martedì 28 febbraio 2012

Guerra, orrendo cancro

Siamo nel momento storico in cui qualcuno, con gli occhi strabici e il cervello piccolo piccolo, ha inventato la sconcezza delle 'guerra preventiva', pur di giustificare la propria voglia di conquistare il mondo e per soddisfare la propri voglia (presunta) di vendetta.
In Italia, nello stesso periodo, qualcun'altro ha invece coniato, pur di non pronunciare la parola guerra - negata dalla dalla costituzione - il concetto di 'azione di polizia internazionale'.
Si sa, con il gioco di parole si è fatto il mondo, e lo si è anche disfatto.

Oggi l'Italia è impegnata in operazioni internazionali, in particolare in Afghanistan.
Ora che non c'è più il Diavolo in persona - eliminato in Pakistan in un'operazione pulita pulita alla faccia del diritto internazionale - noi siamo uno dei cardini della missione di pace, forse ancora al comando delle truppe (non ricordo), sicuramente tra i più attivi. D'accordo o no, le cose stanno così.

Gli altri, i difensori della libertà e della democrazia, i paladini della felicità in tutto il mondo, gli americani, quelli ci sono sempre, dappertutto, 'al di sopra delle parti', a disposizione del miglior offerente.
Ma da un paese come gli Usa, che spende enormi percentuali del proprio bilancio dello stato in armamenti, truppe e loro formazione, ci si potrebbe aspettare qualcosa di più. Almeno in termini di capacità strategica e di quel minimo di sensibilità tattica che deve esserci nelle truppe di occupazione.
Ma a quanto pare
Leggete qui.

1) Prima questi imbecilli (attenzione, il filmato non è proprio edificante...) Io posso anche capire il disprezzo verso il nemico, posso anche capire le tensioni che possono esserci in una battaglia, in cui o vinci o perdi (o vivi o muori), ma porca miseria vi sembra il caso? In un paese dove, portando noi democrazia e libertà perché siamo gli unici che la conoscono veramente, bisogna creare consenso e ricostruire una società civile nel rispetto di tutti?

2) Poi ci sono questi. Dei veri geni della cultura, della conoscenza e della storia recente. Oppure semplicemente delle bestie ignoranti. Oppure ci stanno tutti prendendo per i fondelli, con le loro bambinesche giustificazioni. Comunque tutto ciò è inaccettabile, inguardabile e senza alcuna giustificazione.

3) Poi la ciliegina sulla torta. Una prova, un test di intelligenza (oltre che di rispetto verso gli 'altri'), che anche mio figlio a sette anni avrebbe superato senza alcuna tensione. In un paese islamico; in un paese occupato; in un paese che è oltre trent'anni che è in guerra; in un paese che rappresenta fisicamente il conflitto tra culture e società, oltre che tra religioni; bene quattro ignoranti cosa pensano di fare per ingannare il tempo? Bruciano il Corano, come sfregio e come segno di irrispettosa irrisione.
Risultato? Giorni di saccheggi, di morti, di tensioni, facendo in modo che tutto il buono che è stato accumulato in questi anni quasi scompaia come neve al sole.

E mi fermo qui. Queste sono solo le cose che veniamo a sapere, chissà quante ce ne sono che non arrivano a noi.
Forse l'amministrazione americana dovrebbe cambiare la metodologia di selezione, e soprattutto rivoluzionare la formazione non solo militare (visti i continui insuccessi militari dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi), ma anche quella psicologica, culturale e psicologica.
Almeno per salvare la faccia ogni tanto.

