mercoledì 24 settembre 2014

Difficile, molto difficile

Sì, molto difficile, anzi impossibile, non piangere.
Guardatelo anche voi.
Sui social media, alle prese tutti i giorni con immagini di gattini dementi e di campagne contro il maltrattamento degli animali (vivisezione e non) - giuste, non fraintendetemi - neanche un cenno a questa infamia.
Le morti degli uomini non fanno più notizia, o per lo meno non fanno più impressione.
Ma vedere questo primo pezzo di una lunga serie che verrà trasmessa anche in in tv, lascia sconvolti per la crudezza perché sbatte in faccia cos'è la realtà di questi viaggi della speranza, spesso ultime tappe di una vita già disperata.
Guardatelo, tutti, diffondetelo, e non per buonismo, per populismo, per un umanesimo fine a se stesso, ma solo per far comprendere a tutti tre aspetti, fondamentali.

1. Il lavoro formidabile di chi si adopera ogni giorno per salvare queste povere vite. Il pianto, gli occhi lucidi di chi ogni giorno è alle prese con questa disperazioni, è la prova provata che l'umanità ha ancora un futuro. Immagini, queste, di uomini veri, buoni, appassionati, puliti.

2. La crudezza dell'ultima parte, quella del recupero, in diretta, dei naufraghi, con quella camera che riprende all'altezza dell'acqua, quasi fosse dentro, quasi fossi gli occhi di un uomo. E quelle urla, quei richiami, quegli occhi dei bambini sgranati in preda al terrore, quelle mani dei genitori che cercano di salvarli a scapito di se stessi...terribile. È una delle cose più sconvolgenti, più spaventose che abbia mai visto.

3. L'Europa degli spread e delle parità di bilancio è quanto di più assente e lontano ci sia oggi. Nessuna collaborazione, nessun affiancamento, solo grandi spalle che si girano a guardare da un'altra parte ogni volta che arriva il bel tempo e ricominciano gli sbarchi dei disperati dei disperati. Inqualificabile, stomachevole e non perdonabile. Saccenti, sempre più lontani da tutto e da tutti e soprattutto disumani.

Forse c'è un po' di qualunquismo, forse un po' di buonismo, forse un po' di mancanza di pragmatismo in quello che scrivo, ma non riesco - come dice uno dei soccorritori nel filmato - a dimenticarmi quelle immagini 'che mi hanno portato via un pezzo di cuore' e che, come dice un altro, mi fanno rendere conto quanto i miei figli siano fortunati e felici.

martedì 23 settembre 2014

Libro delle mie brame

Si sa, ognuno ha i propri pallini, le proprie fisse.
Ognuno è un po' talebano per i propri interessi, fino al rischio di risultare ripetitivo e monotematico.
Ecco, sicuramente io sono un fissato dei libri, della lettura (quella buona) e della funzione 'salutistica' della lettura.
Leggere notizie come questa, un tempo mi avrebbe indignato, mi avrebbe fatto anche incazzare.
Forse il tempo dell'indignarsi sta per scadere, ma quello di arrabbiarsi in modo furente lo volevo conservare ancora per un po'.
Ma leggere questa notizia, cercando di contestualizzarla il più possibile evitando quindi facili moralismi, non mi ha indignato, non mi ha fatto arrabbiare, mi ha solo tristemente confermato quello che vedo, tutti i giorni.
Oddio, le statistiche, le persone che conosciamo, la realtà che ci circonda, ci confermano che si può vivere - anche bene - senza leggere un rigo, senza avere un libro in casa.
Ognuno traccia il proprio solco nella storia dell'umanità come meglio crede. Leggere a volte fa male alla salute, perché impone pensiero, sogno, viaggi e a volte, anche qualche contrasto con il mondo che ci circonda. E molti non riescono a governare queste rivoluzioni interne, forse anche perché non hanno gli strumenti neuronici adatti.

