lunedì 30 settembre 2013

I Croods conquistano il mondo!

Avere figli piccoli oggi offre numerose opportunità.
In particolare ti impone la visione di film di animazione che non degneresti neanche di uno sguardo, in caso contrario.
E ti perderesti qualcosa di formidabile.

Ieri, domenica uggiosa e di lavoro, con Andrea che puntualmente si è fatto venire la febbre, nel tardo pomeriggio si vede un film.
Che film?
- Io voglio 'Cattivissimo me', risponde Bianca che ha solo l'obbiettivo di andare contro il fratello, per principio visto che ha manifestato la volontà di vedere i Croods.
- No, noi vogliamo Asterix e Topolino, rispondono i due figli immaginari che per fortuna non esistono.
L'importante è non essere mai d'accordo, nella nostra famiglia
Visto che Andrea è febbricitante e l'ultima volta ha deciso Bianca, si opta per i Croods.
Urla, strepitii, piedi che picchiano e poi, finalmente, il temporale passa. E si passa alla visione.
È un film che i miei figli hanno già visto con la mamma e amici in vacanza. Io avevo optato per una serata meravigliosamente in solitaria.

Il film è una continua lotta per la sopravvivenza di questa famiglia di trogloditi per nulla sviluppati che un giorno vengono a contatto con un giovane in stato avanzato di evoluzione che di fatto scuote la loro vita inutile.
Peripezie, lotte, corse, fuggifuggi, fino al lieto fine.
Perché vi parlo di questo film?
Perché, oltre al resto - cultura, evoluzione, paura del nuovo, apertura al mondo... - il film affronta decisamente il ruolo del padre, anche se non so quanto volontariamente.
Il capo-famiglia, che per tutta la vita protegge la famiglia, gli procura da mangiare, detta la linea e di fatto frena la loro evoluzione.
Un padre soffocante, premuroso, determinato, e ostentatamente chiuso su se stesso.
Che ha solo lo scopo quotidiano di 'proteggere'.

Quanto proteggere significa di fatto chiudere le opportunità di crescita?
Quanto occuparsi di, porta alla chiusura in se stessi?
Mi ha fatto tristezza nel film, vedere il padre che si animava, si agitava, per cercare di conservare la specie, di proteggere la sua famiglia dai pericoli, a di fronte una la famiglia stessa che voleva sempre di più staccarsi dalle sue attenzioni, alla ricerca di un'evoluzione naturale e giusta.

Maledizione, qual è l'equilibrio tra la protezione e il soffocamento, qual è il limite oltre il quale l'amore per i propri figli sconfina nel soffocamento?
Ora che incominciano a muoversi nel mondo, come faccio a proteggerli senza limitare la loro libertà di crescere?


venerdì 20 settembre 2013

Han Solo, solo su Mercurio

Cari inutili terrestri del passato (il vostro presente),
Lo ricordo benissimo quando il fido Han Solo è stato catturato dal carogna Jabba de Hutt, il capo della banda di contrabbandieri e trafficanti di professione a cui il pilota del Millenium Falcon doveva un po' di soldi.
Lo ricordo benissimo quando l'ha ficcato nella grafite, o cosa diavolo doveva essere. Io ero lì.
Io ero tra i ribelli, a fianco di Luke Skywalker e della principessa Leila, nella lotta per la libertà contro il maligno imperatore, poi spazzato via.
Bei tempi. Combattere contro l'Impero era diventato categorico, oliare le astronavi prima di ogni attacco obbligatorio, e stare con quello che rimaneva dei prodi Jedi un richiamo irresistibile.

Io avevo avuto qualche sospetto, però.
Noi del futuro è vero che abbiamo raggiunto livelli tecnologici impensabili per gli uomini degli anni duemila, è vero che abbiamo le spade laser e la Forza che fa sollevare le cose manco fossimo lo stregone del villaggio, è vero che viaggiamo tra un sistema solare e l'altro con il salto nell'iperspazio (che non ho mai capito bene cosa fosse mai, forse perché quando l'hanno spiegato io ero a casa con la febbre...), è vero che quando ci facciamo delle canne un po' più toste del solito vediamo Obi Wan Kenobi e Anakin Skaywalker alias Darth Vader che si aggirano come se fossero ancora vivi, ma è anche vero che per ora non abbiamo ancora il potere di far ibernare e far resuscitare chi viene congelato, ghiaccio o grafite che sia.
Infatti io non ho mai creduto che fosse l'originale.

