mercoledì 27 febbraio 2013

Three days...

'Three days, men, three days...' urla Stephen Stills a un certo punto, poco prima di iniziare a cantare con i fidi Crosby e Nash, a Woodstock (così almeno nel 'montaggio' del disco). Tre giorni di pace, amore e musica.
Era l'estate del '69, e Ronald Reagan era governatore della California, c'era la guerra in Vietnam e da noi stava per iniziare l'autunno caldo e la conseguente reazione con la strategia della tensione.
Dopo le elezioni ultime sembra proprio un'altro mondo, la storia di un pianeta di un altro sistema solare...

Bene io invece mi riferisco ai miei 'tre giorni', quelli da domenica a martedì (ieri per chi legge) in cui io e mio figlio - grazie alla chiusura della sua scuola per sede elettorale - abbiamo fatto i bagagli e ci siamo trasferiti nel buen ritiro montano.
Solo uomini!!!
Lui si è gettato su quattro ore di lezione con la sua maestra preferita (bella donna la Sonia, altroché), che l'ha scorrazzato in lungo in largo sulle piste, facendogli fare un buon salto di qualità.
In particolare ieri, grazie anche alla splendida giornata, Andrea si è divertito molto, stravolgendosi totalmente. La sera era da raccogliere con il cucchiaino...
Alla fine della lezione abbiamo pure cuccato due 'sguince' semi-locali, che abbiamo ammaliato con la nostra arte affabulatoria e con l'innata e incontrollabile capacità seduttiva marchio di famiglia. Entrambe abbondantemente sopra la settantina, una volta allontanate, Andrea ha chiosato:
- Ma le donne sono tutte così noiose?
Io sono scoppiato a ridere con convulsioni, rasentando l'infarto o il blocco cardiaco.
- No, gli ho risposto. - Alcune sono anche peggio, ho concluso in preda a un attacco di veleno assoluto di stampo maschilista.
Meravigliosa l'intesa maschile quando si crea.


Ma avevo fatto una promessa ulteriore a mio figlio, per questi tre giorni di vacanza sulla neve.
Gli avevo promesso che avremmo, rigorosamente insieme, visto i tre capitoli della saga de 'Il signore degli anelli', uno in fila all'altro.
Io non ne sapevo nulla di nulla, tranne che era un 'fantasy', che vuol dire tutto e non vuol dire nulla. Il libro non l'ho mai letto anche perché il genere non è proprio dei miei preferiti.
Quindi opzione assoluta sulle serate di domenica, lunedì e martedì. Proiezioni programmate.
Ma voi sapete che i tre film cubano più di dieci ore? Ma voi sapete che i primi due capitoli del film durano più di tre ore e il terzo, il conclusivo, oltre le quattro? Ma voi sapete che le scene di guerra e massacri vari durano decine di minuti in cui probabilmente vengono eliminati, tagliati a pezzi, affettati, sfondati, sfibrati, scuoiati, scavati, scannati, infilzati, e non so che altro migliaia di comparse, per fortuna, digitali?
E poi scene spasmodiche che non finiscono mai, dialoghi in lingue inventate, e poi...e poi i nomi - sia di persone, si fa per dire, sia di luoghi - incomprensibili e impossibile da ricordare.
Insomma sarà l'età, ma io ho capito poco e male e alla fine ero letteralmente sfinito. Come direbbe Fantozzi, l signore degli anelli è una c....a pazzesca!!!!
Mio figlio, sveglio come un grillo, era ai sette cieli, per nulla turbato dalle scene di tensione e felicissimo di avere avuto questa 'avventura' con me.

Three days, men, meravigliosi.

martedì 26 febbraio 2013

Un futuro di giochi

C'è poco da aggiungere.
Il paese del mare e dei laghi e dei monti
Il paese dei santi e degli eroi
Il paese dell'arte e dei tesori
Il paese di italiani 'bravagente'

Quel paese lì non esiste più.
Non entro in considerazioni politiche, perché ormai qui di politico non esiste più nulla.