Oggi quello che vedi, è.
Non c'è più nulla di mascherato, adattato, velatamente misurato.
Tutto è sulla piazza.
Un tempo si erano inventati i finti libri. Scatolette con coste che riempivano gli scaffali e davano l'impressione che in quella casa qualcosa si sfogliava. Erano i grandi classici a farla da padrone, oppure le finte enciclopedie.
Oggi, sempre più spesso, entri nelle case e ti ritrovi pareti spoglie, coperti da inutili quadri o poster di ogni genere, affiancate da televisori dalle dimensioni improbabili che occupano pareti intere.
Null'altro.
Si possono fare fotografie di vite completamente dedite al rintronamento catodico (lo so no si non più...), a ore passate davanti a interminabili serie oppure partite infinite in cui tutti si rincorrono all'insegna di violenza e zero codice sportivo, e non.
Bambini sospesi tra tv e tablet e giochi di ogni genere, incapaci di infilare un congiuntivo e senza un ruolo nel mondo se non quello di clonare il loro padre.

Ho un amico tra i più cari che una volta mi ha detto.
- Io leggo solo d'estate, forse. Durante l'anno non ho tempo.
Ma leggere è una scelta, non è un riempire del tempo vuoto.
Leggere è decidere di farlo, se piace.
Se guardi la tv e non leggi fai una scelta. Così come il contrario.
Se vai a letto e ascolti musica o giochi con il telefono, fai una scelta.
Forse una scelta facile, di comodo, meno impegnativa, ma sempre una scelta è.

I dati rivelati dalla ricerca nell'articolo rivelano che la già scarsa propensione alla lettura degli italiani (in alcune zone pure drammatica) continua a ridimensionarsi e a tendere a percentuali formidabili.
Con conseguenze drammatiche per tutto il comparto che ruota intorno allo scrittori: librerie, case editrici, autori stessi...
Si sa, la crisi...

Una cosa la ricerca mi ha confermato, una volta per tutte.
Il mio sogno di una libreria, con qualche idea innovativa che mi gira in testa, e con un approccio al mercato differente, è ormai svanito e completamente seppellito.
Ormai, il librario, è un mestiere per ricchi.

venerdì 19 settembre 2014

Due sassi nella scarpa (sinistra)

Due cose mi frullano nel cervello.
Due cose che si sono di fatto 'concluse', dove è necessario, per la mia salute mentale, fare qualche veloce valutazione.
O meglio, esprimere il mio parere.

1. La legge sul lavoro, e in generale sul governo.
È straordinario quanto questo governo, cosiddetto di sinistra, centro sinistra, democratico e che dir si voglia, riesca a pensare - fare pochino... - le soluzioni peggiori, gli leggi ancora più spaventose, i cambiamenti più deleteri della Costituzione.
Ora siamo al saccheggio dei diritti più elementari - e lo dico da imprenditore - dei lavoratori dipendenti, che a quanto si capisce, potranno essere licenziati per in-giusta causa, senza la garanzia del reintegro del posto di lavoro perso in modo ingiusto.
Non entro nei tecnicismi che non conosco. Ma rimango basito da questa fantomatica aria da innovatori che significa solamente tornare indietro.
La tutela dei diritti è un aspetto fondamentale non solo sul posto di lavoro, ma in tutta la società civile.
Sembra che l'unico obbiettivo sia quello di toglierli, ripristinare un rapporto di natura tribale tra le parti, sviluppare solo conflittualità. Con la pretesa che in questo modo si 'liberalizzi' sia il mercato del lavoro sia la società tutta. Cioè, si possano cacciare senza problemi la gente della mia età, per far posto a giovani incapaci che costano la metà. Con però l'obbligo di andare in pensione a 65, a 67 o a 136 anni.
Siamo alle prese con un manipolo di ragazzotti senza arte né parte, senza esperienza, incapaci di nome e di fatto, un po' bellocci e un po' simpaticoni, che hanno effettuato, senza alcun investimento elettorale, un'occupazione dei centri di potere per spazzare via chi c'era prima, prendere il loro posto, e accompagnare il paese verso una società di destra (sì, si può dire, per la miseria...), mascherata da moderna, meritocratica e liberale (altro termine che mi fa venire il bubbone sul naso.

