sabato 30 marzo 2013

Mani dal passato

Questa casa è piena di fantasmi...

... lui esce dalla porta della stanza da letto, trascinando i suoi piedi, si avvicina alla cucina, prende un bicchiere e con un cucchiaino scioglie il suo intruglio quotidiano - mai capito cos'era - girando, girando e girando all'infinito, senza sosta...

...poi lo vedo sul balcone, camicia di flanella a quadroni e pantaloni di velluto marroni, che con il suo binoccolo scruta le montagne alla ricerca di chissà quale segnale...

...e poi si avvicina con il suo sorriso più solare che gli veniva tanto bene solo qui, come volesse condividere la gioia di essere con noi...

...e poi arriva lei, silenziosa come sempre, che dopo le sue incombenze, prende il suo libro, caffè e sigaretta e si sistema al tavolo, sempre allo stesso posto, senza degnarti di uno sguardo, ma sempre a disposta a regalarti un sorriso rassicurante...

...ed eccola al balcone, con la mano sinistra appoggiata alla ringhiera che guarda giù spensierata, sorridente, in pace col mondo...

...e poi sempre lei, con i primi problemi di salute, seduta vicino alla finestra del balcone che guarda fuori malinconica, a fatica...

...e poi tutti al tavolo, in quei pranzi che ci riunivano tutti, e che io capisco solo ora quanto erano importanti per loro, e ora per me...

Mancano solo le loro voci, i loro suoni, le loro mani.
I ricordi, a volte, sono valanghe che spazzano tutto, lasciando solo un grande vuoto.

giovedì 28 marzo 2013

Puttanieri, troie o troll?

Ecco...la società civile cala i suoi assi.
Da piccolo, quando quelle rare volte mio padre mi portava allo stadio, il massimo dell'insulto che volava tra gli spalti - rigorosamente distinti, mio padre ai popolari manco ci pensava di andare... - era 'albitro cornuto', con la elle, perché quando ero piccolo pensavo si dicesse così.
E mio padre mi guardava tra il complice e l'imbarazzato, fino al giorno in cui gli chiesi che cosa significava col(r)nuto e lui, tra sottili sofismi e saltabecchi filologici ha cercato di farmelo sapere.
Comunque il mondo era più ipocrita ma più educato, non c'è dubbio.
E c'erano i partiti, c'erano le contrapposizioni ideologiche che rasentavano la guerra atomica mondiale, ma c'era più , anche tirandosi coltelli e scomuniche, maggiore rispetto per l'altro e una educazione maggiore.
Oggi invece, siccome ci dobbiamo liberare dell'oppressione dei politici cattivi e corrotti, abbiamo la società civile, anzi civilissima, che ogni volta che cala con tutta la sua voglia di 'cambiamento' è peggio di quello che trova.
Insulti da bar, litigi da ranch texano, risse verbali e non come nelle strade più malfamate di una qualsiasi metropoli del pianeta, discussioni volgari, gesti insopportabili, falsità palesi e reiterate.
Questa è la società civile che abbiamo di fronte agli occhi oggi.
E quando la società civile, tanto arrabbiata e turlupinata, viene criticata ecco che volano ulteriori strali, insulti, fino a definire tutti troll pagati dalla casta cattiva.
Poveri voi italiani.
Meno male che stamattina ho ritirato il mio nuovo passaporto del libero stato di Bananas.
Arrivederci a todos.

