lunedì 13 marzo 2017

Gusci vuoti e gradini profondi

“Sono un guscio vuoto, senza alcun interesse. Come farò a essere felice?”
Se qualcuno pensa che sia un frase riportata dallo Zibaldone di Leopardi oppure una riga da I dolori del giovane Werther di Goethe, si sbaglia, e anche alla grande.
Non è neanche una di quelle frasi che piacciono tanto oggi, riportate nei social, sui muri, sui quaderni adolescenziali di adulti mai cresciuti. Basta aprire Facebook per farsene un’indigeribile scorpacciata.
No, è una semplice e fredda frase pronunciata da mio figlio, in crisi pre-adolescenziale, forse già adolescenziale, chissà.

Prima l’aveva sussurrata a sua madre, giorni dopo l’ha ripetuta a me.
Papà, sono in crisi, ma forte.- Cioè? gli domando io in modo ingenuo.- Non ho interessi, non mi piace più nulla, non sono felice. Cosa vuol dire?
Io sono sempre impreparato alle uscite di mio figlio maggiore.
Ha la capacità di mettere in discussione tutto e tutti in poche parole. Non lascia mai spazio alle zone grigie, non permette analisi, ti inchioda sempre in un angolo.
E ogni volta mi sento inadeguato, incapace di trasmettere sicurezze.

- Non so cosa vuol dire, ma so che crescere è un processo complesso in cui si mette in discussione tutto e tutti e quindi si perdono in continuazione i riferimenti. Perché non sei felice?
- Non mi piace più nulla. Anche quei giochi sul telefono mi hanno stufato. Con gli amici sto bene, ma anche loro cominciano a stufarmi. A scuola tutto ok, ma è tutto lento, mi annoio.
Tutti mostri di psicologia infantile, i grandi analisti del comportamento adolescenziale, tutti i tromboni a diverso titolo che sentenziano giudizi e mettono sul tavolo presunte soluzioni, ecco, questo è il loro momento, si facciano avanti, mi dicano loro cosa devo rispondere.
Ma naturalmente bisogna risolversela da soli, senza esitazioni, come sempre. 
La vita è una scala, sentenzio io. Una scala con i gradini molto alti ma anche molto profondi. Salire è complesso, ma arrivare allo scalino seguente richiede tempo e dedizione.
Mi guarda stralunato. Anch’io mi vedo dall’esterno e mi ritrovo quasi a domandarmi di che caspita sto parlando. Ma prendo coraggio a quel punto. 
Sì, tra un gradino e l’altro ci sono lunghi metri da percorre, i gradini sono molto profondi. Ora stai percorrendo questa distanza. Buona parte l’hai già fatta, manca poco al prossimo salto. In questo periodo di interregno è facile annoiarsi, soprattutto per un giovane come te abituato a precorrere i tempi.
Mi guarda da sotto (per ora sono ancora più alto, ma se va avanti così ancora per poco…), mi sorride.
Quindi?
E ti pareva, non è ancora finita. 
Quindi niente. Io non ho soluzioni. Devi viverti i tuoi tempi e la tua crescita. L’unico consiglio che ti dò è quello, se riesci, di essere aperto ai cambiamenti, di non chiuderti in te stesso. Io ci sono sempre, e sono sempre aperto al confronto.

Ora lo guardo io, per capire la reazione.
Non so se ho detto cose utili. Non so mai se quello che dico ai miei figli sia giusto o sbagliato. Ormai so poche cose, con sicurezza…
Lui ci pensa su un po’, ricambia lo sguardo e mi dice, secco:
- Sai Papi che quando vuoi parlare non sei male?
Mi abbraccia forte, mi dà un bacio schioccante, si gira e saltellando torna in camera sua.
Dopo pochi secondi lo sento canticchiare quel disastro di ‘Andiamo a comandare’ o come diavolo si intitola, per l’ennesima volta, forse un po’ più sereno.

Ecco. 

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