lunedì 9 settembre 2013

Una giornata particolare

Weekend in montagna, come da programma.
E che programma.
Sabato sveglia, e via tutti per una passeggiata (così le chiamava le gite in montagna mio padre, anche se andavi sull'Everest in invernale solitaria...) al rifugio Cristina, luogo straordinario, bellissimo, e ancora più affascinante in questa stagione ricca solo di natura, sole e profumi di autunno precoce.
La domenica pranzo al ristorante, piscina o tennis, giochi e merende.
E rientro per cena all'estero, dove i due angioletti si devono fermare in modo stanziale in attesa che giovedì, finalmente!!, le scuole riaprano e tutto ricominci.

Bel programma, era...
E invece?

Sveglia al sabato mattina, e neanche tanto presto, con Bianca, che in modo sospetto, continua a dire 'che freddo, che freddo'. Strana cosa, visto che lei si aggira senza calze e canottiera regolarmente anche in inverno con finestre aperte!
Febbre a 38!, tanto per gradire, tanto per ricordare che è inutile fare un programma che sia uno, tanto per far capire che è inutile che ti rilassi per dieci minuti, perché al quinto minuto qualcuno ti sveglia e ti riporta sulla terra.
Lancio tutto quello che ho in mano, mi incazzo come una belva e invio messaggi verso l'aldilà non proprio benevoli.
E allora interviene Andrea, suggerendo un 'papà, andiamo noi, ti va?'.
Ed ecco che una giornata stortissima diventa una delle più belle che abbia mai vissuto.
Cambio di meta.
Rifugio Motta, con un pezzo di funivia, visto che ormai sono quasi le dieci e mezza, l'ora in cui, in montagna, si è già a metà strada per qualsiasi meta.
Arrivo alla funivia, e la funivia non va, non è in funzione. Nuovo messaggio verso gli dei e rapida decisione.
- Ce la facciamo tutta a piedi? domando al prode principe.
- Certo, che problema c'è? risponde sdegnato.
- Ho solo un dubbio. Non so se arriviamo in tempo al rifugio per il pranzo, ci vogliono circa un paio d'ore, concludo.
- Andiamo, nessun problema, ce la faremo!, mi urla dalla Sierra il mio Che Guevara.
Veloci via con l'auto verso il punto di approccio al sentiero e via veloci verso la meta.

La giornata è spettacolare, Andrea mi segue nonostante io per paura di arrivare in ritardo spingo sulle gambe senza esitazione.
Il rifugio di partenza dava h. 1,30 per raggiungere la meta. E sapendo che i tempi li danno i valligiani iper allenati e ossigenati, mi immaginavo di metterci almeno due ore.
E invece... un'ora e dieci, dopo una corsa forsennata, con il ragazzino che tagliava tutta la strada che poteva tagliare, e il vecchio padre che sudava le sue sette camicie e sbuffava come un montone infuriato.
All'arrivo, al rifugio (bellissima terrazza naturale sulla valle, uno spettacolo per gli occhi e per il cuore) siamo praticamente gli unici. Una meraviglia insperata, un silenzio da favola, un sole splendente e una brezza che rinfresca anche le viscere.
Durante tutto il tragitto, Andrea (ma dove lo trova il fiato?) non ha taciuto un attimo.
Ha affrontato i temi di
- YuGhiHo, le strategie, gli obbiettivi, le soluzioni
- il Dna, questo sconosciuto, che cos'è e perché diavolo l'hanno inventato
- Bianca, amata sorella che però 'è tremenda'
- Sci, arrampicata e sport di montagna
- I compagni di scuola, quelli tonti e quelli intelligenti
- Varie ed eventuali

Lui ha ordinato funghi e salsicce.
Io pizzocheri e poi funghi.
Una cosa leggerina...
Acqua e un quarto di vino (almeno qui lo bevo, eccheccavolo!).
Lui puntava a rincontrare la figlia della padrona del rifugio, tale Debora (non so se con l'acca o meno) molto carina, con cui aveva a lungo conversato l'ultima volta e con la quale si era infrattato in una angolo 'oscuro' del rifugio a confabulare.
Lei, con un'amica, non l'ha degnato neanche di uno sguardo e quando lui si è deciso di farsi avanti non l'ha più trovata e quindi tutto si è concluso così.
Le donne quando sono insieme sono terribili, spocchiose e odiosette.
Gliel'ho detto, contro ogni regola, in modo che sia avvertito.

Poi siamo scesi, facendo tutto un altro largo giro, passando per il lago, luogo formidabile e sognante.

Alla fine era sfinito, stanchissimo (figuratevi io) ma felicissimo di aver fatto una vera gita in montagna soli, io e lui.
Gran parte della salita e della discesa ha cercato la mia mano, parlando, standomi vicino.
Abbiamo vissuto una giornata di totale complicità. E di felicità.
E ora che, camminando uno a fianco all'altro, riesco ad appoggiare il mio braccio sulle sue spalle, capisco che ormai sta crescendo, che sta avvicinandosi a me, e non solo in altezza.
Capisco che ora mi cerca, vuole la mia compagnia, vuole complicità 'di maschio', vuole fare le cose con me.
E proprio in questi momenti il rammarico di aver fatto i figli così tardi mi assale, mi tormenta.
E proprio in questi momenti mi rivolgo sempre a quell'aldilà di prima che ho tanto bistrattato, per chiedere che mi conservi salute e forze fino al momento in cui lui mi scaricherà come un ferrovecchio e potrò rilassarmi almeno un po'.


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