lunedì 30 giugno 2014

La morte ingiusta

Cari figli miei,
Volevo raccontarvi una storia, una storia non a lieto fine, una storia che finisce male.
Ve la scrivo, perché non ho il coraggio di dirvela a voce, perché la voce si romperebbe, perché tutto sarebbe inefficace e correrebbe il rischio di diventare solo un concentrato di emozioni e dolore.

Volevo parlarvi della morte.
Voi siete piccoli, meravigliosamente piccoli, e per natura ancora non avete incontrato il dolore di una perdita.
È vero, qualche anno fa è morto mio padre - mia madre non l'avete mai conosciuta - ma eravate ancora più piccoli e il nonno molto anziano. Ricordo benissimo, dopo che tutto era finito, quando vi ho detto che ci aveva lasciato.
Eravamo in salotto, voi in braccio a me - una gamba per uno - e lì vi ho raccontato quello che era successo e che il nonno non ci sarebbe stato più.
Tu Bianca avevi quattro anni, e non hai proferito parola. 
Andrea invece mi hai guardato e hai buttato lì un 'Davvero?', come se ti stessi prendendo in giro.
Dopo giorni ne abbiamo riparlato, ma con il nonno ormai che era parte del vostro brevissimo passato.

La morte dicevo. La morte, non quella naturale, quella che arriva dopo il tempo che passa, quella che si avvicina in punta di piedi ai più vecchi, quella che si accetta, perché è nello stato delle cose.
Non di quella.
Ma volevo parlarvi della morte che arriva con gli scarponi da montagna, picchiando i piedi, senza alcun rispetto, in anticipo. E prende a calci tutto e tutti.

Nei giorni scorsi ci ha lasciato Giorgio, che voi conoscevate benissimo, uomo possente dalla bontà infinita.
Lo conoscevate benissimo perché era uno dei più cari amici di papà, uno dei più 'antichi', dai tempi dell'università.
Il vostro papà non è una mattatore di compagnia, non ha una schiera infinita di persone vicine, e quindi i suoi amici veri li potete contare sulle dita di una mano.
E quando parlo di amici veri parlo di persone vicine, amorevoli, che anche se non si vedono spesso, sono sempre a disposizione per una chiacchiera, per un aiuto, per un sorriso.
Giorgio era una di questi.
Lo vedevate spesso in montagna, visto che aveva la casa dove l'abbiamo noi. 
In giro spesso insieme per i monti, a sciare, a volte al mare, a volte in qualche caotica cena comune.
Ed era un uomo dolce, buono, sempre con il sorriso e con la battuta pronta.
Sempre con qualche 'novità', con qualche iniziativa e con qualche regalo.
L'ultimo a Natale, un'improvvisa sfornata di aerei di balsa che abbiamo insieme fatto volare sui prati tra i monti. 
Sono ancora là in montagna, che ci aspettano, e la prossima volta li faremo volare ancora.

La morte dicevamo. Continuo a divagare, perché non so cosa dire.
C'è una morte dolce, e per certi versi 'giusta'; e poi c'è quella cattiva, violenta, profondamente ingiusta.
Ecco, di questa volevo parlare. Della morte ingiusta.
La morte di Giorgio è una di quelle.
È la morte di un uomo che ha speso la sua vita per gli altri, per i suoi genitori volati via, per la suocera ammalata che ci ha lasciato l'anno scorso, per la moglie e soprattutto per i suoi figli.
Figli non arrivati naturalmente, ma trovati con amore immenso e raccolti come fossero suoi.
Due adozioni ottenute con grande fatica e determinazione, ma raggiunte sempre con un sorriso per tutti.

Oggi Galia e Denis, già tremendamente provati dalla loro sfortunata vita precedente, si ritrovano senza il loro punto di riferimento, senza l'affetto del loro vero padre. Così, senza avvertimento, nello spazio di qualche secondo.
Ecco perché vi parlo della morte ingiusta.

Vi racconterò a voce, quando ne avrò la forza, cosa è accaduto.
Non tanto per spaventarvi, non tanto per farvi crescere troppo in fretta, ma soltanto per farvi capire che ogni giorno è una gioia, che ogni giorno vissuto e è una fortuna, che ogni giorno speso è una conquista.