martedì 26 marzo 2013

La società civile, anzi civilissima

Sono vent'anni, forse più, che letteralmente, detto in francese, ci scassano i cabasisi con la società civile, contrapposta alla casta, come simbolo di purezza, onestà, trasparenza, senso dello stato e attaccamento al paese.
Da Tangentopoli in poi - e ancora di più oggi - politico significa sterco, furto, accaparramento, ignominia, corruzione...
Intendiamoci, molti si sono dati da fare per confermare queste 'sensazioni', molti hanno spinto in questa direzione, depauperando e infangando l'arte nobile della politica e del mestiere al servizio del bene pubblico.
Ma da quando la questione è stata proposta, da quando la corruzione, prima forse strisciante e sommersa, è affiorata con tutta la sua forza, ci siamo resi conto del fatto che se gli eletti sono farabutti e maneggioni, gli elettori - appena diventano - eletti, non sono da meno.
Prima abbiamo avuto gli imprenditori, casti e puri (come se quando un funzionario pubblico è corrotto non ci fosse un corruttore), che sono scesi in campo per moralizzare e manifestare tutta la loro efficienza. Ricordate quando qualcuno diceva che "i politici non hanno mai lavorato in vita loro"? Ricordate quando la pletora di avvocati e di manager hanno invaso il parlamento in nome della trasparenza e della 'libertà' e della tutela e del 'garantismo'?
Bene, quella gente è quella che fino a pochi mesi fa era maggioritaria in parlamento, ed è stata quella che ha portato il paese allo sfascio, non solo economico, ma anche sociale, civile, rubando tutto quello che c'era da rubare.
Poi c'è stata la parentesi del rigore, che poi rigore non era perché era solo favore, per le banche e l'alta finanza.
Poi c'è stata la rivolta.
Chi non ne poteva più, chi riteneva che ormai siamo arrivati al punto di non ritorno, chi ormai pensava che tutto fosse marcio senza rimedio, è salito in campo per salvare la patria.
E allora giù fendenti, giù massacri verbali, giù urla, sbraiti, spintoni.
E ora chi ha urlato, chi ha additato gli altri, chi ha accusato, siede sugli scranni più alti, con il loro casto qualunquismo, la loro imperdonabile ignoranza e le loro menti presunte libere.
E ora si abbeverano alla vasca su cui hanno sputato fino a ieri.
Pranzo al ristorante interno, abbonamenti gratuiti ai mezzi pubblici, sonni ristoratori mentre gli altri lavorano, stipendi che dovrebbero essere restituiti che invece fluttuano non si sa bene verso quali mete...
Io non mi meraviglio più, solo perché so che questo paese è marcio nel suo midollo, nella sua presuntuosa volontà di accusare tutto e tutti senza guardarsi dentro, nella sua pretestuosa idea di essere meglio di chiunque altro.
L'importante è non farsi più abbindolare da falsi ideali e stancare da inutili sforzi.
Basta sedersi e ascoltare, diceva Dalla.
E attendere sulla riva il prossimo cadavere...

lunedì 25 marzo 2013

Alla deriva

"Io non so se qualcuna l'ha spinta
Io non so se è perché c'è una corrente carogna che la trascina
Io non so se è perché c'è qualcuno invece che la tira per una fune
Io non so se perché chi governa il timone è un totale incompetente
Io non lo so...
Ma ormai la mia vita tende pericolosamente verso il largo come una barca alla deriva".
Indovinate chi?

martedì 19 marzo 2013

Letterina, ina, ina...

