venerdì 31 luglio 2015

Da scriverci un libro, stile Liala, farei i soldi...

Lo incontro, dopo una telefonata d'allarme, al parco Sempione.
E' una fresca mattinata, dopo tanto caldo asfissiante. Le previsioni dicono che ritornera', quindi godiamoci questa finestra di fresco.
E' un vecchio amico, una conoscenza che parte dalle scuole, con cui ho condiviso la vita, le gioie e i dolori di un'esistenza. Nonche' la passione politica degli anni migliori, la delusione, ma senza rinnegare nulla.

- Eccomi, maledizione, ma che succede?
Lui alza lo sguardo verso di me, ha le occhiaie, visibilmente scosso. Mi guarda.
- Allora, cosa c...o sta succedendo? gli sparo in faccia visibilmente preoccupato per quello sguardo perso nel nulla.
- Ci siamo lasciati, e non capisco perche'.
- Oh madonna, tutto li'?
Lo sguardo improvvisamente da vuoto si riempie di sangue e di determinazione. Finalmente vedo il mio amico di sempre tornare quello che e', un romantico fatto di granito.
- Vuoi che ti spacco la faccia ora o tra cinque minuti? mi sibila nell'orecchio, visto che siamo in luogo pubblico.
Sorrido. E continuo.
- Ma no, davvero, c'e' bisogno di fare 'ste scene per la fine di un amore? Siamo un po' vecchi per piangere di fronte a un tramonto con una colonna sonora a effetto in sottofondo, non ti pare? Ormai la vita sai che cos'e', sai che tutto esiste solamente per svanire immediatamente dopo. A maggior ragione i rapporti sentimentali tra i sessi.
A volte la mia saggezza arriva a spiazzare anche me, e sentendomi pronunciare questa filippica agnostica e anche un po' cinica ho un piccolo sbandamento che rapidamente recupero.
- Insomma mi vuoi dire cosa e' successo? Perche' e' finita?
- Perche' e' finita ha i suoi motivi, tra l'altro ben fondati, intendiamoci. Ma il problema e' il profondo senso di sconfitta che mi ha lasciato, e la profonda convinzione che lei non abbia capito quanto amore le ho regalato.
- E vabbe' che ci vuoi fare, non sarai il primo!
- No non saro' il primo ne' l'ultimo, ma il vuoto ora e' incolmabile e non solo per un ritorno adolescenziale di senso dell'abbandono. Devo riuscire a convincermi che ho fatto tutto quello che era possibile. Sono furente con me stesso. In questa storia ho messo l'anima, e a quanto pare nessuno se ne e' accorto.
- Tronca tutto senza esitazioni, non lasciare fili e lacci sottili che ti legano a lei, cancella le sue foto, butta i suoi regali, cambia numero di telefono, vendi casa, lascia il paese... In questi casi l'unica e' non lasciare porte aperte, non trascinare, ma avere le palle per chiudere definitivamente, senza esitazioni, che sono le madri di tutti le depressioni post-amore.
- E' quello che ho fatto, a parte cambiare case e paese perche' non mi sembra il caso. Ma il distacco e' una lacerazione fisica che si allarga ogni minuto che passa, un dolore allo stomaco che impedisce di mangiare, di bere, di sorridere, di dormire. Ed e' passato solo qualche giorno, chissa' cosa succedera' tra un mese!

Ci allontaniamo dalla panchina all'ombra per andare incontro al freddo vento che tira sempre piu' forte, anche per far calare la tensione, che vedo sempre piu' alta negli occhi del mio compagno di vita.
- La soluzione e' l'immediata sostituzione, l'avventura dura e cruda con altre donne, la scopata e via che tanto aiuta. O no?, gli prospetto accompagnando le parole con una postura propositiva e confortante. - O sono troppo duro e insensibile, e forse anche banale?
- Non lo sei, e' il mio stesso pensiero, ma avevo bisogno che me lo dicessi tu! Ho bisogno di altro, di vita, di essere apprezzato, di essere accarezzato, amato, soccorso, corteggiato, rincuorato. Io sono una brava persona, non mi merito tutto questo.
Io lo guardo da sopra la spalla, cercando di non scoppiargli a ridere in faccia. Ma so che e' sincero, non sta recitando a soggetto.

