Siamo in campagna elettorale. E come in tutte le campagne elettorali che si rispettino è obbligatorio essere sgradevoli, maleducati, aggressivi, irrispettosi.
'Semo americani', direbbe Alberto Sordi, con tutto il disprezzo che il suo viso riusciva a interpretare. Perché tutte le peggiori nefandezze noi le importiamo convinti e granitici...
E aldilà degli 'amici' d'oltre oceano, questa cialtroneria diffusa ce la portiamo grazie a vent'anni di continue aggressioni verbali e di un stile che ci ha messo tutti nel sacco.
Ma questo ventennio sciagurato ha comportato anche un'altra tragedia, al primo impatto, di origine semantica, ma che di fatto è un furto ideologico e politico fatto e finito.
Di cosa parlo?
Da vent'anni, e oggi qualcuno sta raccogliendo dalle ceneri la sua eredità, le parole hanno subito una sorta di cambiamento sostanziale.
Per capirci. Se fino a ieri il nero era scuro e il bianco il suo opposto, oggi qualcuno è riuscito a ribaltare il loro significato, spiegandotelo anche.
Oggi la destra finanziaria, oltre a quella populista e più reazionaria, usa termini come 'rivoluzione', 'modernità', conservatorismo' affibbiando loro significati, politici e sociali, esattamente contrari alla loro effettiva origine.
Sembra quasi che non abbiano una 'loro' terminologia, consolidata nel tempo, una loro storia.
Hanno rubato a tutti noi il presente con azioni politiche che ci hanno portato allo sbando sociale e al dissesto dell'economia che loro hanno sempre voluto; stanno privando del futuro le giovani generazioni in nome della cosiddetta flessibilità; ora stanno anche rubando il passato, la storia e il linguaggio che è stato uno dei cavalli di battaglia delle più intense lotte che garantiscono diritti e tutele alla maggior parte della popolazione.
Quindi, oggi, si assiste a personaggi cosiddetti tecnici che dànno del conservatore a chi ritiene siano elementi sostanziali della convivenza civile le garanzie sociali e la presenza di uno stato forte che controlla. Con un unico obbiettivo: tutelare quel 10% (forse meno) che si spartisce oltre il 60% della ricchezza di questo paese. E che ha l'obbiettivo di puntare ancora più in alto.
Un curioso gioco lessicale che spiazza e fa arrabbiare, ma che come sempre, in questo paese lobotomizzato da reality e calcio, non indigna i più.
E i più giovani che fanno? Gli danno pure ragione, in un'ottica miope di lotta generazionale che non ha nulla di culturale ma è solo una recriminazione di spazi senza il minimo sforzo per conquistarli.
Visto che dovrò lavorare fino a circa 93 anni, non ho neanche il sogno della pensione dove rifugiarmi.
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