martedì 31 gennaio 2017

Siamo stati Trumpati

Trump non ha ancora capito dove sono i bagni della Casa Bianca e il mondo si accorge di cosa è di chi rappresenta.
Il mondo intero, ma soprattutto gli Stati Uniti D'America.
Non capisco molto.
Se ha ancora senso il cosiddetto suffragio universale, se è ancora vero che si eleggono i propri rappresentanti politici e legislativi, se è ancora vero che chi vota ha la facoltà di farlo - per preparazione, giudizio e conoscenza - allora tutto quanto succede nel mondo cosiddetto evoluto lascia un po' sconcertati. Intendiamoci, protestare e opporsi fa parte del teatrino della democrazia borghese, ma una settimana dopo il suo insediamento dopo che ha mosso i suoi primissimi passi - tra l'altro facendo proprio quello che aveva promesso in campagna elettorale - tutto ciò diventa anacronistico e un po' surreale. Sbagliando tra l'altro, secondo me, strategia.
Ora si sparano tutte le cartucce di indignazione, ci si oppone a tutto, senza un progetto, senza costruire nulla. Intanto l'uomo al potere se la ride, fa spallucce, si nasconde un po' e soprattutto aspetta che passi la buriana, che prima o poi si attenuerà, lasciandolo libero di fare ciò che più gli aggrada.
Leggo anche che in Gran Bretagna si raccolgono le firme per impedire che venga in visita in quel paese. Patetico e soprattutto da che pulpito, dopo la Brexit.
Ormai l'uovo è rotto e serve solo attendere che la frittata sia mangiata, in attesa di un nuovo menù, speriamo meno indigesto.
E chi l'ha votato, oltre a quelli che non lo hanno fatto, se lo tengono.
E anche noi, aldilà dell'Atlantico.
Ghe poc de fa'!

martedì 24 gennaio 2017

Raccolta differenziata, ma non troppo

Cara Bianca,
in questo periodo in cui succede di tutto e succederà ancora dell'altro a breve - e non sempre di 'felice' - tu devi mantenere la calma.
Il clima è tesissimo, i mugugni sono perenni e di certo non è uno dei momenti più facili.
E tu, come purtroppo è normale, lo subisci.
Questo è sicuramente uno dei motivi per il quale l'ultimo weekend hai dato 'fuori di matto', letteralmente, facendo passare a tutti giornate molto difficili, ricche di tensione, al limite dello scontro perenne.
La vita, senza fare il filosofo della domenica, riserva momenti diversi.
Tu ormai stai diventando grande, stai accarezzando, giorno dopo giorno, l'idea di diventare donna.
Si cresce, i salti alla tua età diventano repentini, il carattere si forgia, le inclinazioni diventano sempre più spesso certezze.
Oggi i bambini, ormai quasi ragazzi, fanno una vita piena, ricca di impegni, di sollecitazioni, di insidie.
Ai miei tempi, se posso, la vita era più semplice.
Si faceva poco, si studiava, si andava a scuola, qualche amico al pomeriggio, ma nulla di più. Si stava molto con se stessi. Forse  non aiutava nella crescita della capacità di relazione, ma rafforzava il carattere e aiutava a diventare più forti. Oltre al fatto che incentivava a usare la fantasia e a sviluppare sogni.
Tu vai a scuola fino a metà pomeriggio, fai atletica - sei sempre più brava, mi dicono!, segui un corso di inglese, feste continuate e reiterate durante il weekend, sci quando si riesce, pigiama party, talvolta anche cene... E poi tablet per avere una finestra sul mondo, libri in quantità industriale, sollecitazioni di ogni genere.
Capisco che alla fine della settimana sei bollita, come tutti.
Ma questo non autorizza a rendere la vita impossibile per quasi quarantotto ore chi ti sta intorno, creando un clima straordinariamente conflittuale e contrapposto.
Io non sono al meglio, lo so, e lo ripeto.
E la cosa non mi giustifica, anche se cerco in tutti i modi di limitare il 'danno' a chi mi circonda.
Sono a un punto di svolta della mia vita, forse inaspettato, ma ricco di novità.
Cerco di essere sempre disponibile, anche se sempre meno sorridente, ma mi sforzo di essere una presenza positiva.
Tu devi metterci del tuo, compatibilmente con la tua età certo, ma ti devi impegnare di più nella capacità di arginare le tue frustrazioni, evitando di scaricarle, in modo così violento, su chi ti circonda.
Io cercherò ancora di più di venirti incontro, senza però arretrare di un millimetro su cosa ritengo fondamentale e irrinunciabile: il rispetto.
Ormai siamo in un mondo dove le persone vengono buttate nella spazzatura come se fosse carta straccia, senza neanche differenziarla.
Non fare tua questa filosofia.
Con amore,
Papi.

