giovedì 26 dicembre 2013

Ascoltare il mondo

Buon Natale a tutti.
Auguri un po' scontati, svolte rituali, ma sicuramente sentiti per ciascun individuo che ha un po' di sale in zucca.
La grande famiglia si è trasferita in Alto Adige e per la seconda volta in vita mia faccio il Natale lontano da casa. La prima è stata credo nel '96, in una  vacanza memorabile nella patria della revolucion. L'ultimo Natale e l'ultima vacanza con la mia prima moglie.
Oggi tutta un'altra storia.
Bambini euforici per la prima tornata di regali, attesa della nevicata del secolo che poi non arriva mai, eccellente pranzo con piatti per nulla scontati, salto in Austria per dire che ci siamo stati, serata fra amici - quelli veri.
Tutto bello, familiare, tranquillo.

Con sullo sfondo la notizia di un vecchio amico di una vita ormai passata che se ne è andato, e allora tutto si rimescola , dentro e fuori, si ripetono le consuete domande sul senso della vita, il dolore che ti annebbia, la malinconia che ti tira in giù.
Poi basta uno sguardo di gioia dei bambini, una risata di un amico e un fiocco di neve che sfarfalleggia nel vento e senti qualcuno dietro che ti spinge e allora, con fatica, fai un passo avanti,  e poi un altro, e tutto ricomincia.
Il senso della morte, della vita, di tutto.

venerdì 13 dicembre 2013

In una direzione

Uno degli aspetti più belli del tempo che passa - almeno nella mia esperienza - è che a un certo punto, in modo repentino e senza alcun preavviso - ti ritrovi a guardare i giovani, i più giovani, con occhi diversi.
Improvvisamente non li vedi più parte della tua vita, della tua cerchia, non li metti nel grande cesto delle persone in competizione, e non li vedi più come partner. A un certo punto diventano lontanissimi.
E quindi bellissimi.
Ora mi sembrano tutti straordinariamente in salute, forti, vigorosi, splendidi ed entusiasti della vita.
Ma soprattutto mi paiono tutti figli miei, trasferendomi un po' di tristezza ma sicuramente molto affetto e 'benevolenza'.
L'occasione per rinforzare questo pensiero, di certo non particolarmente profondo ma molto invadente è stata stamattina, navigando tra le ultime notizie, dove ho ritrovato questo filmato che allego.

One Direction, il boom del momento. Leggo proprio questa mattina che hanno vinto XFactor in Gran Bretagna, nel 2010, e oggi sono al massimo di vendite e popolarità. Addirittura le librerie sono piene di libri sulla loro storia (neanche tre anni, forse...), biografie.
Vedendo questo filmato, per tornare al discorso iniziale, ho provato una immensa gioia: giovani cantanti, e soprattutto giovani ragazzi e ragazze entusiasti della loro musica, felici di vederli, straordinariamente impazziti per loro che insieme cantavano e urlavano la loro gioventù.
Magnifico.
Forse è sempre così, oggi soprattutto, dove si vive in piazza ogni emozione e la pervasività dell'informazione raggiunge anche gli angoli più nascosti del piante.
Ma sentire tutti cantare, vedere dei ragazzotti sul palco che con grande professionalità cantano e assolvono al loro compito, assistere a questa fusione straordinaria di tutti, mi ha fatto circolare nelle vene una sana e pulita consapevolezza che il mondo comunque va avanti, che la voglia di stare insieme rimane e che i giovani si prenderanno tutto, migliorando anche, spero.
Magari cantando a squarciagola una canzone dei loro idoli...


lunedì 9 dicembre 2013

Se io avrebbi, potevo...forse...

Oggi è il giorno di Renzi e io parlo d'altro che è meglio.
Oggi è finita la sinistra in questo paese e rientriamo tranquillamente nei ranghi di un paese incapace di avere sogni, volontà, desideri e capacità progettuale, appiattendoci su un pensiero pseudo-liberale inseguendo la Tatcher e Blair, fino allo sfascio definitivo.
Ma non ne voglio parlare, ormai sono out su tutti i fronti e il mondo - almeno quello politico - è ormai patrimonio dei più giovani e quindi a loro il campo.

No, io volevo parlare di quanto discutevo ieri tornando dalla montagna, in auto, con mia moglie.
Che fa pendant con questo articolo, oggi presente su Corriere. it.

Ieri in auto, in un delirio di spese, file e deliri lessicali con i miei figli, a un certo punto Andrea dice a Bianca, parlando di non ricordo cosa:
- Insomma tu sei vulnerabilissima.
E io tra i denti commento con mia moglie:
- Voglio vedere quanti bambini a nove anni usano la parola vulnerabile per indicare una debolezza. O meglio, quanti bambini di nove anni usano in assoluto, o conoscono, la parola vulnerabile.
E poi Bianca, facendo una domanda a 'taglio' edile, al posto di usare la classica parola 'casa' usa edificio.
- I nostri figli parlano con proprietà di linguaggio - commento - e hanno un vocabolario decisamente ampio, per la media e per la loro età.
- Cosa significa, papà?, chiede subito Andrea raccogliendo la mia affermazione per approfondire.
- Significa che la maggior parte delle persone usano pochissime parole nella loro vita, professionale o privata, e che quindi sono molto limitati nelle espressioni e quindi nella loro capacità di analisi, e quindi avranno minori possibilità di affermazione nella società, gli rispondo.

Uno dei segni distintivi forti nella società appiattita di oggi è la capacità di esprimersi, di articolare in modo raffinato e circostanziato quelli che sono i pensieri e le proprie necessità.

Questo articolo conferma quello che ho sempre pensato. Non mi riferisco tanto allo spartiacque economico (importante ma non determinante) che trovo sia una forzatura, ma il fatto che se parli ai tuoi figli con attenzione, se cerchi di usare parole adatte ai concetti, senza generalizzare e appiattire tutto con un  linguaggio da show televisivo, o peggio ancora da social network, loro imparano a usare la lingua e il cervello con grande varietà e formidabile efficacia. E crescono con qualche possibilità in più.

Io li vedo, e li sento i compagni di classe di Andrea, incapaci di articolare un concetto più o meno complesso, per nulla sensibili a quello che li circonda, supini su una cultura massificata, becera e ignorante.
Non tutti, s'intende, ma la media è disastrata, è terribilmente preoccupante.
Io ormai lo dico ogni giorno.
Al mio paese non faccio più sconti.
Ha scelto questa strada - che non è la mia - quindi sparo a zero, senza tentennamenti e con molta presunzione.
Devo solo pensare a proteggere i miei figli e aspettare il momento - se ci arriverò bene, sennò ci penserà la loro madre - di vederli partire per lidi più civili e culturalmente più sensibili, alla ricerca di una vita con migliori e maggiori soddisfazioni.

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...