2. La chiassata scozzese.
Due palle infinite, inutili, su un paese che per fortuna è rinsavito, e ha fatto una scelta intelligente e non di pancia (piena di whisky).
Ne sono felice sia per il mantenuto equilibrio in Europa, sia per la lezione - ennesima - che si dà a quei piccoli uomini che pensano in piccolo senza capire che il mondo ormai va da un'altra parte.
E poi anche per il godere - quasi fisico - nel pensare a Borghezio e Salvini a Edimburgo in dolce attesa di risultati che non arriveranno mai.
Ora tornano a casa, come per il referendum di casa nostra sulla devoluzione, con le pive nel sacco.
Anzi, con le cornamuse, ormai sfiatate.

giovedì 11 settembre 2014

Bombardato!!

No, non sono partito per la Siria oppure per qualche guerra demente che oggi ammorba il mondo.
Ho veramente altro da pensare in questo momento, davvero.
Il 'bombardato' è un'espressione figurata, e le bombe sono solo notizie e informazioni che mettono sotto la lente la capacità di essere padre. Sembra un'epidemia in questo inizio di settembre.
E sempre nei confronti delle figlie femmine.
Ora salta fuori che a seconda del padre che sei - povera Bianca... - la figlia sceglierà un marito/compagno con determinate caratteristiche, spesso in contrasto o in opposizione alla figura paterna che hanno avuto a fianco per buona parte della loro vita.
Quattro le tipologie di padre che vengono fotografate:

1. L'autoritario, quello che impone le proprie decisioni e non lascia tanto spazio ai sentimentalismi e alle debolezze. In pratica uno stronzo, ruolo che nella storia del mondo i padri hanno saputo interpretare in modo esauriente e con recitazioni da Oscar.
La conseguenza di questa paternità scellerata è che spesso le donne ricercano poi un uomo disponibile e dolce non riuscendoci quasi mai, cascando inevitabilmente tra le braccia di un uomo che è l'esatta fotocopia del padre. Con il risultato di fare una vita d'inferno.
Io non lo sono. Sono deciso e determinato nelle scelte che faccio verso mia figlia, ma non sono di certo un autoritario padre-padrone che rende la vita impossibile al mio gioiello dai capelli rossi. Di questo ne sono certo.

2. L'amicone. È quel padre che è sempre disponibile al gioco, all'amicizia e che di fatto non riesce a far comprendere la differenza tra realtà e fantasia alle proprie figlie. Il rischio lo vedo molto più marcato tra padre e figlio maschio, devo dire, in cui il padre 'ragazzone e bamboccio' trova nel figlio il mancato fratello minore oppure il mai raggiunto compagno di giochi. Tant'è.
In questo caso la ricerca della figlia è verso invece un compagno solido, che trasferisce responsabilità e che assume il suo ruolo di coppia.
Io non lo sono, manco per sbaglio. Anzi, recrimino verso me stesso la mia scarsa disponibilità al gioco e soprattutto alla complicità. È un limite, altroché. Spero che i miei figli non mi accusino un giorno di latitanza ludica...

3. Il disinteressato. In pratica, quello che se ne frega. Figura molto presente nella storia dell'umanità maschile. 'Io devo andare fuori a cacciare, dei figli te ne devi occupare tu, anche perché li allatti pure... che vuoi che faccia io'? O peggio ancora 'sono cosa da donne...'.
Ecco devo dire che vedo 'bene' l'evoluzione naturale tra padre disinteressato e padre autoritario. Più uno si disinteressa, più è ai margini, e più ogni volta che ci mette il becco lo fa con scarsa gentilezza e incapacità di comprendere. Il risultato è l'ordine, l'imposizione.
Le figlie con questo bel tomo davanti corrono il rischio di cercare un padre simile che le porti alla solitudine emotiva e alla carenza di attenzioni e affetto. Oppure l'opposto, con grande gioia per entrambi.
Io no c...o, io mi interesso, eccome, ci sono, con i miei limiti affettivi, di tempo e di capacità. Ma ci sono e cerco di assumere il mio ruolo di punto di riferimento. Bianca lo sa e mi 'usa'.