E soprattutto per farvi capire, ahimè, che il dolore per le morti ingiuste è insostenibile, urla vendetta da una parte e succhia via tutta la gioia di vivere.
Ieri in un film sentivo che non bisogna avere pietà per i morti ma per i vivi.
E Pavese, se non sbaglio, diceva che il problema è per chi rimane.
Vero, verissimo.
Ma si supera tutto, anche la morte di una persona cara. Quello che non si supera, maledizione, è il furto di una vita donata agli altri

Siate felici il più possibile.
Io cercherò in tutti i modi di aiutarvi.
E perdonate il vostro vecchio padre che da oggi ha una ferita che fa fatica a chiudersi, e che fa fatica a farsi una ragione di quello che accaduto.
Vi adoro.
Papà Paolo, o come mi chiamate voi, Papi.


mercoledì 25 giugno 2014

Fategli...

Prendete un uomo.
Grande, grosso, più di novanta chili.
Faccia buona, simpatica, occhiali, capelli grigi praticamente da sempre.
Diamogli un'età, oltre i 55.
Sposato, due figli, adottati, dopo anni di tentativi, visite e verifiche.
Un amico, di molti.
Un brav'uomo, superficiale nelle cose di nessun valore, ma profondissimo quando i giochi si fanno seri.
Uno stupendo narratore di favole, di storie vere, di macchine e di avventure.
Un milanese 'verace', sia nell'accento, sia nella voglia di fare, sia nella disponibilità verso gli altri, sia nella parlata, intercalata da espressioni tipiche meneghine.

Prendete quest'uomo, vestitelo di tutto punto - con il suo stile, si intende, pantaloni spesso jeans, camicia, giaccone/giacca a vento, mai una cravatta.
Fategli preparare la colazione per i figli, fategli svolgere quelle abitudinarie operazioni di ogni giorno, dispensare battute, raccomandazioni.
Fategli prendere accordi con la moglie per la giornata - stasera pizza? la prendo io...
Fategli portare la moglie al lavoro, visto che il tempo regge e con la moto si fa prima ad andare in centro.
Fategli dare un rapido bacio alla consorte con la raccomandazione di non fare tardi.
Fategli mettere il casco, infilare le chiavi nel cruscotto della moto, schiacciare il bottone dell'accensione.
Fategli pensare che fa un bel caldo e che in moto un po' di sollievo lo si cattura.
Fategli pensare alla strada per andare all'appuntamento che aveva non molto distante.
Fategli mettere la freccia, girare la manopola del gas, infilarsi nel traffico infernale della città sempre più caotica.
Fategli quasi raggiungere il luogo dell'appuntamento.

E poi in pochi secondi tutto svanisce, il cuore cede, la moto striscia sull'asfalto rovente, il corpo gigantesco si accascia,  si arrotola, e dopo un tonfo si ferma immobile.
Ecco, una vita di uomo buono si è dispersa nel vento.
Per sempre.
Resta solo il dolore, la solitudine, il rammarico delle cose non dette, non fatte.
Resta solo un terribile silenzio, in una sala fredda e bianca.
E restano solo quelli che rimangono, persi e sgomenti.
E forse, dopo, restano i bei ricordi di una vita passata insieme, da amici veri.
Ciao Giorgio.

lunedì 23 giugno 2014

Storie di ordinaria famiglia

Io voglio segnarmelo questo weekend, perché è stato bellissimo, perché è stato sereno, perché non è successo nulla che lo violentasse.
Un tranquillo weekend in montagna, che ha segnato una tappa nella crescita dei due Squali, che ormai diventano grandi.
Niente di che, ma segnali che portano ad affrontare la vita futura con speranza e con ottimismo.