mercoledì 18 gennaio 2017

La svolta

Ci siamo, si svolta.
E di brutto.
E quando si svolta due sono i casi: o si trova la strada nuova, bella libera, veloce, diretta, con gli alberi e il fiumiciattolo bucolico a fianco, oppure appena finita la curva ci si trova di fronte al muro e si sbatte. E quasi sempre, sbattere, fa male.
Forse c'è una terza alternativa, un tempo si sarebbe detto democristiana, senza scossoni, che è poi quella meno affascinante: ci si trova di fronte alla stessa strada che abbiamo sognato di cambiare con la meta prefissata e sempre uguale.
Quindi non la prendo in considerazione, sennò mica svoltavo, o no?

Comunque o la va o la spacca e il bello è proprio quello.
Svoltare, girare, cambiare, stravolgere, rinnovare, rivoluzionare - pur tenendo in considerazione tutti i rischi, fa nascere le farfalle dentro la pancia (altro che innamorarsi), fa sognare a occhi aperti, attiva le cellule celebrali più nascoste e dormienti e fa riaprire gli occhi cisposi e socchiusi.

Di che parlo?
Quando sarà il momento le folle che si affollano follemente con fare folleggiante intorno a questo presunto blog saranno sicuramente tra le prime a saperlo.
Un indizio, per i più curiosi e per i più letterati: io non farò di certo la fine di Buzzati!!



lunedì 16 gennaio 2017

Vacca di un cane!

In giro per compere varie, nel weekend, con Andrea.
Bello andare in giro con il principe ereditario, molto.
Si sviluppa, in modo inconsapevole, una sorta di intesa, tutta al maschile, ora che comincia ad avere un'età più sensata.
E lo si vede anche dal fatto che mentre è in giro butta l'occhio sulle ragazze più carine e indica a me le donne più affascinanti. Come se avessi bisogno dell'assistente...

A un certo punto mi domanda:
- Papi, perché non prendi un cane?
Io prendo fiato, lungo, lunghissimo. E immediatamente mi vengono in mente una o più risposte che spaziano dal caustico all'ironico spinto, ma mi trattengo. Ormai sto imparando a censurarmi, sono molto orgoglioso di me.
E comunque penso che nel casino di vita che ho scelto manca solo un cane per dirigermi direttamente verso l'autoannientamento tramite gas di scarico dell'auto.
- Credo che sarebbe un problema gestirlo, in questo momento, rispondo sorridendo, manco fossi un diplomatico del governo britannico.
- Allora lo prendo io, e lo curo io senza problemi.
- Una cane, amore mio, aldilà dei bei momenti di gioco e coccole che ti riserva, deve essere gestito, portato fuori, nutrito, fatto correre, piazzato da qualche parte quando non puoi portarlo con te. Un cane non è un gatto, al quale entrambi siamo maledettamente allergici e che, soprattutto, non sopportiamo proprio. Il cane ha bisogno di compagnia, sennò si intristisce.
Lui ci pensa un po' su, in silenzio e io, padre rispettoso, democratico, progressista e molto, ma molto di sinistra, rimango in devoto silenzio rispettando il suo momento di riflessione e lasciandogli tutti gli spazi immaginabili.
Ma vedo che non parla più. È deluso.
Allora decido di aggirare l'ostacolo.
- Ma se prendessi o prendessi tu un cane, che cane vorresti?
Si rianima improvvisamente. Il viso gli si è illuminato.
- Io non vorrei uno di quei cagnetti piccoli, tipo...tipo bassotto o barboncino. Quelli non mi piacciono, mi risponde deciso. Peggio ancora quelli piccoli e senza pelo. Sembrano dei topi.
- E quindi?
- E quindi vorrei un cane di taglia media, non troppo grande. Con tanto pelo da accarezzare e perdersi dentro.
- Tipo Filippo? (Filippo era il mio cane prima che lui venisse al mondo, un setter inglese matto come un cavallo, bellissimo e affettuosissimo, che ho dovuto far abbattere per un tumore ormai divenuto devastante. Un dolore indicibile. Il giorno che l'ho portato dal veterinario per il suo ultimo viaggio lo sogno ancora, periodicamente. Andrea ne ha sentito parlare molte volte e ha visto anche qualche foto).
Lui mi guarda, ormai non più troppo dal basso, visto che guadagna 4/5 centimetri ogni tre mesi, e mi arriva ormai alla spalla:
- Perché non prendiamo un terranova?
Io lo guardo, ammutolito.
- Perché non ci mangiamo una focaccia, invece? gli domando, facendomi superare a sinistra dalla mia innata ironia e troncando la discussione immediatamente, proprio mentre passiamo davanti alla vetrina di un panettiere che sembra un negozio di Cartier.
- Ottima idea, c'ho fame! mi risponde.
Ma so di aver, forse, vinto solo una battaglia. La guerra deve ancora essere iniziare.

