martedì 28 aprile 2015

Nepal, amore mio

Le tragedie come quella che viviamo in Nepal oggi sono tutte ugualmente dolorose, tristi, drammatiche.
Ma alcune, per vicinanza - per ricordi, per simpatie, per coinvolgimento personale - coinvolgono di più.
Ho visitato due volte quel paese.
Due viaggi meravigliosi, due trekking spettacolari nell'anfiteatro montano più bello del mondo.
Valli, animali, montagne infinite, persone meravigliose, alberi, aquile, yak, odori, semplicità, gentilezza...
Ho ricordi, ormai lontanissimi nel tempo, indelebili.
Il primo di una signora che ci ha preparato da mangiare lungo la salita che alla fine ci ha chiesto di preparare il conto perché lei non sapeva scrivere e tantomeno contare. Una signora dolce, che viveva della sue povere cose e che arrotondava preparando cose semplici (e buonissime) ai ricchi viaggiatori vestiti di cose colorate e confortevoli.
Noi esterrefatti le abbiamo fatto i conti e credo che le abbiamo dato anche qualcosa di più.
Un altro ricordo è, nel secondo viaggio, proprio nel Langtang, uno dei teatri delle devastazioni sismiche, quando, dietro a un muretto, in una giornata bellissima, è sbucato il primo yak che avessi m ai visto.
Vederselo lì davanti, dopo migliaia di foto sui libri di alpinismo oppure nei documentari in tv, è stata un'emozione fortissima che ancora oggi mi risale lungo la schiena.
E poi quella meraviglia di bellezza e caos che è Kathmandu, il suo centro, i suoi templi, le vie cosparse di statue e luoghi di culto, i profumi, intensissimi!, le persone alla ricerca quotidiana del loro business.
E quel tempio in Durbar Square, il bar che dominava la piazza, il tè e il dolce, lo zaino che ancora oggi possiedo comprato nei negozietti che rivendono i materiali delle spedizioni, i mantra meravigliosi e coloratissimi.
E poi i monaci buddisti che vogliono soldi per farsi fotografare - mai dato una lira, cialtroni... - i bambini con le uniformi di scuola, i fili della luce che attraversano copiosi le strade, da una casa all'altra, le case in legno, le donne, i vecchi...
Ora so con certezza che quella Kathmandu, quelle montagne, quei villaggi che ti accoglievano alla fine della tua tappa giornaliera non ci sono più, rasi al suolo dalla furia della natura.
Un mondo se ne ne è andato per sempre, con tutti i suoi morti.

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