Esiste solo una moltitudine di orrendi individui alle prese con interessi personali, ambizioni di vivere come in tv, cafona eleganza e bella vita a tutti i costi.
Il tutto condito con una rabbia, una rabbia orrenda originata non, checchésenedica, dall'indignazione di un passato di spartizione e ruberie, non per richiedere onestà e pulizia, no, ma semplicemente perché non possono attingere, non riescono a partecipare all'insano banchetto. Reclamano la loro parte. Si attende il nuovo 'zio' che distribuisca i regali.

Steve Jobs, stanotte mi è comparso in sogno.
Se la rideva, un po' per gli utili della sua azienda che fanno sempre comodo, anche in certi ambienti. Ma soprattutto per i risultati elettorali nostrani.
E mi dice:
- Caro Paolo, che ci vuoi fare. Voi siete così, da sempre. Prima vi siete venduti allo straniero che offriva di più, per centinaia di anni. Poi eravate in piazza a milioni quando il pelatone urlava e vi massacrava portandovi alla morte. A milioni.
E prosegue.
- E poi? Tutti, a milioni, da un'altra parte, tutti democratici. E poi? Tutti con quello bassetto. E ora? Tutti con quello che urla. Ma quello che vi guida è solo arraffare, senza progetto, venduti al migliore offerente.
Io lo guardo stravolto. E lui continua.
- Siete inaffidabili, ruffiani, ladri, furbetti, creduloni, solo attenti al vostro portafoglio di oggi. Che vuoi farci, fattene una ragione.
Rimango a bocca aperta.
- Insieme ad altri seicentomila brevetti in attesa di essere realizzati, prima di volare via, ho depositato un progetto e anche un nome, proprio per voi.
- Quali? Faccio io.
- Tra un po' la Apple comprerà l'Italietta (verrà via a poco) e la farà diventare il nostro parco dei divertimenti. Cablata all'eccesso, Apple Store in ogni angolo, i turisti verranno a vedere come si può morire di stupidità e faciloneria, di ladrocinio e di odio per i propri simili. Verranno tutti da ogni angolo del mondo, per capire, tramite il gioco, come ci si può ridurre, pur rimanendo sempre alla moda, con macchinoni all'inverosimile e con una carenza di congiuntivi infinita.
- E il nome?
- Facile: IMafia. Ciao, ci vediamo quando sarà il momento.

Cara Italietta dei miei stivali, fottiti e ora divertiti.
E facci divertire, mi raccomando.

sabato 23 febbraio 2013

W la meritocrazia!

Volevo tranquillizzare tutti i milioni di fan di questo inutile spreco di energie che è il mio blog.

Ho fatto le elementari nei lontani anni '60, in una scuola esclusiva di Ginevra, dove ho imparato inglese, francese, tedesco e romancio, lingue che oggi parlo a menadito a destra e manca del globo.

All'età di dieci anni sono stato ricevuto dal papa che mi ha promesso la santità a partire dal 18esimo anno di età, missione che perseguo ormai da quasi 40anni con straordinari risultati per me e per il mondo.

Le medie, seguite in un campus a nord di Helsinki, ha temprato in tutti i sensi il mio corpo e la mia mente grazie a una formazione dura ed efficacemente efficace.
Nel frattempo ho vinto tutte le puntate di 'Chissà chi lo sa' e di tutti i quiz per ragazzi inventati dalla Rai dalla sua fondazione.

Il liceo, grazie a una borsa di studio milionaria (c'erano le lire, ancora...), sono riuscito a farlo nel più straordinario ed esclusivo istituto scientifico di Boston, dove grazie alle mie scritture notturne - visto che al mattino ero a scuola e nel pomeriggio dirigevo il giornale scolastico, ero capitano della squadra di basket oltre a essere il numero uno di tennis delle scuole americane - sono riuscito a pubblicare il primo romanzo best seller mondiale di vendita di un diciassettenne. Da quei giorni vivo di rendita per i diritti d'autore.

Tra il liceo e l'università ho avuto modo di:
- Salvare due donne che stavano annegando in un lago gelato sulle Alpi
- Sventare tre rapine in altrettante banche facendo arrestare 37 banditi armati fino ai denti, e io disarmato.
- Salvare il papa da un attentato in partenza per un suo viaggio in Colombia.
- Far scendere un gattino da un albero troppo alto

Sono laureato in fisica nucleare, specializzato al Mit, e ho una serie di cattedre che seguo fedelmente e che mantengo grazie a un'organizzazione staliniana del tempo.