domenica 26 febbraio 2012

I giorni più belli della mia vita

Caro figlio mio,
la vita avanza e travolge tutto e tutti.
Soprattutto quella di tutti giorni, fatta di difficili sospiri alla ricerca di una boccata d'aria rigeneratrice.
Fatica, dolore, incomprensioni, tensioni. La vita di tutti, sempre più complicata.
Ma la vita è anche un po' un film giallo. Riserba molti colpi di scena, molti cambi di ruolo.
E quando abbiamo deciso - grazie al Carnevale e alle scuole chiuse per due giorni -  di partire io e te per un fine settimana tra uomini, non pensavo e non sapevo cosa mi sarei trovato davanti.
E' stata la prima volta, io e te soli per qualche giorno.
Io e te in giro, senza femmine tra i piedi, senza nessuno che alterasse quel sottile equilibrio che si instaura quando un padre e un figlio si ritrovano da soli per qualche giorno.
Prima il viaggio notturno - ti sei addormentato, finalmente!, alle 22,30, dopo chilometri di strada e di parole -, poi la notte insieme nel lettone - episodio più unico che raro -, e poi finalmente il mattino, in montagna, alle prese con scarponi, sci, lezioni e panini alla salsiccia.
Veri uomini, mancava solo il grappino e ci arruolavano subito nel V Alpini.
E poi le discese insieme, con grande cautela, e l'incontro su in alto mentre facevi lezione con il maestro, e io che mi nascondevo dietro ai mucchi di neve per sbirciare quello che facevi.
E poi il ritorno, stravolto!, verso la funivia e verso casa.
E come tutti i bambini, assolutamente imprevedibile, ti sei ripreso improvvisamente e hai voluto andare la sera fuori a cena, alla ricerca di una margherita che come sempre hai mangiato per metà.
Veri uomini, veri veri!
Il giorno dopo, grazie a una giornata quasi estiva, tutto è andato anche meglio.
Tu non sei di facili entusiasmi.
Ma quando scendevamo insieme, nella luce accecante riflessa dalla neve, sulla pista, e cacciavi urla di gioia, io diventavo improvvisamente leggero come una piuma, e mi libravo sui monti di casa come un aquilone in balia del vento. Leggero, libero.
Sono stato felice in questi giorni, amore mio. Molto.
Come non mai.
Due giorni e tre notti in cui ho vissuto complicità, amicizia, ironia, gioia e sana goliardia.
L'unico rammarico è la mia non più giovane età, che restringe pericolosamente le aree di complicità e soprattutto limita gli spazi futuri.
Ma tant'è.
È proprio l'unica cosa al mondo su cui veramente non ci posso fare nulla.
È bello scriverti.
E ancora più bello sapere che un giorno potrai leggere.
E, spero, capire il mio amore per te, sconfinato.

Un bacio dal tuo papà.

mercoledì 22 febbraio 2012

Amore di papà

Qui il calcio non è mai stato molto popolare.
Io ero milanista da piccolo, ero un vero appassionato, con figurine, partite alla radio appena si poteva, grande partecipazione emotiva.
Poi, a un certo punto, improvvisamente, pufff, tutto è svanito e di colpo l'indifferenza ha preso il sopravvento.
Oggi, cioè da circa quarant'anni, il calcio per me non esiste, anzi lo avverso con tutte le mie forze.
Non capisco come tanta gente sia così appassionata per uno sport popolato di trogloditi in mutande, che guadagnano miliardi, che non sanno mettere insieme un soggetto con un verbo, che sono dei bambini viziati in costante capriccio e costante seduzione verso la corruzione, l'inganno e la voglia di guadagnare sempre di più alla faccia di chi lavora tutto il giorno e che li segue negli stadi.
Nessun rispetto.
Un ambiente che non mi piace, mal frequentato, accerchiato dalla malavita e in costante piagnisteo per qualche motivo.Non piace, non piace e non mi piace.

Detto ciò, credo di aver trasmesso questa forte avversione, anzi questo forte senso di nausea, a mio figlio.
Lui non ama giocare a pallone ma soprattutto non ha alcuna propensione verso il calcio giocato, con qualche voglia di tifo verso qualche squadra di Milano e non.
Ma il ragazzo vive nel suo mondo.
Nove su dieci giocano a palla, nove su dieci 'tengono' a qualche squadra, nove su dieci hanno un padre - e forse anche la madre - che sono tifosi, guardano le partite in tv e magari hanno pure un abbonamento allo stadio.
Ma soprattutto, alla loro età, comprano tutti indistintamente le figurine Panini, le scambiano, le venerano, le corteggiano.
Quando l'anno scorso mi ha chiesto di fare anche lui la raccolta non ho detto nulla e abbiamo comprato figurine per qualche mese.
Quest'anno la cosa si è riproposta.
Per questi ultimi due mesi abbiamo acquistato pacchetti di figurine, con parsimonia, ma con decisione ferrea.
Un po' di scudetti, qualche campione, gli arbitri, gli allenatori, insomma le solite storie di tutti gli anni.
A un certo punto, Andrea, l0altro giorno, mi prende da parte come si mi volesse fare chissà quale rivelazione.
- Papàààà, ti posso dire una cosa?
- Certo, gli rispondo con curiosità.
- Le figurine dei calciatori - testuali parole - sono una noia.
E chiosa: - Non voglio più fare la raccolta. Domani a scuola regalo tutte le doppie che ho e l'album anche. Basta!
E così ha fatto, senza una piega e un ripensamento.
L'importante è che faccia quello che vuole, nei limiti del lecito.
Mi piace che prenda decisioni, importanti come questa, senza alcuna pressione.
Papà e figlio, una faccia una razza.