Quando parlavo con quello che facevano passare per Han Solo - sicuramente per necessità politiche e strategiche-militari - io lo guardavo storto. Una volta gliel'ho pure detto in faccia e lui, stizzito, ha fatto finta di non sentire o di non capire. Ma il comandante Solo, per realpolitik, doveva continuare a vivere e allora io a un certo punto non ho detto più nulla, la causa prima di tutto! E poi, quello vero aveva un neo dietro l'orecchio destro, e qullo lì che incontravo quasi tutti i giorni non ce l'aveva, quindi...

Ora salta fuori finalmente la verità. Ora che l'impero è stato sconfitto e l'unico problema che abbiamo è tirare a sera, bene, ora possiamo rivelare che chi ha contribuito alla vittoria dei ribelli contro l'impero non era nient'altro che una controfigura al servizio della causa. Probabilmente un pilota diplomato alle serali delle scuola Radioelettra, con il solo vantaggio di somigliare all'originale in modo formidabile. Un fantoccio, insomma, votato alla causa.
Le immagini che vi allego testimoniano la realtà.
L'ewok poco prima
di entrare nella mia cucina
Han Solo è sepolto su Marte, probabilmente portato dagli scagnozzi di Jabba the Hutt appena trasformato in un ghiacciolo alla liquirizia. È rimasto sepolto per anni, all'insaputa di tutti. Forse è stato il vento spaziale o qualche cagnetto marziano dalle impellenti necessità che si è scaricato più volte proprio lì, fatto sta che oggi viene alla luce la reale fine del nostro eroe.

Noi del futuro, che possiamo vedere il vostro presente, possiamo vivere lo stesso. Qui, tra tornei di spade laser, gare di astronavi tra ragazzini e meditazioni intraspaziali abbiamo già di cui riempire le giornate, e facciamo pure fatica a seguire il ritmo.
Voi invece, poveretti del passato, che avete scoperto questo sacra verità dovete decidere cosa fare.
Non potete far finta di nulla.
O cambiate il vostro presente, e quindi il vostro futuro, oppure continuate la vostra vita quotidiana alienata, facendola ruotare ancora una volta intorno a qualche videomessaggio realizzato con tecnologia obsoleta e superata oppure facendovi abbindolare da qualche giovane virgulto che lavorare in un consorzio di sfasciacarrozze.

Vado, ho il bollito di ewok sul fuoco, e la ricetta originale suggerisce che deve essere mangiato non troppo cotto, con tante cipolline stufate di contorno.


mercoledì 18 settembre 2013

Pillole di neo-vita scolastica

1- Un bambino urla e strepita perché alla suddivisione iniziale delle classi viene messo in un gruppo  diverso da quello in cui vengono riuniti tutti i suoi vecchi compagni di materna. Scenate della malavita, unico in tutta la scuola. Disperato. Allora Bianca, si avvicina alla sua 'presunta' maestra - conosciuta quella mattina - e le dice a brutto muso:
- Per forza, l'avete separato da tutti i suoi amici!! È ovvio che si metta a urlare. Lo faceva sempre alla scuola materna. Lo conoscevano tutti.... Il tutto accompagnato da una gestualità a supporto che indicava con forza l'inettitudine dell'organizzazione scolastica nel pianificare qualsiasi cosa.
Della serie facciamoci riconoscere, subito e ora!!