Caro papà,
difficile scriverti.
Un po' per evidente difficoltà logistica, un po' perché sei sempre stato difficile, complicato e impossibile da intercettare.
Non solo per il lavoro, la scusa di tutto e di tutti, anche e soprattutto oggi.
Hai avuto un'infanzia difficile come molti dei tuoi coetanei.
Alle prese con la guerra a 20 anni, circondato solo da donne quasi per tutta la vita, sei riuscito a costruirti una professione, l'azienda e pure a sposarti.
Santa donna tua moglie, che poi era mia madre, che con tutti i suoi difetti, ti è stata accanto oltre cinquant'anni, lavorando, crescendo figli e forse facendo finta di non vedere tante cose; troppo riservata e troppo discreta per sollevare questioni, chiedere, fare domande.
"Io lavoro dalla mattina presto alla sera tardi", ci dicevi sempre, per far pesare questa cosa a tutti, soprattutto quando le nostre performance scolastiche non erano all'altezza.
Quanti litigi, maledizione! Quanto spreco di energie in nome di un scontro generazionale che al tempo - bisogna riconoscerlo - era frontale, politico, formativo, sociale e comportamentale.
Si metteva in discussione tutto, soprattutto la tua autorità, o meglio il tuo essere 'riferimento' per tutto. E tu non ti rassegnavi a questo.
Sei cresciuto sotto un padre padrone, che ti ha trasferito quell'atavico senso di autorità ottocentesco e senza senso alcuno, senza farti comprendere invece che è l'autorevolezza quella che conta.
Più passava il tempo e più capivo che dietro ai tuoi sguardi truci, ai musi che duravano settimane, alle tue urla talvolta insensate, si nascondeva un uomo autorevole nel suo mondo professionale ma di fatto inadeguato, sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista emotivo, a un mondo che stava cambiando troppo velocemente e soprattutto in una direzione che non capivi.
Sono stati anni difficili, sia per la tua ostile vita quotidiana sia per la tua ostinata incapacità di interpretare quanto ti circondava. Sia per i miei limiti, intendiamoci.
Poi siamo diventati 'grandi', mio fratello e io.
Ognuno ha preso la sua strada, tra figli, matrimoni saltati, divorzi al cardio palma, mutui maledetti da osservare.
E poi è arrivato il tuo 'riscatto'. La malattia di tua moglie, che si è protratta per molti anni, e che tu hai comunque fronteggiato con capacità di gestione, con assistenza continua, con affetto, con straordinaria dedizione. Fino alla sua morte.
E poi la tua terza vita. Quella da vedovo, solo in quella grande casa.
Per dieci anni ti sei riorganizzato, ti sei 'raccattato' nel vero senso della parola, hai fatto fronte alla cura di stesso senza aiuto, senza dare problemi, aprendoti anche ai consigli dei figli - non troppi, eh? - senza abbandonarti a nulla.
Una vera sorpresa, visto che pensavo proprio il contrario.
Poi gli ultimi due anni, con il crollo senile, maledettamente devastante perché ti ha portato, sebbene molto lentamente, ad avere problemi crescenti dal punto di vista mentale, fino alla caduta - quella fisica però! - in cui la frattura della gamba è diventata la puntata finale di una lunga vita.
Oggi è il giorno del Papà, una di quelle feste un po' inutili che però abbiamo sempre ossequiato con te, facilitati anche dal fatto che il tuo nome era Giuseppe.
I miei figli manco se lo ricordano, per farti un esempio di come i tempi corrono e cambiano, e forse peggiorano.
Ci hai lasciato comunque un'educazione forte e attenta, una capacità di essere rigorosi.
Di questo ti ringrazio.
Buona festa del Papà ovunque tu sia, e se incontri tua moglie dalle un bacio da parte mia.

giovedì 14 marzo 2013

Sempre con la croce addosso

Quando dico proteggere non penso a soffocare, inibire, tarpare e impedire la crescita.
Io penso in continuazione a come proteggere i miei figli, da tutto quello che succede, da ogni nefandezza fisica e morale che il mondo di oggi è stato capace di inventare.
A come riuscire a farli star fuori da tutto questo, a fargli assaggiare solo il meglio che la vita riesce a dare.
Ma la mia è una volontà puramente 'intellettuale', un'ambizione esclusivamente spirituale, ovvero un desiderio psicologico di pensare a loro eternamente felici e lontani dal peggio.
È ovvio che non sarà così, che non può essere così, e che la mia aspirazione nasce monca all'origine.
L'unica cosa che conta - memorizzati i battiti di ansia che sono la colonna sonora della mia giornata - è sapere quando fermarsi, quando farsi da parte, per farli passare, in autonomia.
Il tema della ricerca inglese, che ci addebita l'ultimo posto - in una speciale classifica para-europea - sulla libertà che concediamo ai nostri figli nel tragitto casa-scuola e viceversa, mette comunque il dito nella piaga.
Noi, il popolo dei mammoni, dei bamboccioni, degli eterni cocchi di mamma, naturalmente brilliamo sempre in queste speciali classifiche, non a caso sempre frutto di azioni e ricerche di università o agenzie specializzate nord europee.
Sì, siamo iperapprensivi, iperprotettivi, iperpresenti, a fronte di una superficialità e di incapacità cosmiche di fare le giuste valutazioni sulle cose che veramente contano: alimentazione, cultura, educazione e senso civico.
Il mestiere del genitore è difficile, duro, impervio, drammaticamente zoppicante. Ogni sforzo sembra vano, ogni tentativo di fare meglio abortisce all'ombra delle prime difficoltà.
Noi siamo italiani, e di qui non si scampa!, e abbiamo tutti i peggiori difetti del mondo concentrati nel nostro genoma.
Ma noi, maledizione, partiamo con l'handicap. Servizi, assistenza, affiancamenti, tutele, finanziamenti, cure, efficienza, cose che all'estero hanno come diritti acquisiti, da noi sono pure chimere, agognati e lontani sogni.
Almeno questo ci venga riconosciuto.

