiamo a una diplomazia internazionale che ha saputo imporre qualche regola in più a Israele, qualche accordo di pace che ha saputo fare qualche passo in avanti.
Oggi, o almeno ieri, si stava creando, con tutte le difficoltà del caso, un terreno un po' più fertile per riuscire a creare le condizioni per costruire una convivenza tra i due popoli.
E ogni volta che ci si avvicina un po' alla comprensione reciproca - elezioni e governo in Palestina, qualche passo indietro di Israele, Onu e governi occidentali che si adoperano, interruzioni delle azioni terroristiche... - c'è subito qualcuno o qualcosa che in pochissimi giorni fa ripiombare il tutto alla versione precedente, fatta di armi, morti e attentati.
Poi c'è Israele, che ha un ruolo di continua destabilizzazione della zona e una continua necessità egemonica non solo per motivi di sicurezza.
Ma la lotta palestinese non è più quella di una volta e fa ormai fatica a trovare un seguito e una giustificazione, soprattutto per i mezzi usati.
E allora, fine e stratega osservatore mediorientale della domenica, cosa vuoi concludere? direte voi...
Voglio concludere che ormai la situazione è irrecuperabile, che Israele vessa sempre di più un popolo alla fame e che altri imbecilli continueranno all'infinito a lanciare razzi su coloni e non fino alla fine dei nostri giorni.
Ormai non è più una lotta per la liberazione e un'altra per la sopravvivenza. È una guerra per non cambiare nulla e rimanere così all'infinito.
Garantisce tutti di più. È una paradosso ma è la realtà.
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