2- C'è una bambina che a Bianca non sta simpatica, nel suo gruppo.
- Ti piacciono i compagni del tuo gruppo (in attesa che le classi si definiscano completamente)? Sono simpatici? Gentili? domando, con circospezione.
Mi guarda. A mia figlia - proprio come al suo papà adorato - bisogna strappare con le pinze le parole, non ha quella propensione a innondarti di sillabe che invece contraddistingue suo fratello maggiore.
- Allora? insisto.
- Sì sono simpatici. Tutti tranne una, mi risponde.
- Ah sì? chi è?
- È una bambina che mi parla sempre facendomi il verso, mi parla sempre come se volesse prendermi in giro. È odiosa.
- Ma dai, ma perché? Sei sicura?
Annuisce per non sprecare altre parole. E se ne va, canticchiando Eleanor Rigby.
Dopo ripetuti tentativi di approfondire perché c'è questo scontro al vertice della piramide scolastica, scopro l'arcano.
La bambina è figlia di inglesi - o coppia mista - e quindi ha un accento non so se di casa Windsor oppure del peggiore dei quartieri di Bristol. Parla un po' come Stanlio e Ollio messi insieme, e la principessa si irrita e quindi le sta antipatica.
Alla faccia dell'integrazione!!

3- Quarto giorno di scuola, mattino, ore 7,30, sveglia, la prima mattina in cui la loro mamma non è presente per un viaggio all'alba.
- Forza, alzatevi pigroni, tra al massimo tre quarti d'ora dobbiamo essere fuori di casa. L'istituzione scolastica del regno italico vi attende a braccia aperte per farvi diventare ottimi cittadini, ottimi cervelli, e ottimi bambini da condire via con la pubblicità in tv per far comprare ai vostri inebetiti genitori cose inutili e costose (questa ultima parte l'ho solo pensata, non l'ho pronunciata giuro!, ho ancora qualche freno, che però ormai si sta esaurendo...).
Il principe ereditario, ormai forte della sua esperienza pluriennale, si alza quasi atletico e si infila nel bagno.
L'altra, la futura regina, gira la testa verso di me, con uno sguardo che è una miscela perfetta tra odio, violenza, voglia di omicidio e desiderio di vendetta acuta.
- Allora Bianca, ti alzi? Ogni volta che dico questa frase, provo una lieve soddisfazione, per tutte le volte che l'ho sentita rivolta a me.
- Io a scuola non ci voglio andare, mai più! La odio!
- Ok Bianca, ribatto io caustico. Sei già a buon punto. Hai già fatto tre giorni di scuola e ti mancano solo 18 anni a laurearti, quindi sei sulla buona strada.
Lei mi ri-squadra. Si alza senza proferire parola. A testa bassa, come gli operai di Metropolis, si avvia verso il bagno. Secondo me prima delle feste natalizie mi assale durante la notte e la fa finita.
Il buongiorno si vede dal mattino!!

Vi tengo aggiornati, ne vedremo delle belle.

venerdì 13 settembre 2013

Scuole del regno, tremate!

Cara Bianca,
Se i simboli hanno un significato, il fatto che tu abbia iniziato la scuola, ieri, con tutti i tuoi timori e le tue curiosità, credo che qualcosa significhi.

Significa che stai diventando grande, più che anagraficamente parlando, per il ruolo che la vita ti sta assegnando. Non più piccola bambina con l'educatrice della scuola materna sempre intorno; non più giovane ragazza alle prese con orari e scadenze di fatto 'annacquate'.

Significa, senza essere troppo solenne!, che il mondo ti apre le porte alla conoscenza, allo studio, all'approfondimento, ad avere risposte a quasi tutte le tue domande di bambina curiosa, intelligente e profonda.

Significa che ieri hai iniziato un percorso, che forse non terminerà mai più, in cui quello che otterrai sarà quello che vorrai ottenere.

Significa che da oggi il mondo ha una protagonista in più, che la tua vita ottiene una svolta sostanziale, un'evoluzione straordinaria.

Significa che stai incominciando a tracciare il tuo futuro.

Potrei dire: sembra ieri che eri alta così, ma non lo faccio, perché lo dicevano sempre a me e io mi imbestialivo come pochi.

Dico solo benvenuta nel mondo della conoscenza.
Tra un po' saprai leggere, finalmente, e
aprirai ancora di più le tue ali della fantasia.