lunedì 20 febbraio 2012

Su la testa!

Ci aggiriamo tutti i giorni per le strade del mondo, con il naso all'insù e con la voglia di stupirci.
Spesso questo atteggiamento ci riserva qualche imprevisto, pestando qualche cacca infingarda oppure mettendo un piede in un buco.
Ma il rischio ne vale la candela.
La curiosità, la voglia di sapere, la voglia di vedere sono più forti della possibilità di avere un piede in fallo.
Adoro cercare di sapere, amo essere curioso, desidero vedere cosa il mondo mi riserva.
Chi cammina a testa bassa, chi non alza mai gli occhi per non rischiare, chi si mette i paraocchi..., è lui quello che rischia veramente, perché dinnanzi a sé ci sarà sempre qualcuno che penserà e deciderà anche per lui.
Alzate la testa, guardate avanti, incuriositevi, chiedete, domandate, cercate di capire.
Oltre i monti, aldilà del mare.
Il mondo è nostro, facciamolo migliore.

domenica 19 febbraio 2012

Il Veltroni rampante

L'articolo 18 è un inutile obbiettivo.
E' solo un espediente politico per affossare ancora di più i diritti dei più deboli, a favore di banche e società finanziarie che così possono ulteriormente sputare sulla società reale a favore di speculazioni e arricchimenti facili.
Le aziende oggi possono licenziare come e quando vogliono.
Forse gli costa qualcosa in più, ma se hanno problemi di conto economico, crollo del fatturato o affanni di diversa natura, non è certo l'articolo 18 che gli impedisce di liberarsi di costi ormai insostenibili. E ci mancherebbe altro.
L'articolo 18 è una semplice e ineluttabile barriera contro la barbarie del licenziamento selvaggio, magari per motivi politici o sindacali, che impedisce alle aziende, e il suo management, di accanirsi contro quei lavorativi che 'non piacciono' alla direzione.
E' un fronte di civiltà, è una garanzia democratica.
Oggi attaccarlo è semplicemente, ripeto, una prova di forza di natura politica che vuole riportare la convivenza produttiva alle soglie degli anni '50, cioè all'anarchia imprenditoriale, al ricatto perenne.
Ma il motivo della mia irritazione, per quello che interessa al mondo, non sono gli attacchi di questo governo - che tecnico non è ma semplicemente di destra - ma come sempre i megafoni esterni al governo e a suoi portaacqua più attenti e diligenti.
Svetta su tutti, ma come fare a sorprendersi ormai?, il compagno Veltroni, che mette la ciliegina sopra la sua brillante carriera politica con le dichiarazioni di oggi.
Quest'uomo, politico di lungo corso - pessimo segretario della revisionista Fgci, direttore dell'Unità ricordato solo per le sue figurine Panini e le videocassette, plurimo sindaco di Roma tra i più disastrosi, deputato per migliaia di legislature senza infamia e senza lode, candidato premier trombato come mai nessuno prima, affossatore scientifico della sinistra radicale, mancato migrante in Africa ahinoi - quest'uomo, dicevo, oggi ci regala un imperdibile contributo al dibattito sulla riforma del lavoro, con una dichiarazione che si può sintetizzare così: basta con il tabù dell'articolo 18!
Io sono esterrefatto non tanto per l'affermazione, che è imbecille di per sé e quindi non merita attenzione alcuna.
Sono allibito soprattutto per la costante, insistente, continua volontà di quest'uomo di cercare un posto al sole sulla terrazza della politica.
E' totalmente tagliato fuori, non considerato più da nessuno, si è autosbugiardato migliaia di volte, è in costante affanno da visibilità perduta.
Ma dopo aver dichiarato che si sarebbe ritirato in Africa - forse ha cambiato idea perché l'Africa stessa, una volta saputo i suoi intenti, ha chiuso tutte le frontiere - e avere perso tutti i treni che la storia, magnanima, gli ha messo a disposizione cerca, come uno scarafaggio riverso sulla schiena, di recuperare visibilità e significati esistenziale.
La sinistra ha molte responsabilità nella storia.
Ed è stata punita per i suoi misfatti, ormai con gli avanzi.
Non si merita anche questo signore.