Beata gioventù...

giovedì 12 gennaio 2017

L'arte del ricordo

Saper dimenticare - soprattutto le cose brutte -, aldilà di eventuali patologie neuronali, è una forma di perdono da una parte (verso se stessi e verso gli altri), di difesa della propria sanità mentale e, credo, di bontà d'animo, visto che preclude ogni atteggiamento vendicativo nel caso si abbia subito qualche torto.
Ma saper dimenticare non preclude la capacità di ricordare.
Quindi i ricordi belli, di crescita, d'amore, di amicizia e di affetti, di conoscenza e di cultura, per fortuna, rimangono. Anche quelli che comprendono dolore, abbandono.
Sono quelli che concorrono a formare la nostra personalità  il nostro carattere, che ci fanno andare avanti tutti i giorni, che ci hanno fatto diventare adulti.
I ricordi ci aiutano tutti i giorni a guardare il presente, a gestirlo, a combattere le nostre battaglie.
I ricordi ci inducono a vivere il futuro, a pianificarlo se possibile, a rincorrerlo.

Ricordare è un'operazione complessa.
Lasciarsi andare ai ricordi, in una giornata d'inverno, grigia, con un vento gelido che ti spacca la pelle, tra i monti, soli con i vostri pensieri, soli con quello che non c'è più, soli con il vostro passato, soli con i vostri rammarichi. Soli con i vostri errori.
Ma anche soli con tutto quanto di meraviglioso vi è accaduto, soli con la felicità vissuta, soli con l'amore, soli con la bellezza della memoria.
Impagabile, credetemi.
Si torna a casa intirizziti dal freddo sicuramente, ma con la consapevolezza che la propria vita, anche oggi, ha fatto un altro passo.

Fatevi sedurre dal ricordo mentre imparate a dimenticare.

martedì 10 gennaio 2017

L'arte di dimenticare

Chi mi conosce sa che sono uno degli esperti mondiali del dimenticare.
O, da altri punti di vista, della distrazione.
Smarrisco tutto (senza perdere nulla), dimentico ogni cosa prima di uscire di casa (stamattina il computer, mica paglia), dimentico i nomi, i fatti che mi raccontano, a volte le persone, senza parlare dei numeri di telefono.
Da piccolo non sono mai riuscito a imparare quelle noiose poesie che ai miei tempi ti imponevano di memorizzare. Ricordo (!) ancora il dramma per imparare (mai riuscito) Il cinque maggio, del Manzoni. Una tiritera lunga pagine, impossibile da conservare nella mente per poco più di qualche minuto. Niente da fare.
Ma un conto è memorizzare, un altro è dimenticare.

Dimenticare è un'arte, preclusa a molti, riservata a pochi. Un'arte che può essere coltivata, che può essere allenata con il tempo e con l'impegno.
Soprattutto dimenticare le cose 'brutte', i cattivi fatti, quelli dolorosi, che la vita ti sbatte in faccia ogni due per tre.
Ecco in questo, con grande consapevolezza, sono diventato un esperto.
Le esperienze negative, i rapporti con il prossimo andati a male, le delusioni, le cattiverie, oltre a tutte le negatività, torti fatti e subiti, una volta metabolizzati, analizzati, assorbiti e registrati per una consapevole crescita interiore, devono essere messi in un angolo della mente, dismessi o come si potrebbe dire oggi, rottamati.
In caso contrario diventano ossessione, blocchi nella crescita, freni alla serenità.
Alcune richiedono più impegno nel loro accantonamento, altre vanno via facili.
Tutte, ormai all'età che mi ritrovo, filano via lisce. Ci vuole poco.
Un giorno ti svegli e ti ritrovi libero dalla loro ingombrante presenza.