Oggi, aldilà dell'attività ludica di imprenditore della comunicazione, sono proprietario di fondi, imprese, banche e incubatori che mi permettono di essere uno degli uomini più ricchi e famosi.

Non mi dilungo sul fatto che sono l'uomo più bello, affascinante e seducente dell'universo conosciuto e non mi dilungo sulla mia vita privata che farebbe arrossire Rocco Siffredi e Casanova ensemble.

Quando morirò sederò alla destra del padre, scalzando qualcun'altro. Ma questo lo dico sommessamente, perché non mi piace dire cose che ancora non sono realmente accadute: io sono un uomo tutto di un pezzo, trasparente, retto, e soprattutto apprezzo l'onestà e la meritocrazia.

Ma anch'io ho commesso un errore, come diceva il famoso ispettore Rock: non mi sono presentato alle elezioni per bermi in un solo sorso quel popolo di pecore ignoranti che è la massa bue italiana.
Mi perdonerete?

mercoledì 20 febbraio 2013

Dimettersi è un po' dismettersi

Ho ascoltato ieri per non più di cinque minuti (non ce l'ho fatta ad andare avanti, mi spiace...) il nuovo ducetto che la politica italiana - mutuato dall'avanspettacolo - è riuscita a partorire tanto per farci capire che al peggio non c'è mai fine.
È stata un'esperienza ai confini della realtà, cruda e secca, annacquata - scusate l'immagine non proprio elegante - solo dalla bava alla bocca del personaggio che regalava al mondo intero senza dire, lo giuro!, alcunché di sensato e intelliggibile.
Sono sempre più convinto, mai come a questo giro di elezioni, che ci meritiamo tutto questo (plurale majestatis, si intende, general generico...) perché in fondo siamo così, noi italiani, furbetti, cialtroni, attori, forse anche un po' eroi, in attesa - come gli ebrei - di un messia che ci porti via e che ci faccia vivere contenti, felici, ricchi, sani, alti e soprattutto belli.
Ma tant'è.
Ma la cosa che mi sta 'sconvolgendo', in questo tempo di passaggio, è l'arrivo delle dimissioni come atto sdoganato, per i motivi spiegati un po' di tempo fa, ed elegante e riabilitatore, anche delle peggiori nefandezze.
Il papa, almeno in questo ha quindi fatto scuola.
È di stamattina la notizia della dipartita, politica intendiamoci!, dello Scaramacai de noantri, che preso con le mani nella marmellata del suo curriculum ha deciso di ritirarsi. Magari è solo una manovra di marketing, e alla fine pagherà, visto il paese curioso che siamo.
E poi eccone un altro, di tutt'altro mondo e di tutt'altra dinamica.
Che tra tutti svetta. Dare le dimissioni dal proprio lavoro, e dalla propria impresa fondata e sudata, per una questione di orgoglio professionale e di sostanziale esautorazione dalla proprie funzioni e responsabilità, fa molto onore perché presuppone rigore e coerenza personale. E soprattutto rispetto verso se stessi.
Insomma, l'atto delle dimissioni - propensione esistente solo nel vocabolario, nel Bel Paese - sembra avere fatto breccia nella cultura quotidiana dell'italiano medio, da sempre alla ricerca delle chiappe al caldo incollate alla sedia grazie a una miscela di colla e silicone inattaccabile e instaccabile.

Qualcosa sta forse cambiando?
E fino a quando dura?
Ai posteri l'ardua sentenza e non solo quella...

martedì 19 febbraio 2013

Meglio declinare le proprie generalità, prima...

"Prima di sputare sugli altri controllare di non essere davanti allo specchio!!"
Questa frase è tratta dall'opera completa (circa 21 volumi, tomi da circa 500 pagine l'una, mica paglia...) di uno dei più grandi pensatori surrealisti e cialtroni che la storia del mondo occidentale abbia mai conosciuto: io.