Partenza durante la partita dell'Italia - 'così non troviamo nessuno'... - e cosa vera, almeno fuori dalla città.
Arrivo ancora presto, un po' di tempo per finire insieme la serata.
Sveglia il sabato con obbiettivo una gita in alto, visto che finalmente la neve sembra essere sparita.
Meta? Il lago naturalmente, dove in inverno si va a sciare.
Bellissimo, azzurro il cielo, blu profondo il lago, verdissimi i prati e i pini che lo circondano. Un luogo dove gli dei sicuramente, appena tutti gli inutili umani si allontanano, se ne appropriano, rendendo ancora più piacevole la loro eterna esistenza.
Panini lungo il lago, con Andrea che non si è neanche lamentato del menù - classico, prosciutto, formaggio, frutta e cioccolato!!.
Giochi sul lago gettando pietre, rami, rincorse, per poi scendere, alla ricerca di scarpe della misura giusta di Andrea, visto che dopo un anno il piede, come è normale, è cresciuto.
E poi spesa, buona carne che a Milano ci scordiamo, poi cena, e poi - wow!!! - sotto con l'episodio 6 della saga interminabile di Harry Potter.
Bianca e Andrea hanno una vera passione, appena possono si rincorrono con piccoli bastoni in mano tesi in avanti come fossero bacchette magiche di maghi professionisti.
Andrea si è letto tutti i sette libri in neanche un mese, e tra un po' forse potrebbe cimentarsi anche Bianca. I film sono carini, anche se per il mio cervello in pappa, faccio una fatica tremenda a seguirli, a comprendere e ricordare tutti i nomi, a capire le parentele e a districarmi tra magie, trucchi ed effetti speciali. Però sono divertenti.
La domenica, tempo un po' peggiore, gita a piedi veloce, ristorante tipico che era un po' che ci mancava, e poi tutti alla palestra di arrampicata, con i due ragni si sono cimentati sotto gli occhi strabiliati dei giovani tenutari della struttura - palestrati e ipertecnici - in salite veramente impegnative.
Poi il ritorno verso Milano, con l'umore sempre sereno, neanche scalfito dall'ennesimo incidente sulla strada  che ha provocato code interminabili e tempo perso.
La famiglia, quando si riesce, è una botte di serenità e felicità.
Alla faccia dei suoi detrattori.

martedì 17 giugno 2014

Un vuoto infinito

In queste pagine dove spesso si parla di gioiosa vita famigliare, dove i bambini che ho la fortuna di avere 'si raccontano' per interposta persona attraverso il loro padre (almeno un po'), oppure dove io mi diletto a discernere di situazione politica senza una precisa strategia, oggi voglio buttare lì un tema, come si dice a Milano, spesso, complicato e nello stesso tempo drammatico, visti i suoi risvolti terribili.

Ieri la notizia di un 'uomo normale' che improvvisamente, senza alcun segnale apparente, distrugge la 'sua' famiglia solo per la paventata idea di essere attratto da un'altra donna.
E ho già scritto come la penso.
Oggi le pagine dei giornali sono piene di un nuovo arresto di uno dei casi strillati a tutti gli angoli degli organi di informazione del suolo italico.
Poi, tanto per gradire, anche altre notizie su altri efferati omicidi partoriti tra le tranquille e borghesi case degli italiani.
Tutti a opera di persone 'normali', ma soprattutto uomini, maschi, mariti.

Ecco, a questo punto mi sorge una sola domanda, che non ha nulla di politico, nulla di sociologico, nulla di intrinsecamente psicologico. Una sola domanda, o meglio una rapida e sintetica considerazione.
Noi uomini, maschi, mariti, amanti, a questo punto, dobbiamo farci almeno qualche domanda.
Dove stiamo andando?
Qual è il nostro obbiettivo?
Che ruolo ci riserva il futuro su questo mondo?
Qualche risposta dobbiamo darcela, prima della fine di tutto.
E una volta trovata bisogna fare il passo più complicato: trovare qualcuno che ascolti.



lunedì 16 giugno 2014

Qui si parla di morte, quella vera...

Io non sono mai stato 'appassionato' di cronaca nera, non ho mai letto una riga - e tantomeno seguito programmi TV - che raccontasse terribili fatti di un'oscena umanità.
E anche oggi mi rifiuto di approfondire (e cosa poi?) questa terribile vicenda capitata in provincia di Milano.
Ma bastano i titoli perché qualcuno si faccia qualche domanda.

Io dico, il mondo è pieno di mariti e di mogli, di amanti e di scappatelle, di cornuti e cornute, di separazione e divorzi.
Ma è anche pieno di colleghe e colleghi che si puntano e si frequentano, a volte fino in fondo.
Il mondo è pieno di donne ammiccanti e di uomini con l'occhio da pesce lesso, di squallide mani morte e di patetici bottoni slacciati, di voglia di trasgressione e di paura della noia.
Il mondo è pieno di pochezza e di tante storie d'amore.
Ma il mondo, soprattutto, è pieno di regole e contro-regole, che ti permettono di trovare scappatoie e contromisure se hai 'cambiato' idea nella tua vita di coppia.
Basta avere - scusate il latino - le palle.

Se non le hai, i casi sono tre: o rimani, o ti nascondi o te la vivi come meglio credi.
Il caso numero quattro, quello di risolvere tutto con un coltello da cucina, non è contemplato.
E lo sapete perché?.
Perché non siamo animali, non siamo bestie nella savana, abbiamo l'uso della parola, e fino a quando è provata scientificamente la sua esistenza, anche quello del cervello.