All'improvviso si allontana, con il telefono in mano, smanettando nella rubrica alla ricerca del numero giusto.
Lo lascio solo, almeno per quell'attimo.
Lo guardo da lontano, mentre parla e gesticola.
E penso che deve avere una rubrica folta e soprattutto disponibile, visto la facilita' con cui ha avviato la conversazione.
Io mi guardo in giro. Bambini che giocano, mamme che corrono loro appresso, soliti fissati del fitness che corrono, uccellini in competizione per il solito pezzo di pane abbandonato, qualche anziano sereno che chiacchiera.
Dopo un po' mi giro a controllare che la telefonata sia in via di conclusione, mi avvicino, gli faccio segno chiedendo con le mani con chi stesse parlando...
Lui mi ignora, e ride al telefono e continua a parlare, come se nulla fosse.
Sta reagendo, almeno ora.
Lo lascio, nel dubbio, alla sua solitudine, alla sua sofferenza, al suo dolore. E al suo nuovo corteggiamento. 'Muore un papa se ne fa un altro' diceva sempre mia madre ogni volta che portavo a casa un delusione d'amore. E aveva ragione.
Torno ai miei affari pensando che tutto quello che gli ho detto avra' solo un effetto di momentanea euforia e conforto, e che la realta' e' ben piu' complessa di un buon consiglio di un amico. Molto di piu'.
Mi volto a guardarlo ancora una volta e mi ritrovo a pensare, egoisticamente, che non lo invidio proprio.

L'amore muove il mondo, ma spesso sbaglia la direzione di marcia. Non sempre si riesce a sterzare prima del muro, a volte si sbatte e ci si puo' fare molto male.

giovedì 30 luglio 2015

Il mio dente per un leone!

Intendiamoci, anch'io sono animalista, profondo ambientalista, difensivista, e strutturalmente ecologista. E non sono dentista.
Anch'io penso che quell'imbecille dell'odontoiatra yankee piuttosto che sparare a quel povero leone avrebbe fatto bene a impiegare il proprio tempo nel riparare una carie dolorosissima a qualche bambino americano.
Ma io penso che il problema non sia il singolo, sebbene inaccettabile, episodio. E che le manifestazioni - tra social e sociale vero - che sono in atto in questi giorni contro il demente strappa denti, siano ipocrite come tutta la società civile di oggi.
Tutti a manifestare il proprio sdegno e orrore, mai una parola sulle migliaia di bambini che muoiono ogni giorno per fare in modo che tutti noi, ricchi del pianeta, possiamo pensare ai leoni, e con la pancia piena.
Tutti a indignarsi sulla morte di un povero animale o per difendere un albero, ma nessuno che alzi un dito per difendere la solidarietà a favore di poveracci che arrivano sui barconi.
Tutti a lanciare campagne inutili, ma nessuno che si faccia in quattro per difendere una società più giusta.
Per esempio, negli Usa, ma anche da noi, nessuno si pone la questione che il problema è la libera vendita delle armi e la possibilità di cacciare? Abolire la caccia? Vietare la vendita di armi?
Ma no, ci sono le lobby che proteggono, e poi noi siamo contro l'omicidio dei leoni, non delle persone, eccheccavolo.

Un vomito, vero e proprio.
Avanti così, verso l'ipocrisia al potere, verso un mondo gretto che guarda tutti i giorni filmatini sui gattini tanto carini e tanto imbecillini, e che non riesce neanche più a indignarsi se vede un vecchio per le strade che chiede i soldi per mangiare dopo una vita di lavoro.
Figata il capitalismo, ci piace proprio, ogni giorno di più.
E basta con le ideologie, insomma.

mercoledì 29 luglio 2015

Ustioni di primo grado!