mercoledì 13 marzo 2013

Giochiamo a rincorrerci?

Ora è tutta una rincorsa al vivere meglio, a scalare una marcia, a ritrovare gli antichi (quali?) valori.
È tutto un rotolare verso una vita più sana, più vicina alla natura, per liberarsi del giogo consumistico, per ritornare a comprendere cosa veramente dobbiamo avere.
Un ritorno al passato, un ritorno alle origini.
Ed è una rincorsa tra chi l'ha fatto e vuole trasmetterci la sua esperienza.
Ex manager, ex imprenditori, ex delinquenti, ex atleti, ex politici.
È tutta una rincorsa.
C'è quella che ha fatto il manager per una vita e probabilmente ne ha combinate di tutti i colori e che quindi ora si sente in colpa, e che quindi crede di avere le credenziali per indicare la via agli altri.
Oppure quella di chi ha venduto la società alla multinazionale di turno e si è riempito la vita di gadget inutili e poi un giorno, folgorato sulla via di Damasco, si accorge che tutto quello che ha non gli serve a nulla. E allora si improvvisa novello francescano e riduce le sue aspettative. E lo dice a tutti pretendendo che tutti facciano come lui.
E poi c'è quell'altra, di chi dopo avere gestito imprese ha la crisi di coscienza e si ritira in un rudere sui colli liguri. Ora scrive libri, trasmissioni tv, convegni, per insegnare agli altri che vivere slow è possibile. E a tempo perso fa lo skipper, il mestiere del vero ecologista ambientalista naturista.
Nessuno però ci dice che una cosa accomuna tutti questi nuovi guru del vivere consapevole. Il fatto che il loro abbandono avviene dopo aver accumulato fortune che permettono loro di avere una vita al riparo da crisi, tempeste finanziarie e congiunture.
Tutti hanno portafogli ben forniti, case e proprietà, rendite, che consentono di vivere agiatamente e di fare scelte diverse.
Encomiabili, certo, ma porca miseria tutto è molto più facile con la pancia piena.
Noi, invece, possiamo fare poche scelte.
Noi abbiamo la nostra rincorsa, quotidiana, costante, obbligatoria: la rincorsa alla fine del mese!

lunedì 11 marzo 2013

Scusa Ameri...

Buongiorno,
Siete in collegamento con la palestra della scuola di via F..... a Milano.
E oggi, dopo una lunga assenza sui campi, eccoci finalmente all'esordio.
La squadra era in apprensione, signore e signori, dovendo privarsi di una delle pedine principali e oggetto della campana acquisti di quest'estate.
Le prime partite del campionato hanno rivelato una sorta di inadeguatezza sia tattica sia di singoli valori, e infatti dopo i primi deludenti risultati il dibattito degli addetti ai lavori hanno concordato che l'assetto della squadra non è all'altezza e mancava qualche elemento di spicco che avrebbe fatto la differenza.
E finalmente con oggi il vulnus è saturato, la ferita è chiusa e si può ripartire con il vento in poppa.
Andrea esordisce oggi nel campionato di basket, aggiungendosi alla squadra che finalmente tira un sospiro di sollievo.
...
Eccoci ai commenti finali.
La partita si è appena conclusa. Nessuno ha capito bene il risultato finale, ma sembra che gli altri abbiano conquistato la vittoria sul filo di lana (52 a 8...), sicuramente grazie a un arbitraggio losco e di parte, a un pubblico ostile fino alla fine e a un campo sicuramente non regolamentare.
Ma ci rifaremo.