Un bacio
papà

martedì 10 settembre 2013

Liberi tutti!!!

Sempre detto che i giapponesi sono più avanti di tutti.
Nella tecnologia, nella ricerca, nell'anticipare tendenze sociali, nella gestione delle ferie e nel pesce crudo.
Anche in questo caso - perché non ci ho pensato io per primo? - si rivelano una società avanzata, con punte di eccellenza nei loro più alti scranni accademici che di fatto tracciano la linea - almeno da oggi in poi - sui passi che l'umanità dovrà fare per salvarsi definitivamente.

Allora, la proposta è quella di ammettere alle Olimpiadi appena assegnate a Tokyo, del 2020, il gioco del Nascondino come 'sport' sperimentale. Per poi passare alla definitiva ammissione nelle edizioni successive.
Il Nascondino..., cioè quel gioco meraviglioso che tutti facevamo da piccoli e che, man mano si cresceva di età, diveniva il modo più facile e indolore per infrattarsi con le pupette, soprattutto in vacanza, soprattutto tra i monti e i laghi (al mare era un po' più complicato...).
Mi risulta che le Olimpiadi siano l'occasione, ogni quattro anni, che le nazioni del mondo si sono data per misurarsi sui diversi sport. E un modo per avvicinarsi, per conoscersi, per attenuare le tensioni globali.
Ecco, sport: fisicità, tecnica, esperienza, strategia, allenamento, attrezzatura, storia, campioni, record...
Tutto questo è lo sport.
Nascondino?
Cioè...uno, due...cinquantuno, chi è fuori è fuori, chi è sotto è sotto, arrivooo!!!, e il povero pirla della compagnia, che si ritrovava prima a cercare i suoi amici nascosti nei posti più disperati, poi a trovare le coppiette che nel frattempo col cavolo volevano farsi trovare - visto che avevano programmato di impiegare il loro tempo in altro modo -, alla fine del gioco viene pure sbeffeggiato visto che l'ultimo che si salva 'libera tutti'.
Non so. Non voglio essere oscurantista né conservatore nel senso peggiore della parola, ma ho qualche difficoltà ad accogliere questa proposta come seria e praticabile.
Credo che lo sport sia sacro, uno dei baluardi contro il degrado morale e fisico del mondo moderno.  È un'occasione imperdibile per far vedere lo sviluppo dei singoli popoli. È un blocco al declino!!
Nascondino? Beh sarebbe veramente un insulto.
Parliamo di cose serie, per favore!

Io piuttosto proporrei la gara di biglie di plastica - quelle che c'erano una volta, con raffigurati i ciclisti su una metà, Adorni, Bitossi, Gimondi, Anquetil... - con pista fatta dal sedere del più grosso, trascinato per i piedi dal più forte. Una lunga pista, con ponti e buche piene d'acqua, in cui ci si possa misurare, in individuale e in gara a squadre, in lunghe tappe all'ultimo sangue. Tecnica, strategia, forza e intelligenza, quello è sport.
Sono certo comunque che qualcun altro, alla ricerca del tempo perduto, proporrà anche i tornei di 'tollini' sul marciapiede, la lippa, unduetre stella, fino alla madre di tutti gli sport: il tiro a segno con la fionda.
Non ridete, il 2020 è alle porte e ne vedremo delle belle (e di brutte)!

lunedì 9 settembre 2013

Una giornata particolare

Weekend in montagna, come da programma.
E che programma.
Sabato sveglia, e via tutti per una passeggiata (così le chiamava le gite in montagna mio padre, anche se andavi sull'Everest in invernale solitaria...) al rifugio Cristina, luogo straordinario, bellissimo, e ancora più affascinante in questa stagione ricca solo di natura, sole e profumi di autunno precoce.
La domenica pranzo al ristorante, piscina o tennis, giochi e merende.
E rientro per cena all'estero, dove i due angioletti si devono fermare in modo stanziale in attesa che giovedì, finalmente!!, le scuole riaprano e tutto ricominci.

Bel programma, era...
E invece?