Si sa, le vecchie fiamme riempiono la testa di bei ricordi e di tanto nostalgia, ma poi, quando la realtà te le ributta in faccia, il rischio della delusione è fortissimo.
Così ieri sera, serata dedicata alle vecchie fiamme ormai in via di spegnimento, ho preparato una seratina tutto pepe.
Fotografie del passato, musica in linea, atmosfera vintage e tanta, tanta voglia di ricordi.
Sono arrivate in ventitré, tutte abbondantemente sopra la cinquantina, tutte molto carine e gentili, tutte con la voglia spensierata di rincontrare il loro faro nella vita, almeno per quei momenti in cui le nostre vite si sono incrociate.
Ho stappato 10 bottiglie almeno, mi hanno svuotato il frigo, scartabellato quasi tutti i tremila libri che erano dormienti nella mia libreria, hanno guardato le foto, si sono divertite e a un certo punto, non so come mai, qualcuna (forse la quindicesima nell'ordine) ha buttato lì che ero 'stato un po' stronzo' con lei.
Aprite cielo! È stato come stappare una bottiglia di champagne dopo che qualcuno l'ha agitata per ore. È venuto fuori di tutto, da parte di tutte.

La decima ha cominciato a rivangare alcuni litigi, la ventesima la sua insoddisfazione nei miei confronti, la prima la sua delusione e così via.
Tutte hanno cominciato ad alzare la voce, una addirittura si è messa a piangere, il chiasso ha sovrastato le parole, le urla hanno soppiantato la musica e io finalmente mi sono svegliato, con un'ansia che mi ha quasi fatto pensare a un imminente infarto. E con le mani bollenti, come se fiamme ardenti mi avessero ustionato gli arti!
Madonna che palle.
Un incubo, ieri notte.
Ma forse un incubo tutta la mia vita, ma tant'è.
Ridatemi i figli!!!!

Ps. Per lasciare una testimonianza ai posteri, magari, un giorno scriverò che cosa ho fatto veramente ieri sera...

martedì 28 luglio 2015

Un approccio metodologico onirico

Il lunedì si sa è una giornata complicata, almeno dicono.
Sulla ripresa del lavoro dopo il weekend si sprecano e si sprecheranno carte e calamai, con esperti in sociologia e antropologia e psicologia che ce la raccontano su. E poi i post patetici e diffusi sui maggiori social network con 'lunedì, non ce la posso fare' e 'venitemi a salvare'.
Che barba, quanto fiato sprecato, quanti inutili sbrodolate addosso, pensando sempre (i social in questo senso hanno aperto le danze) di essere tanto importanti per il mondo da dire e raccontare la propria vita in ogni istante.
Comunque anche il lunedì sera ha il suo perché, in questo inutile dibattito.

Ieri sera dovevano arrivare un gruppo di donne conosciute all'Expo in Moldavia.
Erano due, perché una è dovuta partire all'ultimo momento per la sua zona di origine.
Una si chiamava Rachele e aveva una chiara origine siciliana o giù di lì.
Alta, bella come il sole, elegante, seducente, sofisticata.
L'altra bionda, alta, sempre sorridente, frizzante, di chiara origine scandinava, con un accento straniero marcatissimo, che fa girare solo lui la testa. Si chiamava Ingrid.
Hanno portato cibo, vino, allegria e compagnia.
La serata si stava svolgendo nel migliore dei modi, tra chiacchiere in libertà, sogni a occhi aperti, solide bevute e sguardi di intesa. A un certo punto anche la temperatura - non solo esterna - ha cominciato a salire.
Poi tutto è franato.
Suonano la porta, corro ad aprire sperando di trovarmi la terza ospite ormai inattesa, chiedo chi è e mi arriva un perentorio 'Montalbano sono!'.
Un tuffo al cuore, mi chiedo che cavolo voglia da me il pelato servitore dello stato e improvvisamente mi ritrovo sveglio, sudato, sulla poltrona del mio salotto.
Tutto finito, con lo sfondo la tv accesa sintonizzata sull'episodio di ieri sera del prode poliziotto alle prese, come sempre, con donne bellissime.

Dormire fa male, ma sognare è anche peggio.
Aspettiamo con fiducia la prossima serata ricca di avventure.

lunedì 27 luglio 2015

Seratona moldavo-tedesca

Eh sì, le moldave ci sanno proprio fare. E l'Expo è veramente un pozzo di avventure e culture.

Sogno?
Si sono presentate a casa mia le tre moldave (una in effetti era di Canicattì, ma pazienza, era bionda platinata tinta) e ho offerto loro una cena a base di messaggi ammiccanti, ostriche, Prosecco doc e dolce a base di panna cotta e mirtilli rossi. La serata è stata esaltante, per la mente e per il corpo.
Le tre hanno preso la porta verso le due di notte, visibilmente soddisfatte da tutto ciò che ho preparato e regalato loro.

