venerdì 24 giugno 2011

Avventura senza paura

Sono al bar a mangiare un panino. Pausa pranzo. Ennesimo rito sfascia budella che si ripete quotidianamente, alla ricerca continua dell'ulcera.
Occhi persi, sapore anonimo, acqua ghiacciata, solitudine completa, nel caos che mi circonda. Cellualre che naviga per ingannare questi minuti.
- Posso? mi sento chiedere alle spalle, da una voce roca, strascicata, seduttiva. Mi viene in mente la Cardinale o la Golino...
Mi giro di scatto tra la curiosità di sapere chi 'osa tanto', e la voglia irritata di rispondere un no secco.
E mi ritrovo davanti una donna alta, fascinosa, un po' anni '70 nell'abbigliamento, con un mazzo di giornali in una mano e un panino nell'altra.
- Scusi, ma è tutto occupato, mi posso sedere? mi chiede con un sorriso Durbans e un accento non proprio italiano, indicando la sedia vuota di fronte a me.
- No prego, si accomodi, rispondo un po' a denti stretti e a occhi spalancati.
Fascino puro, una donna tra i quaranta e i cinquanta, con Repubblica, Financial Times e Espresso in mano, panino mozzarella e pomodoro (almeno sembra), bottiglietta d'acqua naturale e occhiali da sole che le fermano in modo tattico la leonina acconciatura di colore corvino leggermente striato di un grigio discreto. Occhi blu, profondo oceano, mani lunghe, piedi lunghi, gambe lunghe.
Si siede e io, immaginando di ritornare ai miei pensieri, abbasso gli occhi sul mio panino di cartone cercando di trasmettere discrezione e riservatezza.
Ognuno pensa a sé per qualche minuto.
Poi, tutto a un tratto, mi chiede:
- Posso darti del tu? Siamo più o meno, come si dice, co.., coe, insomma della stessa età. Giusto?
- Coetanei, si dice coetanei. E ti ringrazio per la fiducia, perché credo di avere qualche anno in più, le rispondo.
Ci fissiamo. Lei sembra soppesare la mia affermazione, leggendomi l'età tra le rughe intorno agli occhi, tra i crescenti capelli grigi.
- Io ho 42 anni, sono olandese, e vivo in Italia da più di dieci anni. Vivo a Firenze ma sono qui a Milano per lavoro.
- Che meraviglia, Firenze..., rispondo con una punta di invidia. - Di cosa ti occupi?
- Cultura, lavoro con il mio paese d'origine per organizzare corsi, viaggi, visite in Italia e nelle città d'arte. Un lavoro bellissimo, che mi permette di tornare a casa spesso e di vivere l'Italia migliore.
Le guardo le mani. Lunghe e affusolate, gesticolano dolcemente, sono sicure.
Io le racconto rapidamente di me, del mio lavoro, della mia vita, dei miei figli.
Chiacchieriamo fitti fitti, per una mezz'ora, di tutto, del mondo, della vita.
Finiamo i panini. Finiamo l'acqua. Finiamo i caffè.
A un certo punto mi guarda negli occhi.
E mi sussurra:
- Ma dov'eri fino a oggi?
Gulp, credo di arrossire, mando giù, accenno un sorriso ebete.
Lei si alza, si avvicina e mi bacia sulla guancia mormorandomi un "peccato".
E se ne va, salutandomi con la manina.
E non avevo neanche la maglietta con la scritta "Bagnino", giuro...

1 commento:

  1. Voglio il nome e l'indirizzo del bar!!!!!
    INVIDIAAAAAAAA!
    certo che queste cose quando capitano lasciano un senso di godimento per l'ego e della sana frustrazione per la fuggevolezza del momento.
    Che bello però!
    concludo con una frase tipica della mia fu nonnina... OGNI STAGIONE HA I SUOI FRUTTI.

    RispondiElimina

Il vento, il cappello, l'uomo

Dove: una grande piazza centrale della città. Quando: una mattina invernale, all'alba, con sole appena nato, cielo terso e vento gelido,...