Comunque la partita ha fatto comprendere ad Andrea che anche se la palla non la tocca mai, che se saltella sul posto anche quando è in panchina, che se il fisico non è il suo forte e che i suoi coetanei (molti erano anche più grandi e di un pezzo...) lo sovrastano forse anche dal punto di vista tecnico ma soprattutto dal punto di vista fisico, beh comunque si può divertire.
Alla fine era spaventato dalla fisicità degli altri, della loro veemenza tipica nei giochi di squadra.
In auto, al ritorno, era in lacrime di rabbia soprattutto, anche se reclamava un colpo alla carotide che doleva all'inverosimile.
Sono convinto che qualsiasi sport lontano dal calcio faccia bene. E a lui fa bene fare qualcosa in gruppo, anche se vederlo ieri nel campo agitarsi all'inverosimile e inutilmente con quel fisico asciutto e mingherlino mi ha fatto stare in ansia per quasi un'ora.
Decide lui quello che vuole fare.

Me lo domando tutti i giorni e ogni momento: come faccio a proteggerlo da tutto e da tutti per sempre?

domenica 10 marzo 2013

Ministro subito!

Un sabato qualunque, un sabato italiano (c'era una pessima canzone che recitava così, un tempo...) in cui con la famiglia fa visita alla premiata libreria.
Acquisto pari a oltre 200 euro, una follia, con libri per tutti i gusti familiari. Dopotutto è la mia unica spesa, diciamo, voluttuaria. Io non fumo, non bevo, lavoro e compro cose solo per i miei figli, ormai.
Dopo il giro tra gli scaffali, fila alla cassa per pagare, e non trovo la tessera di 'affiliazione' all'editore, che è Feltrinelli.
La carta Multiplus o che ne so, non salta fuori, frugo dappertutto e alla fine pago senza accumulare punti e 'bevendomi' gli sconti collegati.
Mi avvio verso la porta di uscita borbottando contro la mia costante sbadataggine e avvilente distrazione quando mi metto la mano in tasca e trovo la famigerata plastica d'iscrizione. Torno indietro veloce brandendo l'arma per ottenere il paradiso culturale e mi dirigo verso l'odiosetto cassiere che già sprizzava simpatia alla prima puntata.
- Ho trovato la tessera, urlo soddisfatto.
- Non c'è nulla da fare ormai, mi digrigna con un sorrisetto tutto colmo di soddisfatta rivalsa.
Io lo guardo con odio. I bambini mi aspettano e quindi perdo l'attimo per insultarlo, per urlare 'mi chiami il direttore', per insultarlo augurandogli le peggio cose.
Ed esco e me ne vado.
Poi a casa ho scritto alla casa editrice e vediamo se almeno mi rispondono.
Povero Giangiacomo, sapesse che fine ha fatto la sua premiata ditta...

Ma aldilà di questo episodio di vita vissuta di basso livello, il ritorno è stato straordinario grazie ad Andrea, che ogni giorno riesce a sorprendermi.
In bus, a poche fermate da casa, mi chiede:
- Ma la banca per avere i nostri soldi ci paga?
L'argomento banche in questo periodo crea immediatamente eruzioni cutanee, colpi di tosse asinina, e convulsioni fino a contorcersi su se stessi. E poi la frase 'i nostri soldi' in questo momento mi pare un tantino eufemistica.
- Ci dà gli interessi, che in questo periodo sono molto bassi, quasi zero.
- Perché? Per la crisi?
Che ne sa lui della crisi non si sa, ma è chiaro che basta avere la capacità naturale di udire in questo momento per sentire tra le duecento e le trecento volte al giorno quella parola...
- Sì e no. La finanza è molto complicata e anch'io ne capisco poco.
- E la banca con i nostri soldi cosa fa?, continua il nuovo Keynes.
- Li investe, li fa girare, e ci guadagna. Una piccola parte la dà a noi come interessi. Ma una parte proprio piccola...
Vedo che rimugina, vedo che ci pensa, vedo chiaramente che ci sta ragionando.
Arriviamo alla fermata. Scendiamo.
E dopo poco esterna.
- Ma allora, se ci danno poco di interesse sul denaro che diamo noi alla banca, anche gli interessi se la banca ci dà del denaro saranno bassi, giusto?
Io lo guardo esterrefatto. Otto anni, non uno di più.
Mente fina quella di mio figlio.
Se cresce velocemente forse lui può tirarci fuori dai guai e dal rating degradante...