Realtà!
Serata a casa da solo come un pirla, di fronte alla tv, con un panino al prosciutto crudo perché non avevo neanche la forza di alzarmi dalla poltrona per preparare qualcosa di più sano. E la tv - libera da ogni richiesta spasmodica di vedere Cartoonito e i Dalton e non so che altro - mi ha regalato momenti indimenticabili.
1. Il cuoco vagabondo, una vera passione di Bianca su LaEffe. È uno chef (dice) francese che gira il mondo andando a rompere l'anima a tutti quelli che incontra, per imparare (dice) le ricette del luogo, ma soprattutto per farsi ospitare e mangiare a ufo. Il programma potrebbe avere anche il suo lato interessante e curioso, solo che (forse è il doppiaggio che irrita) per il protagonista è tutto 'incredibile' e soprattutto 'buonissimo', accompagnando ogni cibo che raggiunge le sue fauci con un irritante e soddisfatto 'mmmm', unito da un movimento della mano particolarmente esplicativo.
E poi quando gli danno da assaggiare qualcosa - chessò, le patate fritte cucinate con aceto e sale - ma è così per tutto - dice 'mmm, incredibile, è buonissimo, croccante fuori e morbido dentro, sa di patate, aceto e sale!'.
Lo vorresti prendere a padellate in faccia e abbandonarlo in mezzo al deserto africano in balia di qualche belva feroce!
2. Finito il viaggio culinario, mi sono gettato in uno zapping infuriato alla ricerca di un film, di un documentario, cercando di evitare reality improbabili, show di pessima natura e cretinate riciclate. E sono cascato - chi mi conosce sa la mia debolezza per le fiction del nord Europa - su Rosalinde Pilc..qualcosa, non ricordo esattamente, sul La5, il canale per i romaticoni, per le donnette e soprattutto per i pirla.
Una storia infinita, inutile, con degli attori che io, a confronto, sono Cary Grant dopo che ho studiato da Laurence Olivier e mi sono sposato con Grace Kelly. Un gruppo di dilettanti allo sbaraglio di origine germanica che chissà perché fanno svolgere le loro vicende banali e insulse sotto i cieli inglesi (almeno nell'unica e ultima puntata che ho visto). E infatti tutti gli attori sono di chiara origine (provinciale, belli paciocconi e campagnoli) tedesca, che nulla c'entrano con le sembianze e le fattezze dei sudditi elisabettiani. Una storia patetica di figli, nipoti, fidanzati, nonne, passato e futuro. Pessimo, oltre il lecito.

Poi sono andato a letto, tra le braccia (pagine, meglio) di Lea Pericoli, che mi ha raccontato fino alle soglie del sonno la storia di Pietrangeli, del tennis che non c'è più in un mondo ormai dimenticato. Rimettendomi in sesto. Di notte un ben imprecisato e dimenticato incubo che mi ha svegliato tra sudori freddi e ansie imprecisate. Un'evoluzione naturale della serata...

Speriamo che vada meglio stasera. Arrivano quelle che ho conosciuto in Expo in Moldavia (ma c'è mai stato?).
Almeno in tv, stasera, c'è Montalbano!

domenica 26 luglio 2015

Marilyn docet

E' arrivato il momento.
La moglie via per lavoro per cinque giorni, gli eredi oltre cortina dai nonni per cinque giorni.
Da oggi iniziano le mie vacanze, a Milano, al lavoro, ma beatamente ricche di solitudine.
E come in 'Quando la moglie e' in vacanza' (anche se nel mio caso e' al lavoro) io vago per la metropoli alla ricerca di avventure, di conoscenze.
E infatti.

1. Stasera, domenica, arrivano un gruppo di moldave conosciute in Expo che portano prelibati piatti locali e a cui mi dedichero' nell'immediato dopo cena.
2. Lunedi' un gruppo di Expo conosciute in Moldavia.
3. Martedi' la vecchia fiamma da sola anche lei in citta' con cui rinverdiremo i bei tempi e le fantasie.
4. Mercoledi' un dopo cena a un party ricco di tragressione dell'amico sempre fissato per queste cose
5. Giovedi' riposo, in attesa del rientro della moglie e dei figli che avverra' entro la serata.

