mercoledì 22 ottobre 2014

Scuola pubblica

Io difendo a spada tratta la scuola pubblica italiana, in particolare quella primaria.
È una delle poche 'istituzioni' che all'estero ci invidiano, che ha risultati straordinari sui nostri figli e che permette di condurre per mano gli anni più difficili della formazione dei futuri italiani.
La mia esperienza di padre mi ha portato alla conferma di quanto pensavo prima.

Ma c'è un ma.
Le scuole, è banale dirlo, sono fatte di persone.
Belle o brutte, alte o basse, magre anoressiche o ciccione all'inverosimile.
E quindi anche preparate, equilibrate, capaci ed entusiaste del proprio lavoro a fronte di gente improvvisata, inutile, profondamente disturbata e furente di un dover svolgere un lavoro che non amano.
La questione quindi è a monte.
Se non vi piace questo lavoro perché lo fate?
Se non 'amate' i bambini perché ci cascate in mezzo a corpo morto?
Se non vi tenete aggiornate e non studiate in continuazione, perché insegnate?

Notizie come questa, che ci vengono raccontate periodicamente dai mezzi di informazione, non fanno che buttarci in faccia la realtà di una società in disfacimento come la nostra, che ci obbligano ad alzare le antenne quando ci rilassiamo troppo, che ci stimolano la nostra mente critica senza se e senza ma.

Il mio 'ritorno' alle scuole elementari grazie ai miei figli, ma permette di redarre un bilancio decisamente positivo sull'umanità, la disponibilità e la professionalità delle maestre che i miei figli frequentano tutti i giorni.
Alcune un po' dimesse e chiuse in se stesse, altre più esuberanti ed entusiaste, altre più coinvolgenti e stimolanti.

Occorre difendere la scuola pubblica primaria con grande determinazione perché è quella che per ora riesce a salvare le nostre future generazioni dal dissolvimento e dalla barbarie.

mercoledì 8 ottobre 2014

Aldilà del buio

Il tema è complesso, molto difficile, ai confini tra realtà e sogno.
Chi ha credenze religiose vede nell'aldilà una possibilità in più, sempre sub-judice, ma pur sempre di grande speranza.
Ma anche chi credi religiosi non ha, il fastidio di vedersi scomparire dal mondo senza alternativa in fondo disturba.
Molte sono le esperienze di vita-morte raccontate soprattutto da chi, soprattutto in sala operatoria, ha vissuto questi momenti di realtà extra corporea in cui, chi dall'alto, chi da un angolo chi lontano, hanno assistito a interventi sul suo proprio corpo.
Oppure chi, alle soglie del decesso, ha percorso tunnel con luci in fondo che trasmettevano serenità e pace assoluta.
Io non so, non credo in un dio dalle ignote fattezze che ci spinge a vivere e a morire.
Non credo quindi in un'esistenza post morte che permette o di redimergi o di godere della pace e della felicità assolute.
Questo articolo spiazza un po' tutti, aggiungendo al sogno e ai credo di ciascuno di noi, qualche elemento in più e dando un riconoscimento 'scientifico' a questi strani fenomeni.
La cosa mi inquieta.
Non tanto perché mette in discussione tutte le convinzioni di una vita, ma perché pone qualche domanda, tra il serio e no, su come è la vita di tutti noi, ogni giorno, che si svolge nella consapevolezza, volente o nolente, che tutto questo teatrino primo o poi si concluderà.
La mia preoccupazione, a questo punto, quindi, non è il dopo, quello si vedrà. Ma è il durante, l'oggi.
Non è che viviamo ogni giorno della nostra vita sotto gli occhi vigili di chi se ne è andato già?
E ci osservano e ci giudicano?
Volete dirmi che quando alla mattina non do una pulita energica alle scarpe che indosso, mio padre si infiamma come quando vivevo ancora a casa?
Oppure che mia madre si arrabbia se non mi pettino con cura?
Oppure che tutte le cose di cui mi devo vergognare sono regolarmente a loro conoscenza?
O che tutte le mie debolezze quotidiane, tutti i miei errori, tutte le bassezze umane che incorrono nella vita di ognuno di noi sono oggetto di analisi, valutazione e sentenza da parte di chi non c'è più?