È la frase che mi è venuta in mente non appena ho letto questa notizia.
Io non voglio entrare nel dibattito politico, tanto meno elettorale. Povero e inutile.
Ma voglio solo segnalare cosa è diventato questo paese, quale livello di bassezza ormai abbiamo raggiunto, quale senso della verità e della trasparenza ormai abbiamo.
Sembra che quest'uomo le abbia sparate grosse, in un'intervista tv, in merito alla propria preparazione e al proprio curriculum scolastico.
Di per sé la cosa non è gravissima, visto che nel parlare a volte si dicono cose che non si vorrebbero e magari sono solo aspirazioni a cui tendere. Un conto è scrivere sul curriculum di avere titoli che non si hanno, un conto, per quello che capisco, aggiungere un master che non è stato un master ma forse un corso di lingue.
Ma non è un problema di peso specifico della balla.
Ma la cosa che sconvolge è la facilità con cui questi strani personaggi che popolano la pubblica via sciorinano falsità, gratuità, leggerezze, promesse, chiacchiere al vento, e amenità varie.
Ognuno sputa in faccia all'altro, rimbrotta, rinnega, ricatta, richiama, per poi essere a sua volta rinnegato, ricattato e richiamato. Oltre che sputtanato a vita.
Ma il peggio è quando la cosiddetta società civile viene trovata con le mani nella marmellata, dopo aver sparato a zero sul politicame corrotto della casta e avere fatto della lotta contro di essa il proprio credo politico.

Chi è senza peccato scagli la prima pietra!
Questa non l'ho detta io, però...

lunedì 18 febbraio 2013

Leonardo? Un dilettante!

Oggi pagella del primo quadrimestre del genietto di casa.
Come sempre consegnata dalla maestre - un pool di maestre, come l'antimafia! - che come sempre ci ricevono per ultimi nella giornata viste le difficoltà ad arrivare a orari civili.
E come sempre la riunione, rapida e indolore al netto delle chiacchiere del più e del meno, ha una sua sceneggiatura definita:

- stretta di mano iniziale
- convenevoli iniziali
- commento alla pagella e sperticate lodi al genietto del quartierino
- battute sul fatto che il ragazzo riesca a tacere per qualche secondo - interrompe la maestra confutando tutto e di più!
- convenevoli finali
- stretta di mano finale
- ritorno a casa.

Andrea è una mente sveglia e rapidissima, mentre il popolo bue della classe arranca, chi più chi meno.
Ma parla, parla, parla, quasi mai a sproposito, ma continua a parlare.
Sopra i compagni, sopra la maestra, sopra la direttrice, sopra Napolitano, sopra dio!...e bisogna trovare il modo di fargli capire che non è corretto.
Riuscissi a dirgli qualcosa, tra una parola e l'altra...

Ps. Per completare, ho sbagliato a firmare la pagella, firmando il secondo quadrimestre! Chissà cosa dirà di me la maestra Serena...domani...

venerdì 15 febbraio 2013

Una canzone ci seppellirà

Gli Squali sono oltre cortina, per questi due giorni di vacanza per il carnevale (ma era così anche ai bei tempi andati? io non ricordo che chiudessero le scuole per la festa più inutile della storia mondiale...).
Il silenzio della casa, la pace serale e la calma al mattino invogliano a riflessioni, ad annusare l'aria - gelida - della notte, a svegliare i demoni che vivono sopiti nell'animo.
E allora basta aprire un po' gli occhi, una fessura, e accorgersi del fastidio, della sensazione di repulsione, della noia formidabile che il mondo che ti circonda ti impone.
E non parlo solo della squallida campagna elettorale, al limite del surreale e del parossismo che stiamo raggiungendo. Ma non voglio perdere altro tempo sull'argomento.