Ti svegli di notte e pensi che la tua insonnia sia dovuta a qualche cattivo ricordo, a qualche manchevolezza che hai vissuto recentemente, a qualche nostalgia irrisolta.
La cerchi, scavi con le mani nude ogni centimetro della tua mente per trovarla e per avere la conferma, ma ti accorgi che non c'è più.
E ti rendi conto che quello che ti ha svegliato è solo il solito e inutile allarme dell'appartamento di fronte che parte ogni volta che gli gira.
Allora sorridi un po', ti dài dello scemo, ti giri dall'altra parte e, inaspettatamente, riprendi a dormire il sonno dei giusti.
Avanti Savoia!


lunedì 9 gennaio 2017

Un anno di libri

Bingo!
Nel 2016, così mi ricorda Anobii, ho letto 45 libri.
Forse è il mio record, forse no, ma poco importa.
È comunque un numero considerevole, visto che io leggo prevalentemente di sera e ancora di più di notte (questo la dice tutta su la mia insonnia).
Questi i dati Istat (non ho trovato nulla di più recente) che fotografano la quantità di lettori in Italia (i dati sono relativi al 2015). Probabilmente a breve usciranno i dati che ci dicono come è andata nel 2016, ma credo che la cosa non si sposterà di tanto.
Inutile commentare, tanto sappiamo tutti qual è la situazione. Ed è altrettanto inutile fare gli snob.
Ognuno fa quello che vuole e chi rompe paga, e i cocci sono suoi.

Volevo, se la memoria mi aiuta, fare un po' mente locale sui libri 'migliori' (o meglio quelli che mi sono piaciuti di più) che ho avuto la fortuna di incontrare nel mio percorso di lettura nel corso dell'anno, aggiungendo qualche nota (i link di riferimento riportano all'altro altisonante blog che con grande fatica cerco di aggiornare e che mi permette di raccogliere pensieri e pareri su alcuni dei libri che mi permetto di sfogliare. Non è molto elegante autocitarsi ma in fondo è farina del mio sacco).
È una cosa complicata, anche perché sono sempre meno i libri che lasciano il segno, almeno quello profondo, e sono sempre di più quelli che quando chiudi l'ultima pagina ti ritrovi a tirare un sospiro di sollievo senza alcun rammarico.

Primo tra tutti - ma in questo non sono per nulla originale - c'è Stoner, formidabile viaggio tra la solitudine, l'abbandono e la tristezza umana. La storia di un uomo tra riscatto e incapacità di reagire, tra voglia di affermarsi e desiderio incontrollabile di 'lasciar stare tutto così', senza combattere. Invidia pura per la capacità di narrare di John Williams, l'autore.
A mezzo millimetro di distanza segue La chimica della bellezza, di Piersandro Pallavicini. È una storia di profonde illusioni, di attese mai soddisfatte, di amicizie forti e di tradimenti. Riuscendo - e non è cosa da poco -  a farti diventare 'simpatica' la chimica e soprattutto a farti sorridere, e molto. Un libro di grande conforto, imperdibile.
Altra perla di straordinaria lucentezza è Un solo paradiso di Giorgio Fontana. È la storia di un abbandono, della fine di un amore, di uomo lasciato dalla donna della sua vita. Ed è la storia dell'incapacità - folle! - dell'uomo di raccattarsi, di reagire, fino a lasciarsi andare senza speranza.
Il libro è un pugno allo stomaco, lascia poche speranze al lettore che viene trascinato in questo gorgo sempre più in fondo. L'ultima pagina, perché è l'ultima!, è come riprendere aria poco prima di affogare. Sublime, anche se senza via d'uscita.
Per alcuni versi sopra tutti ritrovo L'intenso calore della luna di Gioconda Belli. Un viaggio dentro il mondo delle donne, dentro la loro sessualità, dentro la vita che cambia. 'Si chiude una porta ma si può aprire un portone', si potrebbe sintetizzare, dopo averlo concluso. È un meraviglioso viaggio dentro se stessa (la protagonista) per raccontare alle altre e agli altri cos'è una donna e cos'è l'amore. Un libro infinito, per gli occhi e la mente. E i maschietti dovrebbero leggerlo tutti.
E poi La Lettrice scomparsa, un semi-giallo che lancia sul mercato la biblioterapia, la 'scienza' che cura tutti i malanni psicologici attraverso la lettura. L'idea è di per sé straordinaria e vale solo lei il libro. La storia si sviluppa affascinante tra citazioni dotte, donne dallla capacità seduttiva infinita e un mistero che con fatica si risolve. Geniale.
Fin qui i libri intensi, alcuni sofferti, alcuni più brillanti.
Durante quest'ultimo anno ho 'imparato' a leggere anche libri più dediti alla leggerezza, a storie più lievi, spesso dal lieto finale, in cui ci si avvicina alla vita di tutti i giorni, in cui il rapporto tra uomo e donna è contrassegnato dall'amore, dalla difficoltà di stare insieme, dove prendersi e lasciarsi è il motore della vita di tutti i giorni.
E così ho conosciuto Luca Bianchini - Se domani farà bel tempo e Dimmi che credi al destino - segretario del partito della leggerezza, la sognante (e bellissima) Caroline Vermalle - Due biglietti per la felicità, La felicità delle piccole cose e Due cuori a Parigi - e Federica Brunini con le sue Quattro tazze di tempesta.