Sveglia al sabato mattina, e neanche tanto presto, con Bianca, che in modo sospetto, continua a dire 'che freddo, che freddo'. Strana cosa, visto che lei si aggira senza calze e canottiera regolarmente anche in inverno con finestre aperte!
Febbre a 38!, tanto per gradire, tanto per ricordare che è inutile fare un programma che sia uno, tanto per far capire che è inutile che ti rilassi per dieci minuti, perché al quinto minuto qualcuno ti sveglia e ti riporta sulla terra.
Lancio tutto quello che ho in mano, mi incazzo come una belva e invio messaggi verso l'aldilà non proprio benevoli.
E allora interviene Andrea, suggerendo un 'papà, andiamo noi, ti va?'.
Ed ecco che una giornata stortissima diventa una delle più belle che abbia mai vissuto.
Cambio di meta.
Rifugio Motta, con un pezzo di funivia, visto che ormai sono quasi le dieci e mezza, l'ora in cui, in montagna, si è già a metà strada per qualsiasi meta.
Arrivo alla funivia, e la funivia non va, non è in funzione. Nuovo messaggio verso gli dei e rapida decisione.
- Ce la facciamo tutta a piedi? domando al prode principe.
- Certo, che problema c'è? risponde sdegnato.
- Ho solo un dubbio. Non so se arriviamo in tempo al rifugio per il pranzo, ci vogliono circa un paio d'ore, concludo.
- Andiamo, nessun problema, ce la faremo!, mi urla dalla Sierra il mio Che Guevara.
Veloci via con l'auto verso il punto di approccio al sentiero e via veloci verso la meta.

La giornata è spettacolare, Andrea mi segue nonostante io per paura di arrivare in ritardo spingo sulle gambe senza esitazione.
Il rifugio di partenza dava h. 1,30 per raggiungere la meta. E sapendo che i tempi li danno i valligiani iper allenati e ossigenati, mi immaginavo di metterci almeno due ore.
E invece... un'ora e dieci, dopo una corsa forsennata, con il ragazzino che tagliava tutta la strada che poteva tagliare, e il vecchio padre che sudava le sue sette camicie e sbuffava come un montone infuriato.
All'arrivo, al rifugio (bellissima terrazza naturale sulla valle, uno spettacolo per gli occhi e per il cuore) siamo praticamente gli unici. Una meraviglia insperata, un silenzio da favola, un sole splendente e una brezza che rinfresca anche le viscere.
Durante tutto il tragitto, Andrea (ma dove lo trova il fiato?) non ha taciuto un attimo.
Ha affrontato i temi di
- YuGhiHo, le strategie, gli obbiettivi, le soluzioni
- il Dna, questo sconosciuto, che cos'è e perché diavolo l'hanno inventato
- Bianca, amata sorella che però 'è tremenda'
- Sci, arrampicata e sport di montagna
- I compagni di scuola, quelli tonti e quelli intelligenti
- Varie ed eventuali

Lui ha ordinato funghi e salsicce.
Io pizzocheri e poi funghi.
Una cosa leggerina...
Acqua e un quarto di vino (almeno qui lo bevo, eccheccavolo!).
Lui puntava a rincontrare la figlia della padrona del rifugio, tale Debora (non so se con l'acca o meno) molto carina, con cui aveva a lungo conversato l'ultima volta e con la quale si era infrattato in una angolo 'oscuro' del rifugio a confabulare.
Lei, con un'amica, non l'ha degnato neanche di uno sguardo e quando lui si è deciso di farsi avanti non l'ha più trovata e quindi tutto si è concluso così.
Le donne quando sono insieme sono terribili, spocchiose e odiosette.
Gliel'ho detto, contro ogni regola, in modo che sia avvertito.

Poi siamo scesi, facendo tutto un altro largo giro, passando per il lago, luogo formidabile e sognante.