Basta stravaccarsi, con aria bue e con ogni barriera abbattuta davanti alla tv e ti accorgi in quale mondo perduto ci tocca spendere gli ultimi decenni (speriamo) della propria vita.
E ci si accorge, tra chef a ogni ora, quiz indecenti e film inguardabili - udite, udite! - che il festival di Sanremo è forse uno degli appuntamenti più sani e di qualità.
Non entro nella qualità della musica, nelle capacità dei singoli cantanti, nella bellezza delle canzoni. E neanche nella conduzione. Io da tempo ho abdicato nei confronti della musica 'moderna' ancorandomi alla 'mia' musica e fregandomene totalmente di quello che è successo dopo.
No, io mi riferisco all'evento, in quanto appuntamento sociale, culturale e di costume.
Il festival, da tempo al centro della vita del Bel Paese, trasmette - almeno al di fuori - un senso di vitalità, di voglia di vivere, di 'felicità.
Tutta la banda di ragazzine e ragazzini che rincorrono - non solo virtualmente - i loro idoli, stranieri o nostrani che siano, ha un che di meraviglioso e infonde, almeno a me, grande serenità.
Senza fare alcuna considerazione di qualità.
La musica continua ad avere un grande ruolo non solo di svago, ma soprattutto di medicina per le brutture di un mondo che sembra non avere più speranze.
Le urla delle ragazzine di fronte ai Beatles di 50 anni fa non sono molto diverse da quelle che oggi risuonano tra le strade di Sanremo alla vista di qual cantante o di quel gruppo.
La caccia agli autografi, e la rincorsa dei propri idoli anche sui social network, sono solo segni di vita e non aspetti di un degrado culturale.
La differenza è che tra i ragazzini ci sono sempre più spesso spicchi di popolo che ragazzini non sono più, e quindi quello forse può preoccupare un po'. Ma si sa, oggi il titolo di ragazzino/a ha subito una sorta di ampliamento anagrafico estremo.
Ma è così, perché l'Italia è questa. Ed è quella che ci governerà nel prossimo futuro.
In attesa, tremando un po', mi metto le cuffie e lancio 'Revolver'...

lunedì 11 febbraio 2013

Quanto costa dire addio

Quando succedono cose come queste, il primo pensiero è che è tutto un teatro.
Che la decisione di dimettersi del pontefice, prima volta nella storia della chiesa, sia solo un efficace invito da parte dei poteri forti dentro e fuori dello stato del Vaticano, a seguito di una lotta intestina furibonda. Come sempre nella storia, come sempre sarà.
E forse è andata così.
Ma cercando di guardare questo accadimento da un'angolatura differente, con gli occhi meno iniettati di sangue, la decisione dell'alto prelato infonde rispetto e ammirazione.
In un paese dove le dimissioni di fatto non esistono, e anzi sono un contagio da cui abbiamo imparato a stare alla larga come la peste, chi si dimette raccoglie comunque prima sgomento e sorpresa, poi viva e complice ammirazione.
Le dimissioni sono, almeno nella cultura italica, un'azione che non viene contemplata perché in fondo, proprio grazie alla dottrina cattolica di romana chiesa, per qualsiasi peccatore esiste la redenzione e il perdono.
Questa chiesa, quella rappresentata e guidata da questo papa, ha una pessima immagine. Retriva, chiusa, reazionaria, e soprattutto responsabile di un atteggiamento di copertura verso tutte le peggiori nefandezze di cui la chiesa è responsabile, dal tempo dei tempi.

Ma a parte tutto questo, l'odore del gesto di Ratzinger è delicato, proprio perché denota sensibilità, e soprattutto grande onestà verso se stessi e verso il mondo intero.
Una capacità di guardarsi dentro, di sapere valutare le proprie forze. Quando si è al centro del mondo, quando il potere è tutto, saper fare un passo indietro - anche a quell'età - è un atto di grande nobiltà, indipendentemente dal contesto e dall'ambiente che circonda.

Forse qualcuno, in questo porco di paese abbandonato da dio e dagli uomini, dovrebbe imparare la lezione e, togliendosi il cappello, dire a tutti arrivederci e scomparire nel profondo dell'oblio.


