Sto lanciando un'iniziativa benefica. Una raccolta di fondi. Una colletta, come si diceva un tempo.
Sto dandomi da fare perché il problema è spesso, perché il mondo non può continuare così, perché si rischia davvero tanto tanto.
Sto raccogliendo soldi per far studiare, di più e meglio, quei traduttori che in occasioni ufficiali o meno vengono chiamati quando si ha a che fare con lingue straniere lontane anni luce da noi.
È facile ormai sapere l'inglese, il francese, lo spagnolo e persino il tedesco. È semplice aggirarsi tra i meandri di lingue slave e di sapore ortodosso. È ancora più immediato dilettarsi in discussioni e traduzioni in olandese e in tutte le lingue scandinave, anche quelle di origini uraliche.
Ma oggi la sfida vera sono le lingue dei paesi emergenti: arabo, cinese, indiano.
E infatti il dramma è dietro la porta.
Prima il poveraccio marocchino arrestato a Brembate che, grazie a una traduzione errata, è diventate il mostro dei mostri, l'oggetto degli strali da pate di tutto il mondo cosiddetto civile.
Ora questa 'bufala' incredibile, relativa alla presunta apertura ambientale da parte della Cina, da sempre ostile a qualsiasi coinvolgimento di natura ecologica.
Tra un po', con questo livello di preparazione, Obama parla con Putin, e invece di 'Facciamo la pace, amico mio' qualche pirla traduttore rilancia un secco 'Ti dichiaro guerra, faccia di aringa che non sei altro'.
Oppure qualche cinese che parla con qualche arabo che fa i complimenti di prammatica per le 200 mogli dell'emiro, viene male compreso e gli viene tagliata la gola all'istante.
Insomma il problema incalza e il mondo è appeso a un filo.
In particolare qui da noi. Abbiamo un presidente del consiglio che ogni giorno è costretto a smentire, ridichiarare, rilanciare le proprie dichiarazioni perché mal 'tradotte'. Ogni giorno deve riallineare la percezione con la realtà.
Appena raccolti i soldi, dove li mando? A Roma o a Pechino?
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