martedì 27 marzo 2018

L'intervista avanzata da ieri (non si butta via mai niente...)

Intervista avanzata, intervista recuperata.
Il 25 marzo, su Robinson (p. 68), è apparsa un'intervista a Dori Ghezzi, la compagna di Fabrizio de André.
Confesso che della donna non ho avuto mai grande attrazione - intellettuale, intendo - anche grazie al suo passato di musica leggera un po' troppo leggera.
La vita spesa con De Andrè, la gestione della fondazione dedicata al suo uomo dopo la sua morte l'hanno sicuramente fatta percepire sotto una veste diversa.
Questa intervista è, come spesso accade, troppo imperniata, troppo focalizzata su quel maledetto rapimento che a distanza ormai di quasi quarant'anni continua a tenere banco. È anche vero che l'intervista è stata rilasciata a seguito della pubblicazione di un libro (Lui, io, noi - Einaudi) che è una sorta di biografia collettiva scritta con due amici e quindi dal rapimento, volente o nolente, si deve ri-passare.
L'intervista, focalizzata su quei quattro mesi di prigionia, verso la fine lascia spazio finalmente a qualche riflessione personale di Dori Ghezzi, su se stessa, sulla fine del suo compagno.
Sulla canzone - bellissima - Hotel Supramonte, scritta a seguito dell'esperienza del rapimento, il giornalista chiede alla donna se avesse mai pensato di cantarla.
La risposta è stata negativa, perché "non credo di possedere grandi doti vocali, adeguate al sentimento che avrei voluto interpretare".
E il giornalista continua, rintuzzando:
"Ti fa soffrire questa mancanza di talento?"
Bellissima la risposta di Dori Ghezzi:
"... Sapere di non essere all'altezza è già un'altezza. Ho smesso di cantare nel 1990. Mi sono detta, fai attenzione Dori a non diventare patetica."

Ecco, questo è il tema. O meglio due.
Il primo è riconoscere i propri limiti, le proprie manchevolezze, le proprie incapacità. Guardandosi allo specchio, dentro. Senza che altri te le riconoscano. Sapersi fermare in tempo non solo ti permette di non andare sbattere contro il muro della presunzione, ma soprattutto permette di salvare la faccia e la propria dignità. Bisogna sapersi fermare, bisogna sapersi arrendere, bisogna sapersi accettare.
Prima che si diventi patetici - questo il secondo tema - prima che qualcuno cominci, quando ti vede, a dare di gomito, mascherando, malamente, sorrisini di scherno.

Sapersi fermare e accettare i propri limiti è una prova di grande intelligenza, di grande capacità, di grande profondità intellettuale. Soprattutto perché siamo circondati da una maggioranza che non sa guardarsi dentro e che non si rende conto che il tempo è ormai finito.

Io sono il primo a dare di gomito sorridendo in maniera dolente e velenosa.
Ma sono stato anche uno dei pochi a mettere la parola fine.
Gli altri si arrangino.

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