venerdì 8 febbraio 2013

E dopo fu il nulla


A cinquantacinque anni posso dire ormai, senza paura - purtroppo - di essere smentito, di avere ormai assistito a numerose, anzi, tante elezioni, a tante campagne elettorali.
Ho assistito alle Tribune Politiche in bianco e nero, con il segretario del partito al centro, il suo addetto stampa a lato e il responsabile delle tribune elettorali Rai dall'altro lato a far da moderatore e da garante dei tempi e dei modi.
Tutti rigorosamente in grigio, camicia bianca, cravatte scure.
Di fronte una platea di giornalisti che potevano fare solo una domanda (credo) pre-confezionata e pre-digerita, non potevano ribattere, tempo fissato dall'Attack e nient'altro.
Però si parlava di politica, di idee, di leggi, di orientamenti, di posizioni, di esteri. Ognuno aveva idee chiare in testa, anche i giornalisti!, e l'obbiettivo era quello di far capire le diverse posizioni politiche ai cittadini elettori.
Sembra pazzesco, ma era così.
Poi c'erano gli striscioni, i manifesti dentro e fuori gli appositi spazi, e soprattutto i comizi.
Poi sono arrivati gli spot, negli anni a venire, e la Tv ha acquisito quella centralità che forse, solo ora, sta gradualmente perdendo.
Gli spot, all'inizio, erano mini-comizi, poca sceneggiatura, colonna sonora epocale e qualche scena esterna, in genere di 'grande respiro'.
Poi siamo diventati un po' più ammericani, e quindi sono cominciati quegli spot con politici nelle pose più strane (ma ve li ricordate quelli di Craxi con Minoli 'in ginocchio' in veneranda adorazione?), dove però ancora di politica si parlava, sebbene con quella venatura di palese recitazione che disturbava un po'.
E poi quelli più recenti, quelli a seguito della discesa in campo di quello che ho giurato di non nominare più. In cui il vuoto e la plastica facciale hanno fatto da padrone.
Fino a oggi.
Oggi, nuovo salto di qualità.
Il nulla, assoluto e totale.
Il messaggio politico è completamente scomparso, insieme agli spot vista la crisi!, e i politici lanciano strali di ogni genere ogni giorno, a partire da 'Meno tasse' per arrivare a 'Meno costi' passando per 'Più soldi'. Ospiti in trasmissioni mascherata da dibattiti politici quando di fatto solo show alla ricerca di audience (e di pubblicità).
Una tristezza, non solo ideologica - ma sì sa le ideologie non ci sono più, destra e sinistra sono schieramenti superati, basta con questi schematismi arcaici!- ma soprattutto perché non esiste più nulla a valle e a monte.
Non esiste più alcun senso di appartenenza, non esiste più una spinta ideale che aggrega, non esistono più personaggi in cui riconoscersi, proprio perché parte di queste aggregazioni.
Io, più che perplesso - andrò a votare e voterò a sinistra - perché non votare non si può.
Ma aldilà della nostalgia canaglia dei bei tempi andati, oggi è il vuoto più assoluto, il distacco totale.
Auguri a tutti!

mercoledì 6 febbraio 2013

Il Terremoto ancora

La terra cominciò a tremare, così all'improvviso. Un sussulto dalle viscere della terra preannunciato solo da un urlo disumano, con origine sconosciuta.
Lei lo guardò, sbigottita, sorpresa, allibita.
- Ma...ma questo è un terremoto? Ma come è possibile? Oddio... cominciò a gridare.
Lui sbarrò gli occhi e con un balzo si ritrovò sulle scale, a correre a perdifiato, tre, quattro gradini alla volta per raggiungere velocemente la strada, libero, salvo, fuori!
Il sussulto continuò, nei muri si aprirono crepe lunghe infinità, qualche tegola cominciò a raggiungere il terreno con un salto elegante e silenzioso.
Lui guardò in su, strizzando gli occhi, proprio mentre la casa cominciò ad accasciarsi su se stessa, con discrezione, come se si stesse sgonfiando.
Lui fece qualche passo indietro, più per reazione che per reale necessità.
La casa abiurò dal suo ruolo.
Un polverone dell'accidenti si sollevò oscurando tutto, e riempendo l'aria di un profondo odore di macerie e legno.
Un gatto impolverato corse via, verso il fondo della strada, alzando la coda in segno di disgusto.