giovedì 7 marzo 2013

Alla ricerca del pelo nell'uovo

Allora, chiariamo subito.
Io porto la barba da oltre 10 anni. Prima pizzetto, poi da cinque circa la barba al completo, anche se i geni familiari non garantiscono una folta partecipazione.
Ma ora, questo illuminante servizio giornalistico che compare in questo momento sulla homepage di Corriere.it - da sempre sensibile alle questioni strategiche e di comunicazione che ruotano attorno a peli, baffi, capelli, capigliature, ciglia e lanugini varie - lancia un allarme che ogni uomo, democratico e politicamente sensibile, deve saper raccogliere per potere contribuire, in modo determinante, alla crescita del paese.
La domanda è lapidaria, ferale e tombale:
- Chi l'ha detto che gli uomini sono più sexy con la barba? Chi l'ha detto che alle donne piacciono gli uomini con la barba? E via con foto di Clooney, Pitt e non so chi altro debitamente avvolti nella loro peluria originaria.
Se sono loro l'esempio 'negativo', allora io dove vado? Mi suicido?
Oddio, e mo' che faccio?

Il servizio non suggerisce risposte. La signora che pone la questione non dà indicazione. In fondo è un'intellettuale, forse organica, e quindi come tutti gli intellettuali ha solo il ruolo di porre le questioni, di denunciare i malesseri della società, non di trovare soluzioni. A quello, il lavoro sporco, ci deve pensare chessò?, la politica, la cultura, la società civile...
Io a questo punto penso seriamente alla sbarbata totale, all'intervento radicale e assoluto, grazie ai potenti mezzi messi a disposizione dalla Braun.
Basta un click, come andare in rete, e le potenti testine si attivano immediatamente, cominciando a roteare le loro lame affilate alla ricerca dei loro più acerrimi nemici.
E immediatamente il viso dello sbarbato assume la sua fisionomia originaria, la pelle ricomincia a respirare liberamente, il sole ritorna a scaldare le guance che hanno da poco riconquistato la libertà. Le dita che scorrono sul viso ora sono alle prese con una pista da sci ghiacciata, liscia, senza ostacoli.
È un tripudio di sensazioni forti, intense e libere da condizionamenti.
Ma soprattutto, e finalmente!, le donne ritornano a farti la ronda, a circondarti di attenzioni, ammiccando insistentemente, e cercando in tutti i modi di circuirti e affascinarti.
Bello no?
E allora via al taglio, tutti dal barbiere (cinese?), fino alla vittoria!
Però da oggi, quando voglio leggere/vedere qualcosa di interessante, vado su Repubblica.it, La Stampa.it, l'Unità.it, o Topolino.it.

Ps. Non perdetevi i 'servizi' che seguono questo sulle barbe, imperdibili...

venerdì 1 marzo 2013

Poveri figli miei

No, non è un paese per persone serie.
E' un paese per venditori di banane dalle tasche piene di soldi.
Le ultime che leggiamo ormai non indignano più, non lasciano sconcertati. Ormai la maggior parte degli uomini abitanti di questo porco paese o sorridono sotto i baffi oppure girano le spalle.
Io sono stomacato dall'essere circondato dalla mediocrità, dalla pochezza intellettuale e umana, dalla nullità umana.
Io sono stufo di un mondo che non è più in grado di guardarsi allo specchio perché gli si disintegrerebbe in faccia.
Io sono avvilito dalla ipocrisia che popola la quotidianità della nostra vita.
Io sono sfinito dalla codardia obbligatoria di chi poi, quotidianamente, alza la voce coprendosi solo di ridicolo.
Sono anche stufo marcio della politica ormai affrontata come fosse la finale del campionato di calcio.
Questo non è un paese per giovani, ma sicuramente neanche più il mio.

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...