lunedì 13 febbraio 2012

Il campanile? In fondo a destra...

Nella fatica di tutti i giorni, nell'eterna sfida per sopravvivere, i figli a volte sono una fatica, un'insormontabile difficoltà, un 'debito', come urlavo l'altra sera a mia figlia dopo due ore di continue urla senza motivo.
Nei momenti di massima stanchezza; nei periodi in cui tutto gira al contrario; nella congiuntura economica di questi anni, lunghissima e sfibrante per ognuno; in questi momenti mi ritrovo a pensare che se fossi da solo potrei affrontare tutte le difficoltà con un po' più di sollievo, più leggero, senza la responsabilità di due giovani vite che dipendono dai loro genitori per tutto.
Ma poi basta un pranzo con una persona che ti racconta della maternità in fase conclusiva di sua cognata e tutto scompare e solo i momenti belli, quelli che ti avvolgono di nostalgia e malinconia, quei giorni che precedono il parto di tua moglie, ritornano chiari e trasparenti come acqua di torrente di montagna.
E allora ricordi l'attesa, la tua attesa di maschio, comprimario estemporaneo nella creazione di una nuova vita, che cresce dentro di te, giorno dopo giorno, cercando di capire quello che sta succedendo e cercando di ritagliarsi un posto nella storia.
E ascoltare i piccoli movimenti nella pancia di tua moglie, correre a comprare cose forse inutili, rispondere alle continue domande di chi vuole sapere.
Ma soprattutto quella consapevolezza di diventare padre, di avere una vita a cui badare, di sognare un futuro felice e spensierato per te e per tuo figlio non ancora nato.
Sono momenti meravigliosi che ripagano di tutto, che ti fanno guardare i tuoi figli, anche quando vorresti appenderli al campanile della piazza, con l'amore smisurato e fuori controllo che solo un genitore può garantire.
Gli anni passano, i figli crescono, e soprattutto io, invecchio.
Tutto diventa più faticoso, difficile, complicato, in un mondo che gradualmente va verso la sua autodistruzione.
Ma io continuo, nella fatica, a sbirciare i miei figli, quando non se ne accorgono, domandandomi cosa ho fatto di così bello per meritarmi tutto ciò.

Poi una comincia a urlare e l'altro a piagnucolare e quindi parte la ricerca del campanile più vicino...

