domenica 19 febbraio 2012

Il Veltroni rampante

L'articolo 18 è un inutile obbiettivo.
E' solo un espediente politico per affossare ancora di più i diritti dei più deboli, a favore di banche e società finanziarie che così possono ulteriormente sputare sulla società reale a favore di speculazioni e arricchimenti facili.
Le aziende oggi possono licenziare come e quando vogliono.
Forse gli costa qualcosa in più, ma se hanno problemi di conto economico, crollo del fatturato o affanni di diversa natura, non è certo l'articolo 18 che gli impedisce di liberarsi di costi ormai insostenibili. E ci mancherebbe altro.
L'articolo 18 è una semplice e ineluttabile barriera contro la barbarie del licenziamento selvaggio, magari per motivi politici o sindacali, che impedisce alle aziende, e il suo management, di accanirsi contro quei lavorativi che 'non piacciono' alla direzione.
E' un fronte di civiltà, è una garanzia democratica.
Oggi attaccarlo è semplicemente, ripeto, una prova di forza di natura politica che vuole riportare la convivenza produttiva alle soglie degli anni '50, cioè all'anarchia imprenditoriale, al ricatto perenne.
Ma il motivo della mia irritazione, per quello che interessa al mondo, non sono gli attacchi di questo governo - che tecnico non è ma semplicemente di destra - ma come sempre i megafoni esterni al governo e a suoi portaacqua più attenti e diligenti.
Svetta su tutti, ma come fare a sorprendersi ormai?, il compagno Veltroni, che mette la ciliegina sopra la sua brillante carriera politica con le dichiarazioni di oggi.
Quest'uomo, politico di lungo corso - pessimo segretario della revisionista Fgci, direttore dell'Unità ricordato solo per le sue figurine Panini e le videocassette, plurimo sindaco di Roma tra i più disastrosi, deputato per migliaia di legislature senza infamia e senza lode, candidato premier trombato come mai nessuno prima, affossatore scientifico della sinistra radicale, mancato migrante in Africa ahinoi - quest'uomo, dicevo, oggi ci regala un imperdibile contributo al dibattito sulla riforma del lavoro, con una dichiarazione che si può sintetizzare così: basta con il tabù dell'articolo 18!
Io sono esterrefatto non tanto per l'affermazione, che è imbecille di per sé e quindi non merita attenzione alcuna.
Sono allibito soprattutto per la costante, insistente, continua volontà di quest'uomo di cercare un posto al sole sulla terrazza della politica.
E' totalmente tagliato fuori, non considerato più da nessuno, si è autosbugiardato migliaia di volte, è in costante affanno da visibilità perduta.
Ma dopo aver dichiarato che si sarebbe ritirato in Africa - forse ha cambiato idea perché l'Africa stessa, una volta saputo i suoi intenti, ha chiuso tutte le frontiere - e avere perso tutti i treni che la storia, magnanima, gli ha messo a disposizione cerca, come uno scarafaggio riverso sulla schiena, di recuperare visibilità e significati esistenziale.
La sinistra ha molte responsabilità nella storia.
Ed è stata punita per i suoi misfatti, ormai con gli avanzi.
Non si merita anche questo signore.

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