Alla fine era sfinito, stanchissimo (figuratevi io) ma felicissimo di aver fatto una vera gita in montagna soli, io e lui.
Gran parte della salita e della discesa ha cercato la mia mano, parlando, standomi vicino.
Abbiamo vissuto una giornata di totale complicità. E di felicità.
E ora che, camminando uno a fianco all'altro, riesco ad appoggiare il mio braccio sulle sue spalle, capisco che ormai sta crescendo, che sta avvicinandosi a me, e non solo in altezza.
Capisco che ora mi cerca, vuole la mia compagnia, vuole complicità 'di maschio', vuole fare le cose con me.
E proprio in questi momenti il rammarico di aver fatto i figli così tardi mi assale, mi tormenta.
E proprio in questi momenti mi rivolgo sempre a quell'aldilà di prima che ho tanto bistrattato, per chiedere che mi conservi salute e forze fino al momento in cui lui mi scaricherà come un ferrovecchio e potrò rilassarmi almeno un po'.


venerdì 6 settembre 2013

Due anni domani


Due anni fa domani.
Se ne andava dopo un mese e mezzo di doloroso allontanarsi, graduale, lento ma inesorabile.
Difficile fare valutazioni, se qualcuno le richiedesse.
Da due anni non ho più mio padre che regolarmente manifestava in modo impetuoso la sua presenza, mentre da oltre dodici mia madre ci ha lasciati in punta di piedi, come sempre ha vissuto.
Gli anniversari fanno pensare, ti riallineano con la realtà, te la rendono disponibile.
E così ti ritrovi non solo a generare ricordi - talvolta nascosti, e che in questi frangenti riemergono come se l'addetto all'archivio fosse stato allertato - ma analizzi, ti tormenti, ti annienti di fronte al tuo passato, di fronte al tuo futuro, senza di loro.
A cinquantacinque anni è 'facile' essere senza genitori, il tempo è inesorabile per queste cose, non perdona, soprattutto quando i tuoi genitori non ti hanno fatto giovanissimi. Quando hanno deciso di andarsene, le loro età erano piene di tempo.
Quindi la natura ha fatto il suo corso, intendiamoci.
Ma la sensazione di vuoto, di abbandono, quel senso di smarrimento che a volte mi coglie nei momenti più disparati, è uno stato che è difficile da sradicare, da interrompere.
A volte cado su ricordi, ormai sbiaditi, del passato più lontano, di vita quotidiana da bambino.
Ma più spesso i ricordi si fermano a quello più recente, fatto di sofferenze e dolori, di malattie, di quel senso di impotenza che ti ritrovi tra le mani di fronte a quanto di più ineluttabile la vita ti sbatte in faccia: la vecchiaia.
Due anni domani.

 


lunedì 2 settembre 2013

Campus sì, campus no

Tutto 'è finito', e parlo solo di vacanze, intendiamoci.

Gli squali già da stamattina sono nella grande città, e subito impegnati in quei campus estivi che, grazie a consistenti elargizioni di natura economica, offrono un posto dove metterli in attesa che la scuola muova i suoi primi passi.
'Poveri' bambini.
Prima ai campus per quasi tutto luglio.
Poi al mare per due settimane a nuotare e massacrarsi.
Poi i nonni all'estero.
Poi la montagna, prima con il papà e poi con la mamma.
Ora siamo agli sgoccioli.
La scuola, con i suoi tempi rallentati, apre il 12 settembre, e quindi fino a quel momento bisogna 'riempire', visto che i genitori devono far finta di lavorare.

E siccome questo paese maledetto, con al 'centro' il Vaticano e la famiglia, si organizza per mettere in difficoltà in modo scientifico le famiglie stesse (per fare vivere a suon di euro tutte le associazioni pubbliche degli amici oppure quelle delle parrocchie), allora l'unico modo per avere una soluzione è quello - se non si hanno i nonni a completa disposizione e vicini geograficamente parlando - di sborsare in continuazione danaro, ogni giorno, sempre di più.

È tutto straordinario.

Ma ormai sono rassegnato a questo disastro chiamato Italia.
Conto solo i giorni in cui i miei figli, economicamente permettendo, possano fuggire a gambe levate e permettersi da lontano di guardare il proprio paese, con un sorriso ironico accompagnato da una sonora pernacchia.

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...