4. L'inimitabile. È il padre 'perfetto', che è sempre presente, comprende, si affianca, non soffoca, dirige, convince e ama alla follia. Credo che ce ne siano pochi sulla terra a essere così formidabili e fenomenali, ma forse mi sbaglio, per invidia.
Con questi padri è dura, comunque, perché la ricerca di un uomo simile diventa spasmodica e spesso senza successo. È difficile trovare qualcuno che non è imitabile, è difficile scovare l'uomo che è l'esempio di perfezione emotiva, razionale e pratica.
Io non sono così purtroppo. Ce la metto tutta, mi spacco il cervello ogni giorno per cercare di essere perfetto agli occhi dei miei figli, ma non sono così, non ce la faccio, cedo spesso alle mie debolezze.

Io sono il quinto profilo, che nella ricerca non viene nemmeno citato.
Un padre che adora la propria figlia oltre ogni cosa al mondo, e che farà di tutto perché abbia una vita felice, serena, intelligente, ricca e splendidamente lunga.
Una faticaccia che è la cosa più bella che mi sia capitata nella vita.

lunedì 8 settembre 2014

Tempo di bilanci

Ci sono notizie, nel marasma di sangue, attentati, esecuzioni, spari, fughe, violenze di ogni tipo, che invece consolidano la voglia di vivere, rinsaldano il proprio rapporto con l'esistenza e rendono armonico il proprio abisso con la confusione del mondo.
Come questa.
Finalmente ora sono più tranquillo.
Non che fossi preoccupato di incontrare il barbiere polacco e che al posto della rasatura perfetta mi proponesse uno squarcio nelle mie povere membra - tra l'altro faccio altro di mestiere, e soprattutto vanto un sesso diverso della vittima tipo -, ma la notizia riaccende la speranza che molte cose in questo mondo si possono sistemare.
O alcune, almeno.

Il problema sono i tempi.
Per esempio, se stiamo a questo cadenzare del tempo, forse quando i miei figli saranno ormai nonni, probabilmente si verrà a sapere con certezza chi ha abbattuto l'areo a Ustica, oppure chi ha sicuramente massacrato quasi cento persone alla stazione di Bologna.
E non solo.
Anche chi è quel maledetto che mi ha rubato la moto all'inizio dei seventies - che Dio lo tramuti in una gallina in un allevamento intensivo, era la mia prima moto...-, chi ha sfondato la portiera della mia Renault 4, quando era regolarmente posteggiata mentre di notte dormivo.
E poi.
Chi è quello schifoso maledetto che si è fottuto il mio portafoglio circa trent'anni fa mentre in metro, cercavo di raggiungere l'ufficio, creandomi noie a non finire.
E via così.
Insomma, per coniare una frase intelligente e geniale, la speranza è l'ultima a morire.
Il problema è che nell'attesa che la speranza faccia il suo corso, si muore.
Ci penseranno i miei pronipoti.
Dopotutto, la vendetta è un piatto che si mangia freddo, o no?

lunedì 1 settembre 2014

Due cose

Ci sono due cose che oggi, grazie ai siti di informazione, si ripropongono con maggiore decisione.
Due questioni lontane tra loro - una drammatica l'altra politica - che però grazie alle riflessioni e alle analisi di giornalisti più attenti, si ripropongono ancora con maggiore vigore e che impongono, almeno a me, un un surplus di considerazioni.