Un programmino mica da ridere, che richiede una dieta particolare da subito per non arrivare sfiancato al termine dell'ambizioso programma.

Vado perche' comincia a suonare il citofono.

mercoledì 22 luglio 2015

Una coppia di lungo corso

I due principi sono tornati dalla loro vacanza 'da soli' (con la tata, s'intende...).
Erano quasi due settimane che non li vedevamo, e devo dire che era un tempo sufficiente per entrare in un stato di apnea che stava portando al soffocamento.
Credo che con il caldo in città abbia fatto bene loro starsene lontani, via da questo forno, che in queste ultime settimane che mancano alle vacanze devono comunque subire.
Ma la vera avventura, se si può dire, è che hanno viaggiato in aereo da soli.
Ne avevamo discusso a lungo se la cosa era opportuna, se non erano troppo piccoli, se noi eravamo sufficientemente grandi da reggere l'ansia.
S'intende, il tutto perfettamente organizzato con la compagnia di bandiera che per fortuna, almeno in questo, brilla per serietà e attenzione.
Ma durante la mattina del volo, svegliarsi con l'idea che i figli trasvolassero quasi l'intera penisola in totale solitudine, io ho vissuto attimi di vera preoccupazione.
Poi, quando le porte scorrevoli di Linate si sono aperte, e i due giovani virgulti (con il classico 'marsupio' appeso al collo) si sono palesati, stanchi (erano svegli dalle 5,00) ma sorridenti, ho capito quella cosa che spesso scrivo e mi ripeto.
I miei figli crescono, diventano grandi, si rendono autonomi, si staccano da noi, viaggiano e vivono la loro vita spesso lontani da noi, in totale autonomia.
Prendono decisioni, scelgono, rifiutano, chiedono.
È straordinario accorgersi ogni giorno di più di come le loro vite ci sfuggano tra le dita, assottigliandosi prima per poi riaffermare il proprio peso, conquistando spazi, relazioni, gioie e delusioni.
Bianca ha anche dato di stomaco all'atterraggio, senza neanche chiedere aiuto. Sacchettino e via!
E Andrea, ormai quasi alto come sua madre con delle gambe lunghissime, se ne è preso cura, confortandola.
Io sono preoccupato per loro, ma solo perché il mondo che li circonda a volte mette terrore.
Ma sono sicuro che li stiamo crescendo nel migliore dei modi - nei limiti umani e dell'improvvisazione quotidiana - per consentire loro, un giorno, di muoversi con le loro gambe per tracciare il loro destino.
Io, se non si era capito, adoro i miei figli.

lunedì 20 luglio 2015

Un uomo onesto, un uomo probo...

... si innamorò perdutamente, di una donna che non l'amava niente.

Così cantava De André nella bellissima, e tristissima, Ballata dell'amore cieco.
Così narrava dell'annientamento di un uomo per la propria donna che non voleva altro che distruggerlo.
Ho risentito l'altro giorno questa canzone, insieme alla Canzone dell'amor perduto, ancora più triste, perché ineluttabile, perché vera e non surreale come la prima.
De André aveva la capacità di affondare lame lunghe e affilate nel cuore, a volte lasciando speranze, spesso chiudendo la partita invece senza alcuna possibilità di rivincita.
Ascoltare oggi fa quasi lo stesso effetto della prima volta, stupore all'inizio, e poi dolore fisico nella scelta delle parole e nell'impossibilità, in fondo, di cambiare quello che è, quasi sempre scritto.
E come allora, ti fai mille domande, ti ritrovi ad analizzare la vita che hai vissuto, ti scavi dentro per cercare di capire se puoi fare la stessa fine, che ruolo stai ricoprendo.
E ti accorgi comunque con quale eleganza, con quale poesia, con quale distinzione le canzoni di De Andrè hanno sovvertito l'epoca in cui sono comparse e come ancora oggi sono non solo ricordi di reduci.