So che mi sto addentrando in una zona d'ombra, a metà tra le credenze popolari e la fantascienza, tra il credo di molti e la diffidenza di altri. Oppure in quella terza dimensione 'ai confini della realtà', come recita la famosa serie televisiva di altri tempi. E senza alcun elemento conoscitivo o teorico.
Quindi forse è meglio lasciar perdere, lasciare stare e continuare a cercare di fare il meglio, tutti i giorni, compatibilmente...
E la storia dirà quello che vorrà.



venerdì 3 ottobre 2014

La Ditta smagrisce, e il paese ne patisce

Inviterei tutti a ragionare su questa notizia, drammatica nella sua essenza e forse assolutamente irrilevante per chi nel Pd opera oggi e fa della politica la sua professione.
Probabilmente il prode guerriero onnipresente dall'accento fiorentino liquiderà il tutto con una battuta - 'meglio 100mila democratici di destra che 400mila comunisti' oppure 'tutta colpa di D'Alema e Bersani che continuano a esistere, per quello la gente scappa' - oppure ordinerà una ribollita nella piazza davanti a Palazzo Chigi e se la mangerà davanti a mille telecamere affermando che così 'fanno la fine tutti quelli che hanno ancora la mano sinistra, il piede sinistro e uno sguardo sinistro...io me li mangio, ovvia!' - ma la sensazione, almeno la mia , è che stiamo arrivando alla 'quadra' di tutto il processo politico e non, intrapreso dallo scioglimento del Pci fino a oggi.
Una brutta storia, fatta di fallimenti ideologici prima (il crollo del comunismo e la fine del 'sogno'), di progetti falliti dopo (Pds e Ds e la fine di un 'sogno' da poco) fino ad arrivare al tanto agognato Pd (ma quanto l'ha menata prima Veltroni per arrivare a fare l'ammericano...) che raccoglie queste poche briciole di militanza.
Per approdare oggi a questa cosa strana tavolozza di colori, con un po' di rosso e tanto bianco dentro, e con velate striature di tinta azzurra che piace tanto a chi usa i tacchi per farsi vedere.

Ma non volevo arrotolarmi su una presunta analisi ideologico/politico/cromatica, ma limitarmi a commentare questa debacle di iscritti che, capitasse in un'azienda, significherebbe la defenestrazione immediata, automatica e anche un po' violenta dell'amministratore delegato .
Voglio solo cercare di interpretare, o per lo meno di esprimere il mio pensiero.

Un partito che passa da 400mila iscritti - un partito di massa quindi anche se il Pci ne aveva più di un milione ma erano altri tempi - a 100mila significa che non è più attraente per nessuno.
Io non so quanti iscritti hanno gli altri partiti o associazione a delinquere che vediamo passare davanti ai nostri occhi, ma credo che un tale crollo debba essere interpretato fondamentalmente non a seguito del disincanto che l'italiano medio ha ormai accumulato in questi anni verso la militanza politica, ma semplicemente nella fuga di chi di sinistra ancora si ritiene e che non riesce più riconoscersi in questo gruppo politico.
Ormai la strada intrapresa da questa segreteria, con una maggioranza schiacciante, con un consenso così forte nel paese, non fa intravedere cambiamenti all'orizzonte. Anzi.
Renzi vince, e stravince. E più vince e più va a destra. Ma non vince la sinistra, vince il Pd che non è più sinistra.
Qualcuno dirà 'poco male intanto siamo al governo, mica come quelli di prima, eterni perdenti' (anzi lo dice proprio il ragazzo presidente), ma non credo che sia sufficiente, almeno per alcuni.
Se per andare al governo la sinistra deve snaturare i propri obiettivi e assumere schierarsi con i pochi contro i tanti e vincere, beh, allora, diciamoci come stanno le cose, diciamoci che questo è un paese irrimediabilmente conservatore e anche un po' bigotto, prendiamone atto e diamo a Renzi quel che è di Cesare.
Se invece la pensiamo diversamente, allora, è giusto che gli iscritti se ne vadano, è giusto che chi vuole intraprendere una strada autonoma se ne vada, è giusto che ci diciamo in faccia le cose come stanno.
Ognuno per la propria strada, con la consapevolezza della propria scelta e con la forza delle proprie idee.
Intendiamoci, io non voto Pd, mai votato, e quindi come direbbe Montalbano a Mimì in alcuni casi mi si potrebbe dire "...ma fatti i cazzi tuoi!!!'.
Ma penso che la Ditta, in mezzo ai proclami, ai messaggi tv dagli aerei, tra un the con Marchionne e l'altro e tra una promessa di riforma e l'altra, debba porsi qualche domanda e, occasionalmente, darsi anche qualche risposta.
E anche al paese.

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...