E non parlo dei figli, che hanno trovato la loro fine grazie al loro padre, alla persona di cui più si fidavano al mondo, insieme alla loro madre. Nel suo orrore, questo atto, è impensabile.

Sono alla ricerca, spasmodica, da ore, di una notizia che mi conforti. Che questo essere che ha saputo porre fine all'esistenza dei propri figli per l'innamoramento per una collega, si riveli uno fuggito dal manicomio della zona, che sia in cura da 150anni da uno psichiatra, che avesse già dato segnali di scompenso psichico in passato. Insomma, per dirla alla 1.0, che fosse pazzo da legare!

Questo almeno mi conforterebbe, mi tranquillizzerebbe, fermerebbe quella sensazione di formidabile terrore che questo essere in fondo sia un uomo normale, con la villetta, con una famiglia, con due figli piccoli, che lavorava, che faceva la sua vita, come tutti noi.

Ho paura, oggi, ho paura dei miei simili.
Ho paura di una follia sempre più normale.





giovedì 12 giugno 2014

Prendere uno per picchiare l'altro

Si perde nella notte dei tempi, ma ho un ricordo indelebile di una frase che mio padre, esasperato da alcune giornate - in genere i weekend - full immersion con i suoi due figli, dopo l'ennesima discussione, litigio, contrapposizione generazionale, scontro politico e chissà che altro, sfinito si ritirava in camera sua borbottando (spesso in dialetto cremasco) "bisognerebbe prendere uno per picchiare l'altro".
Io sotto i baffi - che ancora non avevo - spesso sorridevo oppure, se valutavo che in quel momento la rivoluzione bolscevica fosse messa in serio pericolo da quella frase, replicavo con ancora maggiore veemenza, e tutto finiva in scontri ancora più virulenti.

Ecco, stamattina, questa frase è emersa con grande forza, dai meandri più reconditi della mia massa celebrale in via di smantellamento, per essere applicata, in un volo pindarico 2.0, all'attuale situazione politica, sempre più paradossale, e sempre più comica.

1. Prenderne uno...
"Se entro il 10 giugno non è passata la riforma del Senato mi dimetto".
Bene, io non sono qui con il cronometro a recriminare riforme (quali poi? Quelle giuste? Boh...) e cambiamenti. Credo che il paese abbia bisogno di modernità, di rottura verso il passato, di lotta alla corruzione...insomma di tante cose. Ma il problema è che quali sono le soluzioni a questi problemi.
Sulla riforma del Senato sono totalmente contrario, ma è la mia opinione e non conto nulla, e in democrazia vince chi ha più voti. Quindi chi vince fa quello che decide, nell'ambito della legge.
Il problema sono le continue sparate, i continui proclami, il reiterato mostrarsi iperdinamico e decisionista, scandire ogni attività con l'orologio in mano e poi andare a sbattere. E allora, a questo punto, credo che ognuno abbia il diritto, dopo il 10 giugno, di chiederne conto, soprattutto dopo il risultato elettorale delle settimane scorse.

Quindi chiedo: e allora signor presidente del consiglio, che facciamo?

2. ...per picchiare l'altro.
Ma siccome sono ormai in avanti con gli anni, ma non sono ancora in disfacimento totale, capisco che quello che scrivo sopra, per gli avversari politici del Ribollito di Firenze, è una manna, e purtroppo non perché leggono queste note abbandonate da dio e dagli uomini.
Infatti il signor Bava alla Bocca dalle ville miliardarie si è buttato a corpo morto sulla polemica, chiedendo conto.
Con i relativi hashtag, merletti di ogni tipo e pizzillachere di turno.
Bene, ha ragione, almeno in questo.
Ma proprio pochi secondi dopo aver constatato ciò, sorge all'osservatore politico più attento (ma ci vuole proprio poco...), un'altra domanda.
"Ma scusi, signor Bava alla Bocca, non aveva detto che se non vinceva alle elezioni europee, si sarebbe ritirato? O abbiamo capito male?"

Quindi chiedo: e allora signor comico Tv, che facciamo?

Ecco.
Il fastidio della politica di oggi, ormai personalistica, senza progetti, senza programmi, senza partiti, con obbiettivi non proprio 'chiari' è questo. Senza tutto ciò rimangono solo le sparate, le caxxxte, i teatrini, le battutine.
Di breve durata però, fino a quando, il paese ormai allo stremo non voterà più per nessuno, volterà le spalle alla poca legalità rimasta, allo scarso senso comune avanzato. E allora ci sarà da divertirsi.