1. Ucraina.
Io devo dire che non ho un'idea precisa sulla polveriera nell'est d'Europa. Io continuo a pensare che in un mondo sempre più senza barriere, alzarne altre è una pessima cosa. Dopodiché non conosco - lo ammetto - gli scenari, no riesco a capire se questa è una una guerra di popolo per la sua autodeterminazione oppure è solo l'ennesima mossa dello scacchiere internazionale per avere egemonia politica, militare e ed economica.
Questa cosa che Putin dà in continuazione dei nazisti agli ucraini mi preoccupa, perché sono definizione più o meno obsolete, e quindi ritirarle fuori dal baule in soffitta mi fa riflettere. Dall'altra parte, questo baluardo della democrazia dopo il comunismo cattivo, tanto sostenuto dall'occidente, è un uomo pericoloso, non so quanto disposto a bluffare o a far sul serio.
La Russia sta cercando di risalire la china della sua decaduta influenza internazionale, sta recuperando il suo ruolo di super-potenza.
L'allarme che oggi il neo presidente europeo Tusk ha lanciato alla cerimonia di ricordo dell'invasione polacca della Germania nazista - che di fatto diede l'inizio alla seconda guerra mondiale - è forse un po' 'forzato', ma sicuramente è un messaggio che non deve cadere nel vuoto.
Ogni volta che rivedo documentari sull'epoca, mi chiedo sempre come è possibile che 'tutti' non abbiano fatto nulla per impedire quello che poi è stata la carneficina mondiale.
Come è possibile che 'tutti' siano stati a guardare, oppure ad armarsi, in attesa che il disastro si compisse.
Oggi viviamo lo stesso clima di attesa, di follia sul precipizio, di muscoli mostrati e di minacce dall'altra parte.
E intanto le 'gente' vive, si sposa, muore, fa figli e va allo stadio come se nulla fosse.
E per quanto ci riguarda, abbiamo un governo che non se ne cura, per nulla, mostrando il massimo dell'indifferenza e la latitanza più pura.
E qui viene il punto due...

2. Renzi.
Mi ero promesso di non parlarne, almeno per un po', ma ormai le parole vengono fuori da sole e non riesco più ad arginarle. E ormai i ricorsi storici, le spacconate e questo intervento di Lucia Annunziata stamattina hanno stappato la bottiglia facendo tracimare tutto quello che ho dentro.
Tre aspetti.
a. Arroganza formidabile, spacconate senza utilità, insulti belli e buoni quasi sempre a compagni di partito (mai agli avversari), tattica bestiale e buffonate di corte. Ormai il culto della personalità autoprodotto dal nostro presidente è infinito, ma c'è chi ormai comincia a provare fastidio.
b. Continui annunci, continui lanci di programma, di attività, di leggi e decreti, di riforme, di piani, di conti, di iniziative... per poi 'sputtanarsi' in modo indelebile al primo consiglio dei ministri in cui non passa nulla, e tutto viene rinviato per un presunto ingolfamento. Ora spuntano anche i mille giorni con relativo sito per fare in modo che i cittadini controllino e dicano la loro. Io sinceramente dico Basta! agli annunci, ai sensazionalismi, al marketing politico. E urlo a gran voce un elenco di priorità: economia e imprese e lavoro, sicurezza e giustizia. Con qualche risultato però, perché per ora tante chiacchiere e nulla di fatto.
c. Il più spinoso, quello sostenuto dall'Annunziata. Ma Renzi è in grado/capace di governare?
Io prima dell'avvento del ragazzino di Firenze, quando si parlava di rottamazione, lanciavo l'allarme che dietro a questa presunta rivoluzione, c'era solamente un gruppo - sicuramente più giovane! - che voleva prendere il potere. Altro che balle, solo quello.
Bene oggi ce l'hanno, e stanno facendo comprendere a un paese ammalato di giovanilismo, che le competenze, le capacità, le esperienze non arrivano per immanenza.
Ma soprattutto le capacità sono dettate da studio, analisi, tecnicalità.
Questi non sanno nulla, si autopompano grazie alle loro giovani età e al loro presunto fascino. E si incensano grazie alla loro presunta efficienza e velocità.
Ma il risultato per ora è il nulla, su tutti i fronti.
Che fare?



Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...