Poi apri il computer, navighi, e ti imbatti in questa sciatteria 2.0.
Non merita neanche un'analisi superficiale, tanta è la superficialità, tanta è la stupidità, tanta è l'ovvietà dell'analisi.
Se volete leggete questo articolo.
Se volete ascoltate le canzoni di De André.
Se volete fate un confronto.
E allora capirete perché ieri era meglio di oggi. Speriamo nel domani.

lunedì 13 luglio 2015

Ne parlavamo proprio l'altro giorno...

Intendiamoci, da buoni ultimi.
La letteratura, da quella classica a quella moderna, la cinematografia, gli studi più alti di quasi valore scientifico, i confronti verbali e le meditazione di ognuno di noi, ci hanno preceduto.
Ma il tema della morte, quella improvvisa, quella che ti coglie impreparato, quella che un giorno ci sei e un altro non ci sei più, ci è cascata sulla testa a seguito dell'ennesimo funerale di una persona vicina.
Ma soprattutto il ricordo, prima del confronto, era andato immediatamente al mio amico che proprio un anno fa, a seguito di un incidente di moto - proprio qua vicino, dove c'è il Castello - se ne era andato dopo aver sentito la moglie per concordare il tipo di pizza che avrebbe dovuto acquistare per la sera.
Un momento ci sei, un altro sei sparito...
E allora?
E allora giù con i buoni propositi di vivere la vita, nella serenità, nel godersi ogni attimo, nel saper apprezzare i propri affetti. Tutti a garantire che da oggi le cose cambieranno, che non si può solo desiderare e sognare, ma bisogna saper esseri felici di ciò che si ha.
Oggi ci sei, e domani?
Allora il pensiero parte ai figli lontani, ai genitori che non ci sono più, agli amici che se ne sono andati, per domandarsi, con anche un po' di cinico masochismo, se facciamo tutto, ma proprio tutto per chi ci sta accanto. Se ricambiamo il loro amore, se siamo disponibili, se non lavoriamo troppo per i soldi e per l'ambizione. Se viviamo la vita e la regaliamo agli altri.
- Da oggi basta, aggiungo vita ai giorni, invece che giorni alla vita (da un cartello che campeggia su un muro dei miei uffici).
Dopodiché suona il telefono, un collega ti fa una domanda, rinunci ad andare via perché c'è da fare, non giochi con i tuoi figli perché sei stanco, ti preoccupi del tuo portafoglio e della crisi, ti affanni tutti i giorni...la Grecia, Renzi, le tasse...
È ormai tutto un teatrino intorno a te stesso, e tu non puoi fare il critico teatrale, perché in fondo, anche se non ti piace, sei uno degli attori principali.

venerdì 10 luglio 2015

C'ho provato, giuro...

Quello scriveva 'verrà la morte e avrà i tuoi occhi'.
Quell'altro cantava 'passano gli anni ma otto son lunghi'.
E quell'altro ancora tristemente suggeriva in musica 'vedrai, vedrai, vedrai che cambierà'.
E poi sopra tutti quello là declamava 'del doman non c'è certezza'.
Insomma il tempo che passa è sempre stato uno dei temi più amati.
Scrittori, poeti, cantanti, musici, cialtroni di ogni epoca, hanno dissertato sul tempo, sulla sua fine, sui cambiamenti presunti e desiderati, sui sogni e sul desiderio di farla finita.

Bene ieri sera ho fatto anch'io un salto nel tempo.
Sono andato sui Navigli, nota zona di ritrovo, in grande lustro con la Darsena restaurata dal nostro infinito sindaco, con il Ticinello riportato alla luce.
Una meraviglia.
Ma la 'gita' - grazie alla mancanza dei bambini ci si dà alla pazza gioia notturna -, rigorosamente in Vespa perché sennò non ci si muove più, ci ha fatto solo lambire queste meravigliose novità, portato fino al nuovo Mercato Metropolitano, area ai margini della stazione di Porta Genova recuperata con mercato e zona dove mangiare, bere, e stare insieme.
Il posto non è il massimo ma è straordinario perché restituisce ai milanesi una un altro pezzo di città, senza svenderlo agli amici degli amici tanto cari alle giunte degli ultimi vent'anni.

