lunedì 5 ottobre 2009

Paternità e adeguatezza

Temi cosmici, così di lunedì mattina, forse conseguenti a un mal di testa che mi lascia tramortito, da ore.
Dopo un week end faticoso, in cui BiBì causa non si sa che cosa, ha superato se stessa urlando in continuazione, sbraitando, scalciando e chessò che altro; mentre Pilù ha piagnucolato, piangiucchiato e si è lamentato tutto il tempo; finalmente un attimo di tregua.
Ormai come mi capita sempre più spesso, gli unici momenti in cui riesco a pensare sono quelli che rubo al sonno oppure nei tragitti in moto.
Stamattina, dopo aver depositato Pilù a scuola, il pensiero fisso che mi ha abbrancato è la mia presunta o tale adeguatezza nell'educazione/crescita dei figli.
Tema cosmico, per l'appunto, che viene in seconda posizione dietro al sesso degli angeli e immediatamente davanti al chi siamo e da dove veniamo e dove andiamo.
I bambini appunto hanno reso un week end in montagna uno sfinimento - tra l'altro con un tempo straordinario - e mi sono chiesto se c'è qualcosa nel metodo educativo che non funziona.
Bisogna essere più cattivi? Più buoni? Più duri? Più sensibili? Più bastardi?
Bisogna ascoltare di più, oppure essere meno disponibili? Oppure, più semplicemente, bisogna stare di più con loro invece di andare in giro tutti giorni con la 'scusa' del lavoro?
Sono tutti quesiti, tra il serio e il faceto, senza naturalmente alcuna risposta, soprattutto l'ultima.
Però credo che il 'malessere' dei figli, la loro cronica irrequietudine, il nervosimo dilagante sia da una parte normale (i capricci non li ha certo inventati BiBì), ma dall'altra obbligatoriamente, almeno per un padre militante, essere oggetto di continue interrogazioni sulla qualità della mia presenza e sul ruolo, sicuramente indegno, che sto ricoprendo.
Io non so quello che sto facendo. Non ne ho idea. Vado avanti a tentoni, ogni giorno, tra l'altro a fasi alterne, dimenandomi tra disponibilità e talvolta rudezza, tra affabilità e comprensione e invece chiusure e ostilità.
E le linee guida quali sono? E rispetto a tutto e a tutti bisogna avere un'idea precisa e determinata? Ma come si fa a essere punto di riferimento ogni secondo per un'altra persona?
E' difficile, maledettamente. Ma fino a un po' di tempo fa tutto questo era demandato alla mamma casalinga, chioccia e tutto facente, mentre il papà rientrava la sera con un cervo sulle spalle, garantendo cibo e sussistenza. Non doveva preoccuparsi di nient'altro, più o meno.
E per molti ancora è così.
Ma io, papà conspevole del ruolo, di sinistra e democratico, presente, abituato a usare il cervello in ogni situazione (bene o male non so), con aspettative nei confronti dei propri figli alte, anzi altissime, devo darmi da fare.
Lo sto facendo bene?

3 commenti:

  1. Lo stai facendo " troppo ".
    La maggior parte di noi è cresciuta nelle strade, nei campetti, fuori a giocare con gli amici fino a sera,finchè non ci chiamavano in casa, fino all'epoca medie.La mia educazione ha tratto nutrimento solo ed esclusivamente dall'osservare mio padre e mia madre " muoversi nella vita" ,non c'era tempo di condividere nulla,tantomeno giochi educativi,eppure le fondamenta ci sono e salde.
    Non farti troppe domande, non hai responsabilità TOTALE su come saranno da grandi i tuoi cuccioli,è una ricetta in cui,la fortuna spesso,fa parte degli ingredienti, e lo chef destino ne decide le dosi.
    Poi scusa, magari è solo perchè ai tuoi figli non piace la montagna, ma il mare che hanno pigolato tutta domenica! saranno diversi da te in qualcosa no? :)Ciao Nic.

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  2. Carissima, hai ragione, troppe menate. Ma è un saliscendi, l'umore intendo, e un giorno è alle stelle e un altro è nelle stalle. E hai ragionissima anche sulla fortuna. Grazie e ciao. p

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  3. Prendere ragione sai che fa benissimo all'umore?? ))) Ciaociao

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