lunedì 8 settembre 2014

Tempo di bilanci

Ci sono notizie, nel marasma di sangue, attentati, esecuzioni, spari, fughe, violenze di ogni tipo, che invece consolidano la voglia di vivere, rinsaldano il proprio rapporto con l'esistenza e rendono armonico il proprio abisso con la confusione del mondo.
Come questa.
Finalmente ora sono più tranquillo.
Non che fossi preoccupato di incontrare il barbiere polacco e che al posto della rasatura perfetta mi proponesse uno squarcio nelle mie povere membra - tra l'altro faccio altro di mestiere, e soprattutto vanto un sesso diverso della vittima tipo -, ma la notizia riaccende la speranza che molte cose in questo mondo si possono sistemare.
O alcune, almeno.

Il problema sono i tempi.
Per esempio, se stiamo a questo cadenzare del tempo, forse quando i miei figli saranno ormai nonni, probabilmente si verrà a sapere con certezza chi ha abbattuto l'areo a Ustica, oppure chi ha sicuramente massacrato quasi cento persone alla stazione di Bologna.
E non solo.
Anche chi è quel maledetto che mi ha rubato la moto all'inizio dei seventies - che Dio lo tramuti in una gallina in un allevamento intensivo, era la mia prima moto...-, chi ha sfondato la portiera della mia Renault 4, quando era regolarmente posteggiata mentre di notte dormivo.
E poi.
Chi è quello schifoso maledetto che si è fottuto il mio portafoglio circa trent'anni fa mentre in metro, cercavo di raggiungere l'ufficio, creandomi noie a non finire.
E via così.
Insomma, per coniare una frase intelligente e geniale, la speranza è l'ultima a morire.
Il problema è che nell'attesa che la speranza faccia il suo corso, si muore.
Ci penseranno i miei pronipoti.
Dopotutto, la vendetta è un piatto che si mangia freddo, o no?

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