venerdì 10 febbraio 2012

Solo i cretini cambiano idea

I miei genitori erano della provincia di Cremona. Mio padre della parte cremasca, quindi vicina sia nella lingua che nel carattere al mondo bergamasco. Mia madre invece della parte cremonese, più vicina all'area emiliana, con un dialetto che era vera e propria musica e caratteri e disponibilità molto più solari.
Come sempre in Italia basta spostarsi di qualche chilometro e lo scenario cambia radicalmente.
Tutto questo per dire che il mio sangue ha un'origine ben localizzata, quella dell'area meridionale della Lombardia.
Una delle caratteristiche culinarie della zona è la mostarda.
Per chi non la conosce, è quel condimento, quell'accompagnamento a base di frutta o verdura trattata in modo (non ne ho idea come...) che sia piccante e particolarmente saporita. Si usa molto spesso unita alle carni (in particolare i bolliti) oppure ai formaggi.
Da piccolo mi bastava sentirne l'odore e, giuro!, avevo conati di vomito.
Lo stesso vale per il cotechino o zampone, tipici piatti della bassa, che un tempo rifiutavo senza neanche assaggiare.
Perché vi dico questo?
Perché con il tempo, con gli anni che avanzano non solo vengono i dolori reumatici, i capelli bianchi e si tende a scattare sempre di meno; non solo giocare a tennis diventa un po' più difficoltoso, oppure le ore di sonno si riducono. Ma si cambiano anche gusti alimentari.
Oggi adoro la mostrada in ogni scenario di cucina, e se mi mettete davanti uno zampone lo divoro alla velocità della luce.
Si cambia, con il tempo. Si cambiano abitudini, ci si adatta al tempo che passa, si fanno scelte differenti.
Ok.
Ma ci sono alcune pensieri, capisaldi - se la parola coerenza fa parte della vostra filosofia di vita, se siete seri, e se non avete ingannato il mondo e voi stessi per anni - sulle quali non ci sono cedimenti, sulle quali è impossibile cambiare opinione, pena la qualifica di inaffidabili e soprattutto di voltagabbana.
Io su questo sono intransigente, coerente e graniticamente irremovibile.
C'era un ciccione maledetto che dopo aver militato per anni nel Pci si è fatto fulminare sulla via per Damasco dal nano maledetto. E con questa nefandezza, visto che si vergognava come un ladro, ha cercato di convivere ripetendo in giro che 'solo i cretini non cambiano mai idea'.
Senza parlare di tutta la truppa di voltagabbana che sono saliti sul carro doro di questi anni senza neanche fare arrossire un po'.

Io continuo coerente, anche nella vita di tutti i giorni, con i miei piccoli cedimenti, con i miei compromessi e con le mie debolezze, a credere in quello in cui ho creduto.
Solo i cretini cambiano idea e, forse, i cocci sono loro.

sabato 4 febbraio 2012

Il mondo sotto il ghiaccio (finanziario)

Questa influenza è veramente tosta.
Oggi è il primo giorno da una settimana che riesco a connettere, sembra, e quindi a riuscire a capire come è cambiato il mondo in questi ultimi giorni.
Un mondo ormai impazzito che sembra rincorrere l'ombra di se tesso, un mondo che si impegna ogni giorno di più nella battaglia - vincente - di essere sempre più brutto.
Tutto è una polveriera, tutto è ormai insicuro, tutto è precario.
Questo è quello che vuole il pensiero unico oggi al potere.
A destra e a sinistra.
In onore di una fantomatica flessibilità, di una inutile efficienza e di un unico obbiettivo: profitto.
Avete sentito Monti ieri nell'intervista a Repubblica Tv?
Puntuale, secco, chiaro fino alla trasparenza. Senza un cedimento.
Momento cruciale, questo, nella storia del nostro paese. E' necessario avere rigore, stringere cinghie e possibilmente chiappe, fare i conti, tagliare. Ok, e chi dice di no?
Fermarsi allo slogan tanto suggestivo 'non pagheremo noi la vostra crisi' non risolve nulla.
Ma non possiamo accettare che a domande sul sistema bancario, sui loro evidenti privilegi, sulle loro responsabilità, si risponda che è stato loro limitata la possibilità di essere parte di consigli di amministrazione di altri organismi. Sono ancora lì che tremano!
Le banche si sono ingrassate, incassano miliardi di euro a sostegno dalla Bce, usano i soldi per lo sviluppo per fare solo speculazioni finanziarie globali. Proprio quelle che ci hanno messi in ginocchio.
Alla fine i governi sono politici, anche quelli tecnici. E questo lo sapevamo.
Ma ormai siamo con il mondo finanziario al potere, con le società di rating che compilano i documenti di programmazione economica dei singoli stati, i presidenti del consiglio sono solo lunghe mani di cupole sempre meno occulte che gestiscono mercati, consumi, orientamenti; spostano costumi, obbligano, chiudono e aprono a piacimento.
Se la sinistra europea non si sveglia, ci alzeremo tutti un mattino per fare la fila alla chiesa dei frati sotto casa per un tozzo di pane
Lo scopo della vita non può essere solo fare i conti, creare profitto, consumare, per poi fare profitto, fare i conti...
Ai miei figli devo dare una speranza diversa, un po' più ambiziosa ed elegante. Glielo devo.
Dio che tristezza!

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...