Si prospetta un bellissimo anno davanti a me, visti i segnali. E non solo dal punto di vista della lettura.
Avanti così.

giovedì 5 gennaio 2017

Leggere

Posto il fatto che oggi tutti sono troppo impegnati a comunicare che sono troppo impegnati e che non hanno tempo per nulla tranne che per dire che non hanno tempo per fare nulla (!), il tema posto dall'articolo ora su L'Internazionale - della cui esistenza ringraziamo ogni giorno gli dei di tutti gli olimpi con preghiere e offerte dedicate - è posto, secondo me, in modo non esatto.
Per chi ama leggere, per chi fa della lettura parte fondamentale della propria vita e sviluppo intellettuale, il tempo per la lettura è un tema che non si pone.
Leggere è un'esigenza.
Chi legge, chi ama perdersi tra le pagine di un libro - qualsiasi... saggi, narrativa, analisi comparate di filosofia teoretica o avventure rosa dal dolce finale - trova sempre il tempo, trova sempre il luogo, trova sempre il momento. Basta volerlo.
Programmare il tempo per leggere è una contraddizione in termini, perché chi ama trovare conforto tra i volumi non ha bisogno di ritagliarsi tempo.
Si cerca tempo per andare a fare la spesa, per andare fuori a cena, per giocare a tennis, per fare una vacanza, per guardare la tv.
Per leggere, chi ama farlo, il tempo c'è sempre. Di giorno, di notte, con la gente, sull'autobus, al mare o in montagna o in città. Anche in palestra.
Chi ama leggere lo fa e basta, senza ritagliarsi attimi, fissare appuntamenti sulla propria agenda.
Ma soprattutto senza scegliere.
O no?

mercoledì 4 gennaio 2017

Serenità

La neve non c'è, tranne quella sparata e finta.
Riuniti in montagna poco prima delle fine dell'anno (con Bianca con l'influenza), l'unica cosa da fare con questo tempo insolito è quello di riprendere possesso dei monti e camminare.
Il paesaggio è bellissimo.
Sembra di essere a ottobre, inizio novembre, con tutto ingiallito, ma tutto maledettamente secco e in debito di acqua e umidità, anche se le temperature gelide e il cielo terso rendono tutto affascinante e scintillante.

In inverno, ormai, la montagna ha due ben distinti 'popolazioni', almeno tra i turisti.
Quelli che vengono per consumarla, per sbocconcellarla a secondo delle loro necessità. Non è il male, ma tipicamente sono quelli che vengono per lo sci, per la neve, per il divertimento a tutti i costi. Sono i turisti più prolifici, quelli che spendono, quelli a cui gli operatori turistici ambiscono. Spesso giovani, con bambini, famiglie numerose, rumorosi gruppi di amici. In genere, ma semplifico, sono quelli che d'estate non amano frequentare gli stessi posti, che in genere scelgono il mare per le vacanze estive, o i viaggi. La montagna d'estate è solo fatica.
Poi ci sono gli altri, quelli un po' talebani che la montagna la amano per quella che è, che la difendono, che la consumano con qualche attenzione in più. Che la cercano.
La convivenza è necessaria e obbligatoria, e neanche troppo difficoltosa.
Basta spocchia, basta snobismi fini a se stessi, basta inutili contrapposizioni. C'è posto per tutti.

Io sono sicuramente tra i secondi, per storia e per tendenza.
Amo sciare ma non troppo, amo stare in mezzo al caos ma non troppo, mentre amo (anche troppo) i lunghi silenzi che i monti regalano, lasciando spazio libero alla mente, alle sussurrate discussioni e ai lunghi e profondi sguardi.

Basta sapersi accettare per quelli che siamo.
Basta farsi accettare per quelli che siamo diventati.
Basta 'guerre', fuori e dentro.
In serenità.




Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...