A volte correre via prima del disastro aiuta. In certi casi il silenzio è d'oro, ed è meglio tenere la bocca ben salda.

martedì 5 febbraio 2013

Il terremoto

Cominciò a tremare, tutto.
Si guardarono negli occhi, terrorizzati.
- Oh Dio, il terremoto!!, urlò lei, cominciando a prendere in mano tutto quello che le stava intorno.
Raccoglieva tutto quello che le passava per le mani - strofinacci, piatti, un cappello... - agitandosi ripetutamente, in modo convulso, riversando orribilmente le orbite degli occhi.
Una scena pietosa.
Lui si teneva fermo appoggiando una mano al muro, che sentiva ondulare paurosamente.
Il lampadario della cucina oscillava ostentatamente, senza cadere, ma facendo un rumore di molla cigolante che rendeva tutto surreale.
Fuori scattavano allarmi, sbattevano porte, si udivano diffusi rumori di diffusi oggetti in frantumi, urla, gente che corre...
E lui guardava tutto in modo indifferente. L'unica vera occupazione era quello di rimanere in piedi, fermo, evitando il pericolo di cadere.
Si voltò.
Osservò la sua compagna ormai persa nella sua paura.
Allora appoggiò tutte le sue due mani al muro, allargò le gambe con forza e cominciò spingere, cercando di fermare l'ondulazione sempre più marcata provocata dalla scossa tellurica.
Voleva fermare tutto!
- Ora ci penso io, maledizione..., si sentì urlare, spingendo sempre più forte.
E nello stesso tempo gli venne in mente la Pimpa, che da sempre, quando si presenta un problema, risponde con "solerzia "ci penso io!". E sorrise.
Spinse. Piantò le gambe ancora più larghe. Strinse i denti e gli occhi nello sforzo. Cominciò a sudare.
La scossa sembrava crescere di intensità.
Allora lasciò tutto, improvvisamente, conscio di non poter far nulla.
Il soffitto si incrinò e gli crollò addosso.
Le squadre di soccorso lo ritrovarono, due giorni dopo, senza più alito in corpo con gli occhi aperti in uno sguardo gentile.
La sua compagna si salvò.

Non sempre lottare aiuta. A volte scappare è più funzionale allo scopo.


lunedì 4 febbraio 2013

Lotta dura, con un sacco di paura...

Se questo spazio deve essere un 'archivio' storico, non solo delle mie farneticazioni cultural-intellettual-social-politiche, ma soprattutto di come è la mia vita, in particolare nel rapporto con i mei figli, bene, deve ospitare anche racconti di momenti decisamente poco felici, senza alcuna ombra di quell'ironia che mi fa da guida.
Il rapporto con Bianca continua essere molto difficile. Molto.
La giovane ereditiera è in fase - ormai dura da mesi - di continua e reiterata contrapposizione a suo padre, che fino a prova contraria sono io.
Bianca prevale, nel rapporto con me, un perenne conflitto di caratteri che a lei provoca urla e litigi e isterismi di diversa natura, a me una prolungata interrogazione introspettiva che mette in discussione non solo una paventata autorità paterna mai veramente esistita, ma soprattutto mette a repentaglio la mia stabilità emotiva e le mie certezze - poche! - di padre.
Bianca mi sbatte in faccia la sua scelta quotidiana di privilegiare sua madre, di starle accanto il più possibile, rifiutando ogni mia avance, ogni mio tentativo di avvicinarmi.
Riesce nell'intento di allontanarmi, non solo fisicamente, da ogni suo progetto coinvolgendo, in maniera ostentata, sua madre.
Ho molta difficoltà a trovare una sorta di stabilità in questa situazione.
Ho molta difficoltà a trovare il bandolo della matassa. Non ho strumenti psicologici professionali, ho poca esperienza come genitore, affinata tra l'altro su un figlio che è esattamente l'opposto di sua sorella.
Ma un conto sono le incomprensioni, l'ignorarsi e lo stare lontani.
Il problema è quando ci si scontra. E ormai sempre più violentemente.
E a che pro?
Non va, non va proprio...

venerdì 1 febbraio 2013

Lui e l'Altra




A volte la vita ha bisogno di poesia.
A volte la vita ha bisogno di sognare.
A volte la vita ha bisogno di sorridere.
A volte la vita vuole essere felice.
A volte la vita ha bisogno di immaginare.
A volte la vita deve volarsene via, lontano
A volte...

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...