Ecco prendere uno per picchiare l'altro...mio padre forse, borbottando in dialetto cremasco, la ripeterebbe anche oggi, se fosse ancora tra noi.

3. Conclusione.
Un tempo, si diceva, che esistevi solo se eri andato in Tv.
Oggi esisti solo e hai dignità di vivere solo se prometti la luna ai marziani. E soprattutto non mantieni la promessa.
Allora faccio anche la mia.
Se questo post non raggiunge almeno 50mila lettori entro sera mi ritiro, mi dimetto e chiudo il blog...e apro una scuola di yoga a Latina.

martedì 10 giugno 2014

Piccola analisi del voto

Primo turno.
Grande vittoria del Pd e del renziano Renzi.
Grande vittoria di numero e di fatto che ha dato grande smalto alla politica del neo presidente del consiglio che in poco più di tre mesi ha promesso tutto e ha fatto poco. Ma ha fatto, in tre mesi checcavolo...
Quello che ha fatto, poi, è un altro discorso.
Il problema vero di questo governo non è se fa bene o se fa male - si sa in democrazia si può anche non essere d'accordo - ma è il continuo chiacchiericcio e i proclami reiterati su quello che si farà. Non si quando, ma si farà.
È irritante ogni giorno avere a che fare con questo marketing politico dell'annuncio che dovrebbe rivoluzionare il paese. Ricorda molto - non abbiatevene a male - il primo Berlusconi, con il 'lasciatelo lavorare' dei suoi portaborse e gli spot patetici del 'Fatto!' per ogni iniziativa paventata. Che poi erano tutte balle, ma il paese ha richiesto 20 anni per capirlo...

Si sa solo che la rivoluzione - se mai si farà - andrà nel senso sbagliato, ma tant'è, ripeto, con la forza dei numeri nella cosiddetta democrazia si ha la forza per fare quello che si vuole.
Speciosa, e alquanto inutile, è poi la polemica sorta subito dopo la chiusura delle urne in cui c'è il più furbo e acuto analista politico, che ha dichiarato che 'non è la vittoria del partito democratico ma la vittoria di Renzi'. Osservazione sibillina di chi ha perso o non vede di buon'occhio il ragazzo fiorentino.
Osservazione anche un po' antistorica, visto che ormai da 20 anni la politica non è più dei partiti, dei programmi e delle cosiddette - aiuto, dico una parolaccia!! - ideologie.
Oggi la politica È personale, zero collegiale ed è fatta soprattutto di proclami e sparate a vanvera.
Quindi ha vinto Renzi, e ha vinto il partito democratico, che è Renzi. Punto e a capo.

Ballottaggi.
Eccoci qui con il capolavoro dell'imbecillità.
'Renzi ha perso, vaccazzozza, visto che ha perso le roccaforti - non l'ho mai sopportata questa parola - Livorno e Perugia - e qualche altro comune prima in mano alla sinistra.
Follia pura, frutto del triste tentativo di chi ha perso ovunque di addolcire la gigantesca sconfitta subita.
Ma c'è un ma.
Credo che da sinistra sia necessario analizzare le due sconfitte più eclatanti, appunto il capoluogo umbro e la città dove è nato il Pci.
Che hanno, almeno per mia opinione, due diverse origini.
A Livorno c'è stato un voto contro Renzi e il Pd, contro questa sinistra che sinistra non è più. In una città fortemente ancorata a vecchi ideali, in un gioco al massacro che neanche io condivido - ed è tutto dire - l'ala sinistra del Pd e la sinistra radicale ha 'protestato' facendo pagare al partito stesso il suo nuovo asse centrista e un po' bigotto. Ne sono certo.
A Perugia invece il voto è stato di netta 'protesta' contro un Pd-sistema che ha occupato tutto e tutti - da decenni, se avete voglia leggete questo libro... che è del 2004 - e che ha ammorbato una città e una regione, chiudendo in modo violento con il passato.

E allora, direte voi?
E allora Renzi ha vinto, stravinto, la destra ha perso, straperso, e l'uomo con la bava alla bocca dalle ville miliardarie pure nonostante il suo notevole risultato numerico.
La sinistra vera è sempre più nel caos visto gli ultimi eventi - ma ne parliamo un'altra volta - e il paese è sempre più allo sbando.
E aggiungerei 'sul ponte sventola bandiera bianca', anche se mia figlia non c'entra nulla.
Ad maiora.

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...