sabato 2 maggio 2009

2 maggio 2001

Alle 4,44 suona, o per meglio dire, urla il telefono.
Avete mai provato a riceve una telefonata nel cuore della notte? In genere ci mettete un po’ a rispondere, vi sembra di sognare, sembra un suono che non vi appartiene.
Bene, quella notte, ormai quasi mattino è stato un micidiale tuono nel nulla che mi ha fatto rispondere dopo un solo squillo, velocissimo, mentre guardavo la sveglia per capire che ora fosse.
- Paolo, corri la mamma sta morendo, o forse è già morta! Ma Dio....
Testuali parole, le ricordo e le ricorderò per tutta la vita. Potrei recitare l’intonazione, sintetizzare il volume all’ultimo decibel, fotografare con esattezza la lunghezza e il tempo.
Mi alzo, calmissimo, quasi lento nei miei gesti. Mi vesto, dò un bacio alla mia compagna, esco, prendo l’auto e dopo dieci minuti posteggio sotto casa di mio padre.
Respiro lungo, ascensore, primo piano, secondo, terzo, la porta si apre e ancora sul pianerottolo, prima di entrare in casa, penso che non può essere, che anche questa volta ce la farà, che sarà l’ennesimo falso allarme e che potremmo tra pochi minuti prenderci tutti insieme il suo amatissimo caffé. Le ho, come sempre, portato un libro recentemente e mi riprometto, nonostante le sue difficoltà, di chiederle se l'aveva finito (era L’età dell’innocenza della Wharton, meraviglioso viaggio nell‘America di inizio novecento).
La porta è socchiusa, apro, e mia madre è là, sulla poltrona, con una mano sul petto e una abbandonata, con gli occhi socchiusi. Se ne è andata.
Cerco gli occhi di mio padre che è in una sorta di trance. Continua a camminare su è giù per la casa.
- Era un’ora che era sveglia, faceva fatica a respirare e allora ci siamo spostati in salotto. A un certo punto ha urlato il mio nome, ha girato la testa e...
Questo l’essenziale racconto di mio padre, che continua a ripetermelo, in modo ossessivo, fino al momento in cui esasperato gli urlo di smettere, di farla finita, di non torturarmi.
Arriva mio fratello. Ha un sussulto appena la vede, un vero e proprio salto. Chissà se se lo ricorda.
E poi avvengono cose che è inutile descrivere, decisioni necessarie da prendere. Cose che per fortuna ti aiutano a reggere il momento, a tenere impegnata la mente.
Prima di partire per la montagna dove lei voleva essere seppellita, per prendere gli accordi, passo da casa. Appena apro la porta scoppio in singhiozzi, adolescenziali formidabili singhiozzi, tra le braccia di S. Finalmente, almeno per qualche minuto, mi lascio andare, mi libero di tutto, delle tensioni di questi mesi, dell’aver appena visto il corpo senza vita di mia madre, della fatica, dell’incapacità di fare qualcosa, dei sensi di colpa. Qualche minuto, nulla più.
E poi, subito, immediatamente (non è vero che arrivi dopo un po’, dopo giorni) un senso di tristezza, di solitudine, di vuoto, con la certezza che non si colmerà mai più.
Mia madre era bellissima.
Oggi lo so.

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