Che c'entra il tempo che fugge tutto via, con la Milano dei nostri giorni? Arrivo al punto.
Ieri sera in questa bolgia crescente di uomini, donne (bellissime!), bambini, odori, sapori, moto, auto, risate, musica, Autan e zanzare a gogò, ho sentito tutto il tempo che passa, tutta la fatica e la non voglia di stare in questo guazzabuglio che trasudava (anche fisicamente!) felicità, serenità e spensieratezza.
Ero ormai fatalmente fuori tempo e fuori spazio, ero un ospite straniero.
Mi guardavo intorno, come se fossi appena sceso dalla Val Brembana (ricordate il vigile a Totò in piazza Duomo nella scena conclusiva del film?), ormai estraneo a dinamiche sociali tipicamente giovanili, a rituali di moda, che tra l'altro non ho mai rispettato, a pratiche evidenti di corteggiamento, a insistiti teatrini di gruppo.
Ecco ormai sono lontano anni luce da tutto ciò.
Io c'ho provato, giuro, ma senza successo.

Il tempo non passa, il tempo è passato.
Basta adeguarsi, e tornare a casa.

martedì 7 luglio 2015

Un caldo greco

Uè, io il caldo lo soffro, ma molto.
Non solo non lo sopporto fisicamente - al contrario del freddo -, ma anche l'umore, già pessimo di natura, ne risente.
E quando fa caldo da persona bellissima, disponibile, fantastica, affascinante e unico al mondo, divento una furia di dio insopportabile e odioso.
Questi giorni stanno decisamente minando la convivenza sociale, oltre a far saltare la bolletta energetica e anche le rete.
Però ora basta.
Non si parla d'altro, non si dice altro, non si commenta altro, e tutto viene mediato dal caldo.
Insopportabile, la 'gente' non ha nient'altro.
Senza però osservare che, quando non si parla del caldo, si parla della Grecia, come se tutti fossimo esperti economisti, laureati alla Bocconi e consulenti finanziari della Bce.
Madonna santa, che fatica 'sto paese. Mai un equilibrio uno, mai un atteggiamento distaccato con le cose. Che tra l'altro, aiuta a trovare le soluzioni.

Ora vado a mangiare.
Chissà che caldo greco mi ritrovo per le strade...

lunedì 6 luglio 2015

"Fate i bravi, eh?"

I due eredi al trono sono, per la prima volta, lontani da noi per quasi tre settimane.
Domenica scorsa sono partiti per il mare con babysitter e marito, per stare, per fortuna, lontani da questa pentola bollente.
E nell'ultimo weekend siamo andati a trovarli.
Appena arrivati, Bianca ridendo sotto i baffi, mi dice che aspettava quasi la domanda fatidica: "Siete stati bravi in questa prima settimana?".
Tremenda mia figlia, con una sottile ironia non tanto diffusa a quell'età.
Andrea invece si è presentato un po' malinconico, con una tristezza velata che ho colto in qualche conversazione.
Io ho cercato di annacquare tutto, motivando la scelta di essere al mare, lontano da Milano e dai suoi campus, che dopo un po' si ripetono come il giorno con la notte.
Andrea è comunque un po' preoccupato della svolta verso le medie, e comincia a manifestare in modo chiaro e inequivocabile, i primi segnali di adolescenza.
Comunque ho due figli che si incendiano come cerini alla prima occasione, e a volte sono difficili da gestire. Ma credo come tutti, o quasi.

Lasciarli ieri sera non è stato facile, domandandoci da genitori se tutto ciò avesse senso, se fosse giusto, se servisse a qualcosa a parte il caldo, se fosse educativo.
Ma le emozioni forti che provi quando parti con la macchina, e Bianca giù che ti saluta agitando le sue mani (Andrea si è defilato, forse perché non reggeva l'emozione o che altro), ti stracciano il cuore e ti fanno provare un senso di colpa che riempirebbe lo stadio San Siro in un batter d'occhio.
Ora li rivedo giovedì l'altro, tra 10 giorni, e la cosa non è bella, anzi è un vero schifo.
Giovedì l'altro, alle prese con una grande avventura di cui scriverò appena vissuta.
Forse, i papà più giovani sono più distaccati, più capaci a gestire questi momenti di passaggio.
Io ho passato una notte insonne.
E non solo per il caldo.

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...