Con la famiglia in vacanza, io mi ritrovo solo nella città tentacolare alla ricerca di un po' di pace.
Mi aggiro per Milano, dopo il lavoro, con un'aria ebete e una voglia solo di silenzio.
Poca gente in giro, ma di più di quanto uno pensi.
Poco traffico, e le persone rimaste in città, come api sul miele, si ritrovano tutte negli stessi posti: i parchi, il centro e i Navigli, zona da sempre di attrazione e di cazzeggio puro.
E io, come un novello Tom Ewell in 'Quando la moglie è in vacanza' di Billy Wilder, sapendo per certo di non avere sopra la testa una vicina dalle sembianze di Marilyn Monroe, mi ritrovo osservatore del mondo che mi circonda con un occhio particolare ai miei coetanei in libera uscita.
Non ce ne sono molti. Ormai non è più come un tempo, quando alla fine delle scuole mamme e figli migravano verso le località di villeggiature, lasciando i rispettivi mariti e padri soli e liberi di trasgredire, ma soprattutto di sognare di trasgredire.
Senza, il più delle volte, combinare nulla.
Ieri sera, uscito dall'ufficio, ho assistito alla classica scena da film anni '50, con conclusione anni 2010, però.
Due bellimbusti più vicini ai 50 che ai 40, all'angolo della via, di fronte al bar a cui avevano attinto per una birra fresca e bionda, pance prominenti, fede al dito e camicia completamente debordata dai pantaloni, si parlano in modo concitato.
Io ho l'ufficio vicino al Cenacolo di Leonardo, quindi in una zona della città costantemente battuta dai turisti di tutto il mondo, in particolare d'estate.
Passano tre ragazze di forse 30 anni, bionde, alte, non so se belle o no, ma comunque fanno scena, nel panorama a sfondo mediterraneo tipico della Milano da bere ormai in secca.
Io sono fermo al semaforo che attendo di attraversare. Causa lavori la mia moto è posteggiata un po' lontano dal solito posto e quindi devo raggiungerla.
I due si fermano con il labbro penzolante e bovino, la birra a mezz'asta, la mano libera in tasca, e i gomiti che si toccano reciprocamente in modo ritmico.
Le ragazze passano loro davanti, naturalmente incuranti e con una cartina in mano, alla ricerca probabilmente della chiesa che ospita il famoso affresco.
I due tacchini non proprio di primo pelo, scattano come molle.
Si dia il via alle operazioni di abbordaggio per poi colpire, sicuri e determinati, le prede.
Io mi fermo a guardare. Faccio riscattare il rosso, non me li posso perdere. Sono vicini.
Il più panzuto si fa avanti, con il suo capello brizzolato e imbrillantinato, la camicia semiaperta davanti mostrando il villoso petto. L'altro sembra essere più discreto, più timido, rimane in secondo piano.
Il primo, con accento brianzolo marcato, spara la sua domanda in un inglese drammatico e devastante:
- Miss, ai can elpiu? Il giorno in cui hanno insegnato la forma interrogativa in inglese loro erano malati...
Una delle tre, dall'alto dei suoi solidi unoeottanta lo squadra con fare strafottente. Io che ho fatto il corso alla scuola Radioelettraditorino, e che quindi so leggere nel pensiero, sono certo di avere sentito la sua risposta originale.
- E chi sei piccolo, vecchio e schifosamente panzone uomo? Come osi rivolgermi la parola?
Invece la signorina, gentile come sono tutti quelli che vengono dal nord, non segue il suo pensiero ma gli rivolge un sorriso e declina l'invito.
E l'altro, il più timido, in un momento di sconvolgimento cerebrale, scatta con una domanda che voleva essere simpatica e invece...
- Ehi, ui ar italian (senza la esse, troppa fatica...). iu uont tu plai? accompagnando il tutto con manate sulle spalle dell'amico e risatine oscene e volgari.
Plai starebbe naturalmente per to play, verbo dai moltpelici significati.
I casi sono tre.
1- Play come giocare a pallone, alla Wii o al Mercante in Fiera...
2 - Play come suonare la chitarra insieme, o il violino, o l'oboe...
3 - Play in senso meno biblico ma con significati reconditi e a sfondo sessuale.
Le tre pulzelle dalle chiome dorate, si guardano in faccia, si voltano verso i due reprobi, con aria disgustata. E, conoscendo bene l'inglese, optano per la versione 3.
La più bassotta e tracagnotta, quasi con il passo dell'oca di germanica memoria, si avvicina alla coppia di energumeni e con una mossa fulminea fa partire un schiaffo con il suo destro, allenato da generazioni di pesca dei salmoni, sulla faccia d'angelo del mio concittadino.
Poi si gira e attraversa rapidamente la strada insieme alle sue amiche.
Il duo Gianni e Pinotto rimane impietrito. Gli altri avventori sbarrano gli occhi e qualcuno comincia a ridere.
Io li guardo e ringrazio il cielo che l'unica cosa che ho in comune con loro è forse l'età e sicuramente, purtroppo, il passaporto.
Non riesco neanche a ridere. Anzi. Arrossisco io per loro. Mi vergogno come un ladro.
Loro cominciano a inveire, ora che le tre vichinghe sono ormai lontane. Come al solito, pavidi e inutili.
Io mi allontano. Arrivo alla moto.
E' proprio vero, addio latin lover...
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