lunedì 19 luglio 2010

Un papà stupido

Oggi Pilù inizia il Campus sportivo.
Quindici giorni filati (escluso il week end) in cui viene calato tra tennis, nuoto, baseball, pallavolo, calcio, palestra e non so che cos'altro.
In uno dei luoghi sportivi per eccellenza di Milano, che hanno visto le mie fastamagoriche gesta di insegnante di tennis quando ero giovane, bello, bravo e cuccavo in continuazione. Il tutto, per gradire, guadagnando anche dei bei soldi.
Stagione d'oro.
Ma bando alle ciance, parliamo di Pilù.
Siamo arrivati con perfetta puntualità.
Grande raduno nella palestra, con i gruppi già divisi per età.
L'anno scorso i gruppi avevano come nomi gli animali (lui, il più piccolo di tutti, era nelle Formiche...).
Quest'anno si cambia! I gruppi sono alberi.
E lui, non nei piccolissimi, è nei Pioppi! Forse i più piccoli sono i Bonsai...
Le solite magliette sponsorizzate, i soliti cappellini, le solite allenatrici carine di circa vet'anni e poco più.
La differenza dall'anno scorso è che Pilù non ha alcun amico con cui condividere l'esperienza. E soprattutto i primi attimi di preoccupazione e tensione.
E infatti stamattina, lui restio al caos e alle 'caciarate da caserma', era in disparte, minuto, ossuto, con il suo zaino in mano. Si guardava in giro sperduto.
Mi è venuta una malinconia vederlo così.
Allora ho fatto quello che faccio di mestiere: pubbliche relazioni.
E al posto di mettere in contatto clienti e giornalisti o pubblici di riferimento di diversa natura, mi sono messo in mezzo ai ragazzini per fare in modo che lui cominciasse a socializzare un po'.
- Questo è Andrea, tu come ti chiami? chiosavo anacronistico in mezzo a una casino allucinante.
Allora poi si è aggiunto un altro papà, e poi una mamma, e poi...
Ma io, mio figlio!, lo conosco bene, perché guardandolo vedo me stesso.
Un po' timido, un po' in disparte, sempre in soggezione, e non amante del caos puro.
Un diesel. Come me, viene fuori alla distanza, non è uno da partenza a freddo.
Ma dopo un po' di questo lavorio, mi vedo costretto ad andarmene.
Lo saluto. Lui mi guarda sperduto interrogandomi con gli occhi.
Lo abbraccio, forte e gli dico - Vai e spacca tutto!!, e lui mi sorride di lato, non troppo convinto.
Mi giro e me ne vado.
Attraverso la palestra, in tutta la sua lunghezza, arrivo in fondo e faccio l'errore di voltarmi, per rivederlo.
Io so che si divertirà come un pazzo. Che stasera ci racconterà tutto con entusiasmo, che farà un sacco di cose belle.
Ma vederlo così, piccolo, indifeso, solo di fronte al mondo.
Sono un papà un po' stupido, lo so...

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